David Cronenberg – Indagatore della Mente, profeta della Nuova Carne

Antonio Lamorte

Settembre 23, 2020

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Quando la mente erra per sentieri oscuri e inesplorati, anche il corpo ne risente. I tratti somatici del viso si irrigidiscono e la tensione ha effetto sulla nostra postura, manipolando perfino i nostri movimenti. Quando la mente soffre, la carne muta, esprimendo tutto il tormento che annebbia i nostri pensieri. Ma anche quando è il nostro corpo a soffrire, tutte le nostre angosce si riversano nella nostra mente, annichilendo ogni positività, lottando anche per il più piccolo barlume di sospirata serenità. La mente e il corpo, lo spirito e la carne sono collegati da un doppio filo indistruttibile. E questo David Cronenberg lo sa bene.

La sua poetica si basa proprio su questo. Ce l’ha raccontato da sempre con i suoi incubi febbrili, con quei sogni oscuri plasmati dalle nostre pulsioni, con quella terribile immaginazione formata dalla stessa sostanza del reale.

David Cronenberg: l’indagatore della mente

Quando parliamo di mente, e in particolare di psiche, non possiamo non far ricorso all’etimologia greca del termine: ψυχή, letteralmente “soffio” o “respiro”. In altre parole, anima. Secondo la cultura classica, infatti, il pensiero, massima espressione del potenziale razionale dell’uomo, è un figlio diretto del nostro spirito.

Parlando della poetica di David Cronenberg, o più precisamente, parlando del ruolo della mente nel suo cinema, non si può far passare in secondo piano questa informazione. I personaggi del maestro di Toronto, per quanto uomini razionali, spesso addirittura uomini di scienza, non possono non piegarsi di fronte alle imposizioni delle loro incontenibili pulsioni. Si pensi anche ai protagonisti dei suoi film più “anomali”, come René Gallimard (Jeremy Irons) di M. Butterfly (1993) o addirittura Carl Jung (Michael Fassbender) di A Dangerous Method (2011).

Ma la vera mutazione, della mente prima e del corpo poi, avviene soprattutto in quelle persone che sono così saldamente ancorate alle loro convinzioni. Emblematico è il caso di Max Renn (James Woods), protagonista di Videodrome (1983). Max è il subdolo proprietario di una tv specializzata in pornografia e altri contenuti espliciti. In pratica, egli sfrutta le pulsioni primordiali delle persone per arricchirsi. È un uomo molto concreto, con una visione del mondo tanto precisa, quanto limitata.

Max Renn (James Woods)

Secondo Cronenberg, i soggetti come lui sono quelli più a rischio.

Max infatti non ci mette molto a entrare in contatto con Videodrome, un luogo spirituale e fisico allo stesso tempo, un’entità indefinita e inspiegabile che però ha effetti anche sulla realtà. Max entra in un vertiginoso vortice di paure e paranoie, alimentate da allucinazioni vivide e terrificanti. La mente di Max comincia a vacillare pian piano, passando di nuovo in rassegna tutti quei concetti, perfino i più basilari, che aveva sempre dato per scontati.

E, come abbiamo già chiarito all’inizio, quando la mente, e dunque lo spirito, vacilla percorrendo lande ignote, anche il corpo muta. La carne, la vecchia carne, muore per sempre, lasciando il suo posto a una nuova, più terribile e potente. E così accade a Max, che si abbandona completamente a questa nuova religione misteriosa, quella della nuova carne, di cui David Cronenberg è profeta.

David Cronenberg: il profeta della nuova carne

Ma, talvolta, capita che si segua un percorso diametralmente opposto rispetto a quello di Max. È il caso del talentuoso scienziato Seth Brundle (Jeff Goldblum), protagonista de La mosca (1986). Lui è un brav’uomo, brillante, mosso da quell’insaziabile sete di conoscenza che ha contribuito, nella storia, a rendere grande il genere umano. Insomma, è un personaggio del tutto positivo.

Tuttavia, durante uno dei suoi esperimenti sul teletrasporto, Seth commette un errore che, per quanto piccolo, avrà degli effetti terrificanti. Il suo DNA si unisce a quello di una mosca e, come il Gregor Samsa di kafkiana memoria, comincia la sua mutazione fisica. In un primo momento, Seth osserva meravigliato tutti i prodigi che il suo nuovo corpo, la sua nuova carne, è in grado di fare. I suoi muscoli si sono rinforzati, tutti i suoi sensi si sono ampliati, migliorando anche i suoi riflessi e i suoi movimenti. Ma in poco tempo, Seth si renderà conto che non sono solamente positivi gli effetti della sua mutazione. La sua pelle comincia lentamente a marcire, rendendolo simile a un mostro che soffre in un’agonia senza fine.

Seth Brundle (Jeff Goldblum)

In tutto questo, entra in gioco la mente. Il suo pensiero, probabilmente accecato dal dolore, si tinge di una materia oscura indecifrabile. La gelosia e l’arroganza prendono il posto di quell’ingenua bontà e timidezza che una volta caratterizzavano Brundle. Gli effetti della pelle marcia e putrescente si riversano anche all’interno, nell’anima del giovane uomo. Il suo Sé è stato nullificato da un mostro che di lui non ha più nulla.

La sintesi di un dualismo inconciliabile

Il cinema di David Cronenberg ha sempre avuto al centro un concetto: l’evoluzione. Sarebbe stato molto strano se non si fosse evoluto anche il suo modo di concepire e creare un film. Ma così ovviamente non è stato.

Cronenberg si accinge a varcare le soglie di un nuovo stato, per ora l’ultimo della sua carriera, dalla metà degli anni ’90, con un film che definire seminale sarebbe anche riduttivo: Crash (1996). Quest’opera, adattamento dell’omonimo romanzo di James Ballard, rappresenta la sintesi perfetta di quel dualismo, apparentemente inconciliabile, tra mente e corpo.

James e Catherine (rispettivamente James Spader e Deborah Unger) sono una coppia giunta a un punto di non ritorno. La tensione sessuale, così forte e irresistibile un tempo, è ora scemata, e nonostante i loro tentativi, non riescono a venirne a capo. Per una serie di circostanze fortuite, i due si imbattono in Vaughn (Elias Koteas), un feticista con l’ossessione maniacale per gli incidenti stradali. Questo incontro farà sì che le cose cambino profondamente per la coppia, sia fuori che dentro.

James e Catherine ( James Spader e Deborah Unger)

Il tema, attorno al quale il film di David Cronenberg ruota, è l’incomprensibile fascino della carne martoriata di cui la nostra mente è schiava. Come può il dettaglio di una mutilazione esaltarci così tanto? Come può la ragione di una persona piegarsi dinanzi a tutto ciò?

Crash è molto probabilmente l’ultima rivelazione impiegata dal genio canadese per spiegare la sua tesi. Il discorso non riguarda più dei personaggi fittizi. Anche noi, che lo vogliamo o no, siamo in pista. E questo gioco della mutazione ci riguarda direttamente.

Da qui in poi, Cronenberg non farà altro che continuare a confermare tutto ciò, con film come lo piscologico Spider (2002) o il noir A History of Violence (2005). Tutti film che avvalorano un discorso cominciato con Crash, e che a sua volta deve tutto ai film precedenti. Tutto è collegato da un unico, affascinante discorso. Un percorso concettuale che terminerà nella limousine di Cosmopolis (2012), una lussuosa bara bianca che si chiuderà, forse per sempre o forse no, su questa orribile e bellissima contraddizione chiamata umanità.

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