Il Bacio – Genesi e morte di un amore

Alessandra Cinà

Dicembre 20, 2021

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Il 17 novembre al cinema Rouge et Noir di Palermo, si è tenuta la prima del film del giovane regista palermitano Pietro Graffeo: Il Bacio.
L’emozione del regista e dell’équipe coinvolta nella produzione del film era, comprensibilmente, alle stelle.

Nel giro di pochi minuti, la sala si è riempita di gente curiosa e trepidante per un film che già dal trailer si presentava anticonvenzionale. E naturalmente ArteSettima non poteva esimersi dall’analizzare questo nuovo modo di concepire il cinema e le sue storie.

Come si intuisce dal titolo stesso, il film è incentrato su un rapporto amoroso e in particolare sulle sue fasi: nascita, dissoluzione e morte.

«Amarti m’affatica
Mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
A ridere nel pianto».


(CCCP, Amandoti)

Nascita

Il bacio
Scena de “Il Bacio”

Quando un amore nasce, tutto sembra buono e giusto. Durante i primi mesi di una relazione si provano fortissime e intense emozioni, che ci fanno vivere in un soffice involucro di seta. Ci sentiamo protetti e irrimediabilmente felici e tutto sembra essere destinato ad avere un lieto fine.

Queste, perlomeno, sono le sensazioni che sperimentano i protagonisti de Il Bacio, i quali nascono nel preciso istante in cui la moira Cloto (la filatrice della vita) tesse un filo rosso che simboleggia l’amore che li lega.

I due ragazzi non hanno un nome e sorgono in una dimensione pura ed eterea, sospesa tra sogno e realtà. Non esiste nulla tranne il loro amore. I dialoghi sono ridotti all’osso, in particolare in queste prime scene che vedono i protagonisti intenti a scoprirsi e ad amarsi, i due riescono a essere talmente connessi che sembrano fondersi in unico corpo.

I protagonisti sono seminudi, innocenti come bambini e avvolti da una luce bianca che potremo definire celestiale. Bastano pochi particolari per capire che le prime scene sembrano ispirarsi a una delle storie più famose del mondo: quella di Adamo ed Eva.

Proprio come i primi uomini sulla terra, i protagonisti de Il Bacio vivono isolati in una bolla destinata a scoppiare.

Dissoluzione

Il bacio
Scena de “Il Bacio”

Dopo aver vissuto i primi idilliaci momenti, ecco che il rapporto tra i due comincia a creparsi, e ciò accade nell’esatto momento in cui cominciano a parlare e capiscono cosa sia la parola, ergo la conoscenza.

A questo punto ritorna il parallelismo biblico: la realtà di Adamo ed Eva crolla nel momento in cui si insinua la conoscenza e lo stesso, in qualche modo, succede anche ai protagonisti del film.

Nell’istante in cui cominciano a essere curiosi su cosa possa esserci oltre loro, oltre il loro amore, si creano i primi problemi. I loro baci sono sofferti, i loro volti sono ricoperti di lividi violacei e le atmosfere sono cupe.

La luce bianca è stata rimpiazzata da un’oscurità angosciante: i due amanti sono combattuti tra il voler essere ancora una sola cosa divisa in due corpi e il volersi sdoppiare, separare, per conoscere gli altri mondi che esistono oltre il loro.

Sviluppano l’esigenza di fare nuove conoscenze e di uscire da quel posto scuro e doloroso in cui si è trasformato il loro nido.

Tuttavia, questa loro smania di volersi rendere autonomi e indipendenti, di voler vivere nuovi stimoli, viene repressa dalla paura di abbandonare l’altro. Bisogna soffermarsi su questo punto, poiché il ragazzo non ha paura di abbandonare lei perché teme che non possa vivere senza di lei, ma perché sa che senza di lui la ragazza sarebbe persa e sconsolata. La consapevolezza che lei ormai dipenda da lui in tutto e per tutto gli rende difficile abbandonarla e il solo pensiero gli fa venire i sensi di colpa.

Parallelamente, sembra svilupparsi un’altra storia (in realtà sempre la stessa). Ci viene presentata la stessa coppia, il cui amore è ormai logoro e consunto, che tenta di tenere in piedi un rapporto degenerato nella violenza: i due sono sporchi, vestiti di stracci e costantemente avvolti dalla penombra. È chiaro che il degrado nel quale vivono rappresenta le loro anime stanche e marce in assenza di amore.

La particolarità di questa storia sta nel fatto che il protagonista deve uccidere qualcosa che sta crescendo dentro di lei perché teme possa diventare odio. Il pianto di un neonato può far pensare che voglia uccidere il figlio, ma il bambino non è altro che un simbolo. Rappresenta, infatti, il loro amore che è diventato insofferenza e odio più totale nei confronti di sé stessi e della persona che si ha accanto.

Senza dubbio si tratta di un gesto forte, ma per rinascere è necessario morire e per ricostruire distruggere; è essenziale, fa parte della vita.

A queste scene si contrappongono quelle che vedono i due ragazzi felici nel loro paradiso, quasi a voler domandare ai protagonisti: «Come siete arrivati a questo punto? Come si può passare da un amore immenso a un odio incontrollabile? Perché?».

Quelle in cui vivono i protagonisti de Il Bacio diventano delle vere e proprie gabbie mentali. Si sentono incatenati e ciechi, è come se non riuscissero più a percepire nulla. Sono diventati asettici e la cosa più triste è che a renderli così è stata proprio la persona che amavano e che avrebbe dovuto amarli.

Il film induce così a riflettere su tutti quei rapporti che con il corso del tempo si corrodono fino a diventare tossici e malati. L’amore delle prime scene si è mutato in un qualcosa dal quale bisogna fuggire prima che si cada nell’odio, che a sua volta genera violenza.

Morte

“Il Bacio”: le tre moire

Siamo giunti alla fase finale di questo travagliato e tormentato rapporto, siamo giunti a un momento cruciale: quello della rottura, dolorosa, ma terribilmente necessaria.

È giunto il momento per Atropo (la “irremovibile” fatalità della morte) di tagliare il filo.

Il dolore mentale dei protagonisti diventa dolore fisico, i due infatti si contorcono e sono in preda a spasmi quasi a voler comunicare che non riescono più a reggere l’orrore in cui si sono mutati, non possono più sopportare quell’amore che amore non è più.

La separazione è il momento più difficile di ogni rapporto, ma talvolta è necessaria per ritrovare sé stessi.

I protagonisti, infatti, sono talmente diventati dipendenti l’uno dell’altro che non riescono più a sviluppare la propria individualità, e questa è una cosa che deve essere evitata a ogni costo.
La cosa che probabilmente li spaventa più di tutte è quella di ricominciare da zero e ritornare ad amare ancora.

Quando si sta con una persona per un determinato periodo di tempo, si creano delle abitudini. Quando si fa tutto in due (in particolare le prime esperienze) quella persona diventa un pezzo fondamentale del nostro mondo e quando la si perde, tutte le piccole abitudini quotidiane createsi insieme si dissolvono.

Non si potrà mai più essere gli stessi perché si ha subito uno scossone emotivo così forte da far crollare delle certezze. La persona dalla quale ci si separa ha condiviso tutto con noi ed è stata la nostra confidente più fidata; quindi, quando il rapporto viene troncato, si perde la fiducia non solo in quella persona, ma nell’umanità in generale.

Trovare un’altra persona da amare non è facile perché bisogna ricostruire e dare nuovamente fiducia, inoltre si ha una paura tremenda che anche un rapporto nuovo possa distruggersi e distruggere proprio come ha fatto il precedente. Dunque la ragazza non vuole lasciare andare il suo – ormai – ex amato, perché continua a essere una certezza, e d’altronde è sempre più facile aggrapparsi a delle certezze (seppur fittizie e avvilenti) che a provare a rimodellare la nostra quotidianità e la nostra vita.

Non conosciamo la sorte dei protagonisti dopo la separazione, ma questo non importa. Il fine ultimo del film era quello di raccontare e sviscerare un rapporto amoroso, nulla di più.

«Amami ancora
Fallo dolcemente
Un anno, un mese, un’ora
Perdutamente».


(CCCP, Amandoti)

Un cinema controcorrente

Pietro Graffeo ha mischiato ne Il Bacio i tratti tipici del teatro al cinema, al punto che non si sa più dove inizi l’uno e termini l’altro. Cinema e teatro diventano dunque una cosa sola completandosi a vicenda.

Diversi sono i riferimenti alla cultura classica (le tre moire) e all’arte: Amore e Psiche di Canova e Il Bacio di Hayez.

Il film è diviso in quattro capitoli e ognuno di questi è introdotto da una danza che da gioiosa diventa sempre più malinconica. All’inizio del primo capitolo la ballerina danza in modo leggiadro e i suoi movimenti sembrano quelli di una farfalla che volteggia libera. All’inizio del quarto capitolo, invece, la danza è tormentata, la ballerina fatica a danzare e i movimenti sono lenti e confusi. È un lavoro di corpo, gli attori provengono dall’Accademia delle Belle Arti, e laddove manca il dialogo arriva la comunicazione corporea e l’espressività.

L’amore de Il Bacio è raccontato attraverso le carezze e i baci, ma anche attraverso le contrazioni degli arti durante le fasi di distruzione e morte. Gli attori riescono quindi, attraverso la fisicità, a trasmettere l’agonia che provano, il loro dolore è talmente tanto veritiero e potente che lo spettatore non può fare a meno di percepirlo e di rimanerne profondamente turbato.

Il fatto però che il regista abbia utilizzato tutti questi elementi inusuali per il cinema, non vuol dire che abbia raccontato storie fantastiche o improbabili. La storia dei due amanti è una storia intrisa di realtà, si tratta di uno di quei rapporti che si vengono a creare nella vita di tutti i giorni e che consumano lentamente.

Pietro Graffeo ha raccontato una storia attualissima attraverso la prospettiva teatrale e classica, e il cinema ha bisogno di approcci del genere per ampliare i propri orizzonti e per rinnovarsi continuamente.

Concludiamo, augurandoci che Pietro Graffeo e tutti quei ragazzi che si approcciano -senza o con pochi fondi – al mondo cinematografico possano realizzare i loro progetti e regalarci sempre film sorprendenti e innovativi.

Leggi anche: Nuovi Sguardi: Intervista a Pietro Graffeo, regista de Il Bacio

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