Il mio corpo vi seppellirà – Una vendetta dal sapore western

Alessandra Cinà

Aprile 18, 2022

Resta Aggiornato

Il mio corpo vi seppellirà dell’esordiente regista palermitano Giovanni La Pàrola è un film con tutte le caratteristiche estetiche e gli espedienti registici che, nell’immediato, si associano al più autentico western.

Il film è ambientato nel 1860 nel regno delle Due Sicilie. Quella che vediamo è l’altra faccia della storia, non quella che conosciamo e che i vincitori hanno raccontato. Esiste anche la storia taciuta, quella dei vinti, di coloro che hanno vissuto il passaggio dai Borboni ai Savoia come un vero e proprio trauma.

I vinti in questo caso sono i contadini e i piccoli proprietari terrieri che durante l’unificazione hanno perso le loro terre e i loro possedimenti. La transizione tra un regno e l’altro non è stata per nulla pacifica, e sotto i Savoia non tutto fu esattamente rose e fiori. Il nuovo re non si mostrò molto clemente con gli oppositori, e le truppe piemontesi non furono da meno.

In generale si respirava un clima di spaesamento totale. E mentre la storia faceva il suo corso, nel meridione imperversava il brigantaggio. Le cause di questo fenomeno furono senza dubbio complesse e intricate, e sicuramente la povertà e la necessità di ribellarsi ai nuovi padroni influì tantissimo.

Mentre il Sud Italia si trova in questa delicata condizione, tra le montagne si nascondono quattro spietate brigantesse, diventate in poco tempo l’incubo del regio esercito: le drude.

Il mio corpo vi seppellirà
“Il mio corpo vi seppellirà”: le drude.

A questo punto, l’ottica de Il mio corpo vi seppellirà cambia; si focalizza non più sulla storia dell’unità, ma su una storia di vendetta.

Prima di diventare brigantesse, le quattro donne vivevano una vita di soprusi e abusi. Lucia, la capobanda, viveva con un uomo che la vessava continuamente arrivando persino a sfregiarla; Ciccilla, invece, subiva violenze sessuali dal padrone senza che nessuno, nemmeno il padre, intervenisse.
A un certo punto le due donne decidono di farsi giustizia privata, intraprendendo la strada del brigantaggio e organizzando furti sempre più considerevoli. Alle drude si unirà anche Errè, dopo aver salvato la vita a Maria – terza componente della banda.

Le drude diventano sempre più abili nell’organizzare rapine e arrivano persino ad attuare il rapimento di una giovane donna, figlia di un ricco latifondista. Nonostante la giovane sia incinta, le drude non hanno alcuna pietà e anzi, riversano sulla povera ragazza spaventata tutta la loro rabbia e frustrazione.

Il comportamento delle drude lascia attoniti, ci si aspetta che le quattro provino nei confronti della ragazza un minimo di pietà e che per questo la trattino umanamente, ma diamo per scontato mostrino almeno un pizzico di comprensione.

Ma perché ci aspettiamo un comportamento del genere? Sicuramente perché la vittima è una donna, abbandonata vigliaccamente dal compagno proprio durante il sequestro, e quindi lo spettatore si aspetta la classica solidarietà femminile. Lo scopo del film, però, non è quello di concentrarsi su discorsi di genere, ma su una storia di vendetta.

Ritornando al comportamento delle drude nei confronti della vittima, possiamo affermare che le quattro, da vittime, diventano carnefici a tutti gli effetti. Durante il corso degli anni hanno accumulato talmente tanta rabbia che la riversano su chiunque, in particolare sui privilegiati.

La vittima è una giovane benestante cresciuta tra pizzi e merletti, e questo fomenta la rabbia delle drude che dalla vita hanno ricevuto solo bastonate.

Il mio corpo vi seppellirà
“Il mio corpo vi seppellirà” (2021)

Molti soldati borbonici, per paura o convenienza, giurano fedeltà ai Savoia massacrando e tradendo i loro compagni e alleati. Il meridione diventa un campo di battaglia all’interno del quale si perde l’identità popolare e persino gli uomini più leali si comportano come bestie.

Giovanni La Pàrola debutta con un’opera prima sicuramente audace che riporta il genere western in Italia, ambientando il film in un periodo storico delicato.
La storia è ben strutturata e il ritmo del film è alquanto travolgente; la maggior parte dei dialoghi sono interamente scritti in dialetto siciliano – d’altronde i dialetti sono parte della nostra tradizione linguistica e folkloristica.

Non mancano le influenze cinematografiche dei grandi registi western e non, come Sergio Leone e Quentin Tarantino (le drude si riflettono visibilmente nei “bastardi” del regista americano). La volontà di perseguire la vendetta personale che si può ottenere solo attraverso l’uso sproporzionato della violenza è un richiamo più o meno implicito al maestro del pulp.

Oltre a ciò, La Pàrola campiona Il buono, il brutto e il cattivo riportando in scena codici stilistici vecchi di cinquant’anni.

Nel complesso il film è un buon prodotto, considerato che si tratta dell’opera prima del regista, il quale è riuscito nell’impresa di realizzare un film western mischiando storia e vendetta in maniera brillante, senza cadere nel macchiettistico o nel banale.

Leggi anche: Ammore e malavita- La rinascita del musical e il riscatto di Napoli

Correlati
Share This