Ammore e malavita – La rinascita del musical e il riscatto di Napoli

Alessandra Cinà

Novembre 2, 2021

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Ammore e malavita dei Manetti Bros.

«Vedi Napoli e poi muori», con questa frase si sintetizza il termine “napolitudine”, ovvero quella strana nostalgia che assale i turisti e i napoletani stessi quando devono lasciare la città. Quindi, dopo aver visto Napoli si muore sì, ma dalla troppa bellezza e meraviglia che rendono difficile dire addio a Napoli.

Napoli è una delle città italiane più famose al mondo, e non solo per i suoi paesaggi pittoreschi o per la sua allegra vivacità, ma per il suo saper essere dolce e amara allo stesso tempo, sempre sospesa tra “ammore e malavita”, e per questo musa ideale di registi che cercano di evidenziarne il fascino misterioso.

Negli ultimi anni, al cinema, abbiamo visto solo una faccia di Napoli: abbiamo visto la Napoli ferita dalla criminalità organizzata, la Napoli delle realtà difficili e dell’innocenza negata. A volte però è necessario cambiare prospettiva e mostrare anche l’altra faccia della medaglia.

Nel 2017, infatti, i fratelli Antonio e Marco Manetti (detti anche Manetti Bros.) dirigono il musical Ammore e Malavita, aggiudicandosi ben quattro David di Donatello.

La trama è incentrata sulla storia d’amore tra Ciro (Giampaolo Morelli), sicario di un boss, e un’ingenua quanto arguta infermiera (Serena Rossi), e perciò riprende tematiche quali criminalità e violenza. Nonostante questo, il film è originale quanto stravagante, tanto che lo si potrebbe definire una ventata d’aria fresca e di buonumore.

Pronti ad immergervi nella Napoli della malavita  e dell'amore con questo ingegnoso quanto travolgente musical?
Il cast e i registi di “Ammore e malavita” alla Biennale di Venezia del 2017

Il padre di Ciro viene assassinato, e a promettergli vendetta è il boss Vincenzo Strozzalone che lo ingaggia come bodyguard e sicario addestrato.

Ciro è solo un ragazzo accecato da rabbia e rancore che senza volerlo si trasforma in un mostro. La sua nuova vita lo soffoca, ma è consapevole che tornare indietro sia difficile.

Le cose cambiano quando il boss, dopo aver sfiorato la morte, decide di fingersi morto per ricominciare da zero. L’unico ostacolo al piano è proprio Fatima, la quale vede il boss vivo e vegeto in ospedale poco prima dell’annuncio del decesso. La giovane quindi diventa una testimone pericolosa e deve essere eliminata, e l’ingrato compito tocca proprio a Ciro.

L’originalità del film consiste nel raccontare una storia drammatica con leggerezza e un pizzico di ironia. I Manetti sanno quanto il pubblico abbia bisogno d’intrattenersi, e nulla intrattiene e diverte meglio di un musical, seppur spesso considerato un genere frivolo e per questo sottovalutato. Ma i Manetti lo rilanciano mostrando quanto la musica possa trasmettere anche messaggi importanti.

A prova di quanto scritto sopra, analizziamo due canzoni tratte dal film: Scampia Disco Dance e Guaglione ‘e malavita.

La prima canzone è interpretata da una –poco affidabile- guida turistica, che porta i turisti ad ammirare le vele di Scampia. Per attrarre visitatori, la guida descrive le vele come un covo di malavitosi, famoso per essere stato il set di film sulla camorra, e per concludere in bellezza organizza uno ‘scippo’ ai danni di un turista scelto a caso che si rallegra di aver subito un furto nel luogo simbolo della criminalità.

La scena è senza dubbio molto divertente, ma fa riflettere su quanto pregiudizi e stereotipi continuino a influenzare l’immaginario che si ha della città.

Fortunatamente il ritmo travolgente della canzone non permette di amareggiarci più di tanto: la genialità della canzone consiste nel distruggere gli stereotipi attraverso l’autoironia.

A questo punto, si nota un parallelismo con la classica commedia italiana, che -in alcuni casi- non è altro che una medaglia a doppia faccia. Infatti, tra una risata e l’altra, non si perdeva l’occasione per sottolineare aspetti negativi della società (corruzione, ipocrisia, povertà, ecc…) che facessero riflettere, il tutto sempre con toni malinconici, in modo da lasciare nello spettatore una sensazione dolceamara di allegria mista a tristezza.

Il secondo brano è Guaglione ‘e malavita, interpretato dal bodyguard personale degli Strozzalone (Franco Ricciardi). In questo caso, l’ilarità viene meno.

Gennaro: «Guaglione’ e malavita si stat cundannat, nun ce sta na via r’uscità mo vir e scumparì oppure sarai tu a morì ammazzato».

Il messaggio è rivolto a Ciro e a tutti quei ragazzi che, consapevoli di quanto la spirale di violenza li abbia trasformati in uomini senza cuore, vogliono cambiare vita.

Pronti ad immergervi nella Napoli della malavita  e dell'amore con questo ingegnoso quanto travolgente musical?
Ciro (Giampolo Morelli) in una scena del film

Ciro: «Me vulev sulament vendicare, trasette rint’a na banda e criminali, m’hann rat na pistola e na famiglia, nu sicario m’hann fatt a diventà».

Purtroppo, chi intraprende una strada del genere non può liberarsi del proprio passato, perché diventerebbe un traditore e quindi sarebbe in pericolo di vita. Le soluzioni allora sono due: o fuggire, o, come fa Ciro, eliminare nuovi e potenziali nemici.

Il ritornello cantato da Ricciardi angoscia, ma, giusto il tempo di far riflettere su una questione così delicata e importante, che in Ammore e malavita ritorna la vivacità contagiosa delle prime scene.

Il male (il boss Strozzalone) viene banalizzato e ridicolizzato. Don Vincenzo, infatti, è una macchietta che non presenta i tratti tipici dei boss visti in film drammatici o docu-film. Ci viene presentato sin da subito come un uomo pauroso e senza coraggio, il quale non è in grado di prendere nessuna decisione importante; infatti, chi pianifica la sua finta morte è una frizzante Claudia Gerini nei panni di Donna Lucia, la moglie del boss.

Trasformando i coniugi Strozzalone in due caricature, i Manetti umiliano il mondo criminale con l’arma migliore che si possa utilizzare: il riso.

E si giungerà così al lieto fine.

Ciro riesce a ricominciare una nuova vita grazie all’ingegnoso aiuto di Fatima, la quale lo convince che la violenza non è mai una soluzione.

Ciro, quindi, non è il classico personaggio malavitoso che alla fine del film muore o non riesce a liberarsi dalla criminalità. Lui ha avuto la possibilità di ricominciare da zero e ritrovare stabilità e serenità e, cosa più importante, è riuscito a uscire (grazie all’amore) dal turbine di violenza che lo aveva trasformato in un automa senz’anima.

Franco Ricciardi vince il David per la miglior canzone originale «Bang bang» (2018)

Fatima e Gennaro: «Come fossero proiettili tu schivi i sentimenti , ogni sparo ha un suo destino la pallottola è per noi mentre ‘o cielo cade a piezze sembra che stiamo alla fine ma chiagnenno ti rialzi truove forza dint’a ll’ammore e fai riturna’ stu sole.

Tu che penzave ‘e ffa? Ca te putive riscatta’ si’ nnato pe’ ffa chiagnere e nun può dda felicità a nisciuno tu può sulo spara’ pe’ nun murì pe nun te ffa accidere».

Le canzoni del film sono interamente cantate in lingua napoletana.

Negli ultimi anni si è diffuso un pregiudizio -errato- contro le canzoni napoletane definite, in modo dispregiativo, neomelodiche. Le musiche composte dai De Scalzi, sono cosi piene di sentimento e sagacità, che ci fanno apprezzare e riscoprire la bellezza del “napulitano”.

Master: «Chiagne, chiagne femmena pe tutt e figli ca nun te po crescere pe nu vaso ca stu vocca nun ha avuto maje. Nun ti sposata ancora e già si vedova».

Quindi, per riassumere, con un solo film i Manetti Bros hanno fatto una dedica d’amore a Napoli mostrando la sua solarità, ridato nuova dignità al musical, realizzato una chicca, sbeffeggiato il mondo criminale con sagacia e raccontato una storia d’amore bizzarra quanto romantica.

Per concludere, vi lasciamo con i versi di Nun è Napule che sottolinea quanto nessun posto sia come casa, o in questo caso, come Napoli.

Tutti: «La gente rire miez a via ma tanto allegra nun è perchè nun è a Napule.

Cocc vot coccrunn te offre pure u caffè ma nun è Napule.

La luna n’ciel miez’ e stelle se sta ma nun è Napule.

Nun è Napule».

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