Les Triangles Amoureux – La maman et la putain: antologia di una degenerazione

Francesco Malgeri

Dicembre 14, 2021

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La maman et la putain è l’opera più rappresentativa della – a dire il vero non vasta – produzione di Jean Eustache, nonché decimo appuntamento con Les Triangles Amoureux nella storia del cinema francese.

Si tratta di un film della durata di tre ore e mezza, spalmato nell’arco temporale di non più di qualche giorno. Un vero e proprio scorcio sulla vita di tre giovani nella Francia degli anni Settanta, raccontato attraverso l’iperbole e lo smascheramento di modi e vizi dilatati nella loro forma più estrema e, a tratti, grottesca.

L’espediente del triangolo amoroso, in questo caso, non rimane sussurrato, né rielaborato nella sua sostanza, anzi: ci viene sbattuto in faccia, dichiarato come base narrativa dell’intero film.

Jean-Pierre Léaud incarna alla perfezione l’archetipo dell’intellettuale parigino nullafacente e annoiato, che trascorre le sue giornate girando per bar, alla ricerca del “luogo” nel quale affogare la sua noia esistenziale: il sesso, elemento chiave della pellicola, che attraversa trasversalmente ogni incontro e ogni dialogo tra i protagonisti. 

Alexandre, il giovane protagonista maschile interpretato dal feticcio di Truffaut, vive dunque alla giornata, vaga, mantenuto da una donna di trent’anni, di nome Marie, con la quale consuma una relazione ambigua, indefinita, fatta di tradimenti dichiarati, ma al contempo di un sincero amore corrisposto. È un amore che viene messo alla prova, ma che mai viene scalfito, dal contraddittorio quotidiano di Alexandre, riflettente una giovane Francia svuotata e appiattita dai tumulti di fine anni Sessanta, oramai esauritisi.

Decimo capitolo di Les Triangles Amoureux nella storia del cinema francese: La maman et la putain, antologia generazionale di Jean Eustache.
Jean-Pierre Léaud è Alexandre

L’innesco del meccanismo triangolare si ha, di fatto, nel momento in cui Alexandre, ferito dalla fine di una storia con una giovane donna che sposerà un altro uomo, conoscerà Veronika, infermiera disinibita e distaccata. Con lei intraprenderà, anche in questo caso, un’ambigua relazione sessuale.
S’innamoreranno l’uno del corpo dell’altra, passando la maggior parte dei loro momenti insieme parlando nei cafè di Parigi, come agli albori di una storia d’amore all’apparenza sana e genuina. L’unico particolare è la relazione parallela di Alexandre con Marie, alla quale racconterà ogni dettaglio della frequentazione con Veronika.

Si crea di fronte allo spettatore, dunque, un triangolo con al centro un uomo e due donne, le quali rappresentano rispettivamente i due archetipi più ricorrenti dell’immaginario maschile: da una parte l’affetto, la sicurezza, il focolare; dall’altra l’evasione, la pulsione, la carnalità.

Uno schema perfettamente illustrato da Jean Eustache, che riflette nel titolo tali modelli inquadrandoli nei loro prototipi più estremi – per l’appunto, La maman et la putain, senza bisogno di traduzione.

Si tratta di uno schema che verrà palesemente riadottato da Gaspar Noè in Love (2015), film profondamente vicino all’opera di Eustache per premesse e geometrie narrative.

Le dinamiche interne di tale pericoloso meccanismo vengono dilatate e iperbolizzate, per ingrandirne e meglio mostrarne il grottesco e il patologico. Alexandre, infatti, non terrà separate le due amanti, anzi, incurante favorirà i loro incontri triangolari, sfiorando a più riprese il ménage à trois e prosaicizzando su quanto squallide e perverse siano in realtà le relazioni interpersonali. Le due donne, dal canto loro, quasi se lo dividono, stanno al gioco, convivono nel medesimo letto; quasi stoicamente, sopportano i sordidi rumori provocati dagli amplessi che Alexandre consuma con l’altra a pochi centimetri da loro.

Decimo capitolo di Les Triangles Amoureux nella storia del cinema francese: La maman et la putain, antologia generazionale di Jean Eustache.
Ménage à trois

Apparentemente un gioco al massacro, nella realtà dei fatti risulta un efficace espediente per permettere ai personaggi di parlare ed esprimersi in prima persona riguardo l’amore, un’amore – a metà tra l’ambiguamente erotico e l’affettuosamente platonico – che nascerà anche tra le due donne, Marie e Veronika, la maman et la putain.

Veronika: «Hai avuto un enorme fortuna, Alexandre: avere due donne che ti amano e che si vogliono bene l’un l’altra».

Il resto si consuma in alcol, rimpianti, tristi reminiscenze dei loro rispettivi passati che li hanno portati in tre sullo stesso letto, in balìa delle loro stesse debolezze e dei loro stessi morbosi vizi.

Tramite uno sguardo antologico su un’intera serie di modi e usi distorti, allargati nelle loro contraddizioni, lo spettatore è spinto a riflettere e a giudicare tale spettro di fragilità emotive e relazionali.

La maman et la putain è un film spietato, perfettamente coerente col quadro del cinema europeo degli anni Settanta, e, più in particolare, della post Nouvelle Vague francese. L’opera magna di un autore fin troppo ignorato.

Leggi anche: Les Triangles Amoureux – Love tra sesso, amore e corpo

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