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Velluto blu – La potenza dell’incubo

Giacomo Zanon

Maggio 26, 2019

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È il 1986 quando il quarantenne David Lynch firma una delle sue opere più celebri e acclamate, Velluto blu. Il quarto lungometraggio del regista di Missoula arriva dopo il flop commerciale di Dune (1984), ambiziosa opera di fantascienza basata sul romanzo di Frank Herbert, e decide così di focalizzarsi su un progetto più intimo e indipendente, dal budget limitato, come per i primi due film, i capolavori Eraserhead ( 1977) e The Elephant Man (1980).

Ambientato nella tranquilla cittadina di Lamberton, Velluto blu è di base un noir che racconta di Jeffrey (Kyle MacLachlan), giovane fidanzato di Sandy (Laura Dern) che, dopo il ritrovamento di un orecchio umano in un prato, si troverà suo malgrado coinvolto nel lato oscuro della cittadina, un mondo fatto di violenza e crimine governato da Frank Booth (Dennis Hopper), gangster psicopatico che si accanisce principalmente sulla giovane cantante Dorothy (Isabella Rossellini).

Fin dalla prima scena è subito chiaro l’intento del regista, ovvero mostrare in maniera diretta e prorompente il lato oscuro dell’America del Nord, un mondo marcio e crudele che si nasconde dietro una pulita facciata di apparente perbenismo.

Lynch racchiude magistralmente questo concetto così importante nei primi minuti dell’opera, e ricorrendo non a dialoghi didascalici ma solo alle immagini: il sole splende su Lamberton, i bambini passeggiano, le persone si salutano amorevolmente e bellissimi fiori fanno da contorno ai giardini delle abitazioni, ma sotto terra si trova qualcosa di sgradevole, una moltitudine di insetti disgustosi e scarafaggi che infestano il sottosuolo, così come la criminalità a cui andrà incontro il protagonista infesta la città stessa.

Velluto blu
Una scena di “Velluto blu”

Lynch, grazie alla sua maestria dietro la macchina da presa, riesce donare al film un ritmo incalzante e a costruire la tensione in maniera perfetta: un esempio è la sequenza in cui il protagonista spia voyeuristicamente Dorothy da dietro le ante dell’armadio, fino alla violenta imboscata di Frank; un’autentica lezione di suspense.

Inoltre, l’autore ribalta le regole del noir classico e le fa proprie: gli stilemi tipici del genere (pioggia, nebbia, metropoli, caos) sono sostituiti da una cornice luminosa e soave, che piano piano deraglia verso uno scenario oscuro e cupo.

E Lynch si dimostra insuperabile nella gestione dello spazio filmico, usando i luoghi del racconto come la base dell’inquietudine e della claustrofobia che viene evocata dalla messa in scena.

Fondamentale per la riuscita dell’opera sono la fotografia, che pennella ogni inquadratura come un meraviglioso quadro, e la splendida colonna sonora del fidato Angelo Badalamenti (alla prima collaborazione con Lynch), la cui regina è l’evocativa canzone di Bobby Vinton, Blue Velvet appunto.

Gli attori – dai giovani Kyle MacLachlan e Laura Dern ai più navigati Isabella Rossellini e Dennis Hopper – recitano i ruoli al meglio, dando espressività, coerenza e spessore ai personaggi ideati dalla mente sorprendente di Lynch, che mette in scena con indiscutibile maestria e abilità le figure tipiche del noir, dal giovane curioso e ingenuo alla femme fatale seducente e conturbante, passando per il sadico aguzzino.

Parlando più approfonditamente, il personaggio di Dorothy (Isabella Rossellini) si ricorda per la sua condizione di vittima e la sua grinta alla stesso tempo, che ne fanno una donna combattiva nonostante il terribile dramma che vive. Ma la vera forza della sceneggiatura sta nel memorabile personaggio di Frank Booth (Dennis Hopper in stato di grazia), uno dei cattivi più malsani, pazzi e crudeli che il Cinema ricordi.

Velluto blu
Dorothy (Isabella Rossellini)

Lynch costruisce così in Velluto Blu una specie di preludio a Twin Peaks, il rivoluzionario capolavoro televisivo che arriverà nel 1990, grazie a una fenomenale opera che gioca con lo spettatore e lo sorprende.

Caratteristica importante di Velluto blu, che differenzia l’opera da alcuni capolavori di Lynch, è la presenza di una narrazione logica e perfettamente comprensibile da chiunque, pur essendo contaminata da molti elementi tipici di Cinema del grande Autore americano, sia a livello tematico che stilistico.

Un film straordinario in ogni aspetto, un incubo lynchano potente e indimenticabile. Opera perfetta per chi vuole approcciarsi al Cinema del Maestro per la prima volta, perché film sicuramente completo e meraviglioso, stratificato e profondo.

 

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