The Dreamers – Desiderio e Mimesi

Sabrina Pate

Gennaio 17, 2022

Resta Aggiornato

Maggio, 1968. Migliaia di studenti marciano per le strade di Parigi contro lo strapotere gaullista, la cui politica capitalista e imperialista si presenta come l’ostacolo decisivo a una tanto agognata liberalizzazione dei costumi. A distanza di trentacinque anni da tali avvenimenti rivoluzionari, Bernardo Bertolucci si propone di realizzare un’opera che possa spiegare ai giovani la portata straordinaria del Maggio francese. The dreamers (2003) non intende affatto, tuttavia, proporre una trasposizione didascalica degli eventi: in un gioco incessante di chiaroscuri, in cui il non detto si fa talmente eloquente da ergersi a protagonista, Bertolucci realizza una pellicola che ritrae il maggio sessantottino non ritraendolo affatto (o ben poco).

Non i moti, non le rivolte catturano la macchina da presa, quanto piuttosto una storia d’amore.

Isabelle e Matthew per le strade di Parigi

I tre giovani protagonisti di The dreamers (2003) percorrono, come disturbate divinità, le strade deserte al calar della sera di una Parigi stravolta dai moti studenteschi. Mentre migliaia di studenti e operai scendono nelle strade della Ville Lumière per ribellarsi alle autorità vigenti, Isabelle (Eva Green), suo fratello Théo (Louis Garrel), e il loro amico Matthew (Michael Pitt) si rinchiudono nelle mura sicure di casa.

Come nel Decameron boccaccesco, evadono dalla realtà circostante per concedersi alla pura speculazione: alla prassi antepongono la teoria.

Seguendo il parallelismo proposto da Matthew tra un regista e un voyeur, lo sguardo di Bertolucci si sposta dalle strade di Parigi alle mura private che si fanno teatro di una iniziazione al sesso perversa e incestuosa. Portando sullo schermo un triangolo amoroso decisamente inusuale, Bertolucci ritrae non gli avvenimenti esteriori del ’68, ma la sua intima essenza, realizzando una pellicola che si pone a manifesto di quei valori che hanno animato la rivoluzione sessantottina, primo fra tutti la liberalizzazione sessuale.

Il desiderio in The dreamers

Se l’uomo, come sostiene René Girard, è un’entità assolutamente desiderante, non c’è nulla di più conforme alla sua natura che perseguire questo desiderio. Anzi, il desiderio è precisamente quella differenza specifica che lo distingue dagli altri animali. L’audace triangolo amoroso che Bertolucci ritrae in The dreamers sembra così suggellare non solo il credo sessantottino in un amore senza regole, lontano dalle ipocrisie, ma anche quel desiderio innato e multiforme che accomuna tutti gli uomini.

In The Dreamers Bertolucci presenta un triangolo amoroso che si erge a manifesto della liberalizzazione sessuale sessantottina.
Matthew, Isabelle e Théo nella vasca

Isabelle e Théo sono fratelli, talmente uniti da definirsi gemelli siamesi. Nonostante ciò, il loro amore va ben oltre il semplice affetto fraterno, rivelando un’intesa mentale, ma anche sessuale che una concezione bigotta e tradizionalista delle relazioni interpersonali aborrirebbe. Il rapporto già inusuale tra i due è complicato da una terza figura, l’americano Matthew. I due rivedono in lui il tanto atteso terzo membro della loro bizzarra combriccola, quasi come se fosse il pezzo mancante di un puzzle che li faceva sentire incompleti.

Tre sono i componenti di questo rapporto sui generis che procede sul filo di un rasoio tra armonia e conflitto. Allo stesso modo, a parere di Girard, tre sono le componenti che costituiscono strutturalmente il desiderio. Il desiderio coinvolge difatti sempre un soggetto, un oggetto, e un mediatore.

Nel caso di The dreamers, potremmo facilmente identificare il soggetto in Matthew, l’oggetto in Isabelle, e il mediatore in Théo.

Secondo la teoria girardiana, il soggetto desidera il mediatore e, di conseguenza, desidera l’oggetto del suo desiderio. Tale teoria trova conferma nel fatto che Matthew si rivela fin da subito colpito da Théo e tenta di emularlo al punto da avvertire come proprio il desiderio per Isabelle.

Matthew e Théo

Nel caso del film di Bertolucci siamo però di fronte a quella che Girard definisce “mediazione interna” in cui l’oggetto, in quanto reale, non è condivisibile. Il possesso delloggetto non è realizzabile per almeno uno dei due contendenti, nella misura in cui aspira a essere un possesso esclusivo. Per questo motivo, il mediatore diviene un rivale per il soggetto, e viceversa. Così, l’armonia tra i tre si infrange quando Théo rivendica il suo possesso su Isabelle, allontanando Matthew.

Matthew: «Ti ricordi che cosa mi hai detto in quel caffè su te e Isabelle? Avevi ragione. Per me voi due siete come due metà della stessa persona. E adesso mi fate sentire come se fossi anch’io parte di voi. Tutti e due».

Théo: «Mettiamo in chiaro una cosa, ok? Tu sei un ragazzo simpatico e mi piaci molto, ma no: noi tre non siamo destinati a stare sempre insieme. Ti ho detto anche un’altra cosa, ricordi Matthew? Che io e Isa siamo gemelli siamesi».

Da mediatore del suo desiderio, Théo diviene dunque suo rivale e Matthew tenta di instaurare un rapporto esclusivo con Isabelle invitandola fuori a cena contro il suo consenso, sì da staccare il cordone ombelicale che li ha sempre tenuti in simbiosi.

Come in una danza sadica, Isabelle cerca l’affetto di Matthew, per poi rinnegarlo e correre tra le braccia sicure di Théo, e ancora e ancora, fin quando i tre non comprendono che l’unica chiave per sublimare questo desiderio è rinunciare a un possesso esclusivo dell’uno e dell’altro, approdando a una concezione dell’amore libera da vincoli e imposizioni morali, in cui il possesso non è possesso, ma desiderio di confondersi l’uno nell’altro.

La mimesi in The dreamers

Se l’essere umano è un essere desiderante, Girard specifica questo desiderio come mimetico. L’uomo non solo desidera, ma desidera essere come l’altro. Così, Matthew (soggetto), nel suo desiderio per Isabelle (oggetto), aspira a essere come Théo (mediatore): desidera il desiderio perché ne desidera il mediatore.

«L’oggetto è solo un mezzo per raggiungere il mediatore. È l’essere di questo mediatore che il desiderio mira».

(René Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca)

Come in un gioco di specchi, il desiderio è alimentato dal desiderio dell’altro. L’uomo, pertanto, in quanto animale desiderante è costantemente portato a imitare. Ciò che è curioso è non solo che Bertolucci porti sulla scena l’intima essenza desiderante dell’uomo, ma anche quella mimetica. The dreamers è, infatti, un film costruito su una dialettica incessante tra realtà e finzione, a motivo della sua riflessione fortemente metacinematografica.

In The Dreamers Bertolucci presenta un triangolo amoroso che si erge a manifesto della liberalizzazione sessuale sessantottina.
Matthew e Isabelle al cinema

La frequentazione della Cinémathèque française rende i protagonisti di The dreamers membri di una fratellanza segreta, il cui requisito di accesso è uno spassionato amore per il cinema, e proprio la cinefilia si fa galeotta del loro amore.

Matthew: «Ero diventato membro di quella che in quei giorni era una specie di massoneria, la massoneria dei cinefili, quelli che chiamavamo malati di cinema».

Celeberrima è la sequenza in cui una giovanissima Eva Green, al suo debutto cinematografico, percorre gli Champs-Elysées decantando a gran voce «New York Herald Tribune», proprio come Jean Seberg in Fino all’ultimo respiro (1960). In uno scambio continuo di realtà e finzione, Bertolucci alterna inquadrature di Isabelle a inquadrature di Patricia.

Se la condanna platonica aveva già relegato l’arte al livello di mimesi, di copia in copia, non sorprende che i protagonisti di The dreamers realizzino l’intima aspirazione mimetica dell’uomo proprio nel cinema, arte che per sua definizione rispecchia e muta la realtà.

In The Dreamers Bertolucci presenta un triangolo amoroso che si erge a manifesto della liberalizzazione sessuale sessantottina.
Isabelle, Matthew e Théo sugli Champs-Elysées

Come viene sottolineato dal titolo, i tre studenti sono dei sognatori che non si accontentano delle mura anguste della realtà, e così prediligono la finzione, quella finzione che prende vita sugli schermi della Cinémathèque e che loro riportano nelle mura di casa. Mentre la rivolta impera nelle strade di Parigi, Isabelle, Théo e Matthew rimandano il più possibile il confronto con la realtà, rifugiandosi nel gioco e nella messa in scena. Da veri cinefili, impersonano i personaggi che più hanno a cuore, da Marlene Dietrich in Venere Bionda (1932) a Fred Astiare in Cappello a Cilindro (1935).

Il caos delle contestazioni del Maggio francese fa da cornice a una storia d’amore tanto breve quanto fulminante, irriverente e profana, che celebra quella trasformazione dei valori che la rivoluzione sessantottina rivendicava a gran voce, e che le opere della Nouvelle Vague per certi versi portavano in grembo.

Sebbene in una forma ben più addomesticata, il triangolo amoroso in Jules e Jim (1962) di François Truffaut, e soprattutto in Band à part (1964) di Jean-Luc Godard propongono un’idea di amore che si distacca dai severi e rigidi canoni tradizionali, dalle ipocrite norme dettate dal buon costume, per spalancare le porte a una dimensione più autentica e versatile dell’amore, in cui ciò che conta non è conformarsi a determinati standard, ma amare, amare e amare.

Non è un caso che i tre protagonisti di The dreamers, per celebrare la loro unione, percorrano le sale del Louvre tenendosi la mano proprio come i tre protagonisti del capolavoro godardiano. In questa corsa che allegoricamente li consegna a una visione dell’amore ancora più libera e turbinosa, i tre protagonisti battono il record prefissato, mostrando come questo triangolo amoroso sia dotato di una audacia e di una forza propulsiva che si propone di superare quanto è stato già narrato prima d’ora.

La corsa al Louvre, d’altro canto, scandita da un alternarsi continuo di sequenze originali e sequenze dell’opera godardiana, sancisce l’ingresso dei tre in un orizzonte altro dalla realtà, così deludente da non essere mai all’altezza delle loro aspettative. Come bambini che non hanno voglia di crescere, i tre protagonisti sembrano vivere il loro rapporto come un gioco, con una leggerezza che talvolta si tramuta in eccessiva superficialità, ma che infine quasi li opprime.

Matthew: «E vi guardo… E vi ascolto, e penso… che non crescerete mai».

In The Dreamers Bertolucci presenta un triangolo amoroso che si erge a manifesto della liberalizzazione sessuale sessantottina.
Isabelle e Théo

Quasi del tutto rapiti dalla dimensione mimetica, e sempre più distanti dalla realtà, i tre si abbandonano al desiderio che provano l’uno per l’altro, noncuranti dei giudizi altrui e dei costumi morali.

Sebbene siano fratelli, Théo e Isabelle sembrano considerare il loro rapporto niente affatto incestuoso e profano, ma piuttosto puro e nobile. I due sono come due lati della stessa medaglia, animati da una brama di possesso tutt’altro che condivisibile da una concezione dell’amore tradizionalista. Fintanto che i due vivono in questa dimensione fittizia e mimetica, il loro rapporto non li turba. Tuttavia, l’eventualità che qualcun altro possa scoprirli li terrorizza.

L’assegno lasciato dai genitori, prova lampante della loro presa di coscienza del loro rapporto, rappresenta così un primo strappo nel cielo di carta della rappresentazione scenica di cui i tre sono protagonisti.

Il loro è un amore che può vivere solo in una dimensione fantastica e che si sgretola con la luce de sole.

Isabelle tenta il suicidio

Così, quasi scottata dallo sguardo dei genitori, Isabelle tenta il suicidio e porta con sé in questo estremo gesto i suoi compagni ancora dormienti. La giovane si rivela però incapace di spezzare da sola le catene della finzione e si rivela intrappolata nella mimesi. La tragedia si presenta come farsa quando Bertolucci mostra come Isabelle, persino in un momento così altamente patetico, ripercorra le movenze di Mouchette nel film di Robert Bresson.  

Tuttavia, proprio quando la finzione sembra rapire una volta e per sempre i tre protagonisti, un sasso lanciato dai rivoltosi infrange la finestra, sventando il tentativo di suicidio di Isabelle. Come l’Oreste pirandelliano, i tre protagonisti odono un estremo richiamo alla realtà che, come una sirena, li riporta a sé. Dopo essersi rintanati nelle mura sicure della finzione, dell’arte, della poesia, è giunto il momento di tornare nel mondo.

Padre: «Prima di poter cambiare il mondo, devi renderti conto che tu, tu stesso fai parte del mondo. Non puoi restartene fuori a guardare dentro». 

In The Dreamers Bertolucci presenta un triangolo amoroso che si erge a manifesto della liberalizzazione sessuale sessantottina.
Matthew guarda Isabelle e Théo allontanarsi tra la folla

Con lo squarcio del velo mimetico che li separava dalla realtà e la caduta delle illusioni, i tre sognatori si svegliano da un sonno dogmatico per vivere nella realtà. Il ritorno alla realtà richiede, tuttavia, che i tre si separino in quanto protagonisti di un amore alimentato dal gioco e dalla finzione, ma da ultimo spezzato dalla nuda e cruda realtà.

Così, mentre Théo e Isabelle si uniscono ai rivoltosi, Matthew li guarda da lontano disperdersi tra la folla, per poi voltare le spalle e andare per la propria strada, consapevole che il loro amore non avrebbe potuto sopravvivere nel mondo reale.

Leggi anche: Aurora di F.W. Murnau – Tra desiderio, redenzione e amore

Correlati
Share This