Diretto da Brian De Palma, Carrie rappresenta uno degli horror più interessanti ed esplicativi riguardo alle tematiche sessuali e alla rappresentazione di genere. Il film è uscito nelle sale nel 1976 e da subito ha suscitato l’interesse di generazioni di giovani. Nel giro di poco tempo la pellicola si è diffusa guadagnandosi lo status di cult. Il film è tratto dal romanzo di debutto di Stephen King.
La pellicola si presta fin da subito a rappresentare emblematicamente, attraverso dei simboli, delle tematiche importanti. La giovane protagonista, Carrie, è una ragazza con delle difficoltà nella socializzazione. Questa difficoltà si presenta soprattutto nei confronti del genere femminile. Sua madre incarna, nella sua ossessione religiosa, il puritanesimo misto di pregiudizi e perbenismo che dilagava e dilaga negli Stati Uniti.
L’America conservatrice si presta a essere quasi una coprotagonista del film, palesandosi attraverso delle situazioni o attraverso le azioni dei personaggi. La sessuofobia viene ribadita molto spesso dal personaggio della madre. Anche le compagne di scuola di Carrie mostrano tuttavia una forte carica repressiva e insensibile nei confronti dell’argomento.
Il dissidio alla base della spirale di tensione cui assisteremo prende piede da un preciso evento. Durante la doccia negli spogliatoi Carrie assiste inerme al suo menarca. Il sangue scorre tra le gambe tremolanti di una Carrie allibita. Subito dopo le altre ragazze cominceranno a deriderla suggerendole di “tappare” la sua vagina, portandola alle lacrime e causando l’intervento dell’insegnante.
Il sangue è un elemento fondante del film. Esso scorre appunto nella scena appena citata, ossia ad apertura della pellicola. Ma come vedremo, tornerà in maniera preponderante.
Come se non bastasse, una volta tornata a casa, Carrie è costretta a sorbirsi la lettura della Bibbia da parte di sua madre. Il passo letto è proprio quello in cui si parla del menarca. Esso viene presentato come la punizione divina inflitta alla donna da parte di Dio. Ovviamente per aver indotto l’intera umanità nel peccato. Questa posizione è un punto di partenza per approfondire il rapporto che la mascolinità patriarcale ha mostrato nei confronti del femmineo.
Il patriarcato non è una teoria. Esso è una precisa modalità di guardare e concepire la realtà. Si compone di rituali e azioni, di pretese che ripetendosi diventano un calibratore di rapporti sociali. In esso rientrano diversi discorsi: quello religioso, oppure il binarismo eteronormativo, le istituzioni e la retorica insieme certamente al linguaggio. Non è un caso che in questo film gli organi di repressione siano proprio: la famiglia, le istituzioni e la religione.
Questi elementi muovendosi insieme, nella ripetizione fondamentale di loro stessi, continuano a perpetrare una rappresentazione sociale nella quale i maschi si devono ritrovare. Pena l’esclusione sociale o il sentimento di diversità. La minaccia più grande, però, è rappresentata dalla messa in discussione del proprio potere autoritario nei confronti della donna e della sua sessualità. Questa dinamica non ha mancato di toccare anche le donne. La madre di Carrie ne è un esempio.
Nella scena successiva alla lettura del passo biblico assistiamo a due scene fondamentali. La madre repressiva della protagonista, in nome della sua crociata morale contro ogni peccato, associa il sangue scorso tra le gambe di sua figlia con i pensieri che le passano per la testa. Ecco allora che decide di chiudere sua figlia in uno stanzino; per pregare e pentirsi. Nulla di più simbolico, lo stanzino rappresenta e ricorda la teoria del closet sviluppata da Eve Kosofsky Sedgwick. La sessualità pericolosa per l’equilibrio morale della società puritana deve essere nascosta, divenire un tabù e un motivo di vergogna verso sé stessi.
La seconda scena in questione vede Carrie di fronte a uno specchio, con alle sue spalle una icona di Cristo che fa capolino. Scena magistralmente composta in cui Carrie rappresenta il genere femminile osservato dall’emblema (maschile) dell’istituzione ecclesiastica. Poco dopo la camera sempre in movimento di De Palma si fermerà a contemplare, prendendo per posizione lo sguardo di Carrie, un crocifisso. Questa ultima scena strizza l’occhio al cinema di Bergman.
L’isolamento sociale e la censura al proprio corpo che Carrie attua ogni giorno continua sotto i martellanti sermoni di sua madre e sotto il perfido accanimento dei suoi compagni e compagne di liceo.
De Palma continua, in maniera provocatoria, a giocare con i cliché della cultura americana. Ecco allora che il ballo di fine anno diventa l’evento che, capiamo subito, ci porterà nella parte finale e topica della pellicola.
Come ogni ragazza anche Carrie, in fondo, sogna di essere invitata al ballo e di apparire come la più bella. Un altro mito sociale che relega l’apparenza, specie femminile, al giudizio dell’altro e all’incontro col mondo esterno. Carrie viene invitata al ballo da Tommy, senza sapere che alle sue spalle si sta tramando il peggiore degli scherzi, o meglio, la peggiore delle umiliazioni. Chris, una delle ragazze più popolari della scuola, è stata infatti esclusa dal ballo per l’episodio delle docce. Questo scherzo sarà la sua vendetta verso Carrie.
Un altra situazione che però viene sviluppata durante il film è quella riguardante i poteri di Carrie.
La giovane infatti scopre, dopo l’evento derisorio nelle docce, di avere poteri telecinetici. Con la forza del pensiero Carrie può agire sugli oggetti o le persone circostanti. Userà questo potere per mettere spalle al muro sua madre, non accettando questa l’invito di sua figlia al ballo.
A questo punto della pellicola Carrie diventa conscia delle proprie capacità. Essa prende il controllo sul suo corpo, comincia a curarsi maggiormente e simbolicamente rompe con i suoi poteri lo specchio del quale si sentiva prigioniera. Anche l’immagine di Cristo è scomparsa. La ribellione alla madre completa l’opera della nuova identità conscia di sé che Carrie scopre.
Il disastro però è alle porte. Durante la sera del ballo, poco prima di essere incoronata regina della serata, lo scherzo tramato alle sue spalle prende forma. Addosso a Carrie e a Tommy viene fatto cadere un secchio pieno di sangue (preso da un maiale), suscitando l’ilarità e la derisione di tutta la scuola.
A questo punto il simbolismo del film si scatena. Carrie non pone freni ai suoi poteri e incendia la scuola, mietendo vittime. La vendetta è adesso simbolica e la protagonista si erge a emblema del genere femminile, vessato da anni di sovrastrutture mentali e sociali che hanno minacciato la propria possibilità di rappresentazione nel mondo. Il sangue torna anche nel finale, in una forma iperbolica.
Il film tratta sicuramente il tema dell’adolescenza e il passaggio al mondo adulto. Questa fu la lettura subito contemporanea. Tuttavia, il carattere eversivo della pellicola ha continuato per anni a essere letta nei suoi simboli.
L’uso del sangue e il menarca a inizio pellicola sono esplicativi; entrambi sono uno l’episodio e l’altro l’elemento fluido con il quale le ragazze entrano in contatto con la propria sessualità. Questo evento avviene nel film davanti a occhi esterni, quindi davanti alla società. Sappiamo benissimo come il sistema patriarcale in cui viviamo abbia da sempre reso un tabù la questione legata alle mestruazioni.
Il sangue e il sesso creano dunque un connubio che è alla base del cinema horror sviluppatosi dagli anni Settanta in poi. Carrie si presenta come l’emblema di tale fenomeno. Il sangue che torna nel finale ricopre ogni cosa, abbatte ogni tentativo di evitarlo. Carrie sembra diventare una strega che torna dagli inferi per vendicarsi di un mondo che, pur non avendola letteralmente messa al rogo, ne ha condizionato la quotidianità all’insegna dell’umiliazione. La situazione è invertita: è lei, la donna, a mettere a rogo il mondo. Da ultimo, anche quando Carrie stava imparando ad avere fiducia nelle persone si è trovata davanti alla serata peggiore della sua vita a causa loro.
Carrie rappresenta un urlo queer tanto forte quanto in proporzione lo è l’odio che le nuove generazioni provavano e provano anche oggi verso i conformismi sociali e morali che non hanno dato la possibilità a ognuno e ognuna di diventare ciò che è. Una perla nel cinema Horror che non smette anche oggi di comunicare col presente e rimanere provocatorio.