«Mentre venivo portato nel salotto di casa mia, come bonus feci quell’esperienza della pre-morte che prima o poi risulta così familiare a chiunque, riguardo al “guardare da un luogo lassù in alto il tuo corpo che viene portato in una stanza”. Guardavo me e la scena attorno a me da una posizione di diversi metri sopra il terreno, come da un obiettivo angolato, e un’illuminazione a flash. Il quadrato del letto nel mezzo della stanza sembrava molto largo e imponente, e il mio corpo avvolto dalle lenzuola veniva adagiato nel mezzo del quadrato. Non troppo gentilmente, ma non mi lamento»
(Satoshi Kon)
Satoshi Kon: il narratore delle possibilità
Dalla citazione riportata, proveniente dall’ultima lettera scritta prima della prematura morte, risulta chiaro che Satoshi Kon rilevasse una connessione inconscia tra se stesso, la propria esistenza, e il mondo circostante, e che tale connessione orientasse il suo pensiero e le sue azioni.
Partendo da questa premessa, risulta evidente quanto la volontà di indagare il cinema visionario ed ermetico di questo regista possa sembrare tanto un’arrogante pretesa, quanto uno sforzo impossibile.
Eppure, nel contesto storico, culturale e politico contemporaneo, caratterizzato dalla pervasiva presenza di macchine, tecnologie e progresso sempre più avanzati, nel quale la sensibilità umana sembra essere soggiogata dalle molteplici crisi mondiali, e in un orizzonte esistenziale caratterizzato dalla perversa celebrazione di ciò che è logico e razionale; follia, genio e creatività sembrano trovare sempre meno ragion d’essere. Dunque, provare a compiere questo sforzo appare anche come un imperativo culturale e morale.
L’analisi delle stratificate storie oniriche di Kon sarà messa in relazione con il tentativo di appropriazione intellettuale messo in atto da alcuni registi contemporanei rispetto alle sue idee, alle sue forme e alla sua poetica. Su tutti, Christopher Nolan e Darren Aronofsky.
È ancora possibile sognare oggi? È ancora possibile sperimentare quella qualità tipica delle esperienze sensoriali governate da un pensiero non lineare, emotivo e incontenibile?
Oppure, oggi la categoria del surreale appartiene alla sfera delle sensazioni perdute, una tensione dello spirito preclusa all’umanità contemporanea?
Il cinema rivoluzionario di Satoshi Kon
La tesi avanzata nel presente articolo parte da una provocatoria riflessione sul cinema rivoluzionario di Kon, che ha caratterizzato la società contemporanea riconoscendo al sogno i suoi pieni poteri.
La poetica del regista giapponese, infatti, consiste in una provocatoria rivalutazione del concetto di sogno in relazione alla vita culturale contemporanea. In ogni scena di ogni suo anime, la componente tecnica e quella narrativa dialogano, dando vita ad un equilibrio sottile e vitale tra creatività e follia, rendendo impossibile allo spettatore formulare previsioni rispetto alle successive evoluzioni della storia.
Ad esempio, in Perfect Blue (1997), il racconto ruota intorno alla dialettica tra identità e illusione vissuta dalla protagonista, la giovane idol Mima. In una delle scene iniziali, la ragazza sta viaggiando in treno quando vede il suo riflesso nel finestrino. Tuttavia, il riflesso non imita i suoi movimenti, ma agisce in modo indipendente, sorridendo e muovendosi in modo inquietante. Questa scena rappresenta l’inizio della disintegrazione identitaria di Mima, mostrando come la percezione del sé e del mondo esterno cominci a sfaldarsi.
Scene successive ripropongono la confusione mentale della protagonista, attraverso le fluide transizioni tra sogno, realtà e follia, impedendo allo spettatore di comprendere inconfondibilmente la verità. Questo registro formale e narrativo è il tema portante di tutto il thriller, che culmina nel surrealismo del finale, in cui il confronto tra la protagonista e la sua inseguitrice rende impossibile discernere tra realtà e illusione.
Il doppio, il perturbante e la condensazione onirica sono le colonne portanti dell’intero film.
Kon e Aronofsky: il caso Requiem for a Dream
Requiem for a Dream è un film del 2000 diretto da Darren Aronofsky, basato sull’omonimo romanzo di Hubert Selby Jr. La pellicola segue la tragica discesa di quattro personaggi, ognuno dei quali è alle prese con dipendenze che li conducono verso la distruzione. Le vite dei protagonisti si intrecciano in una spirale di sofferenza e disperazione, mentre ciascuno di loro soccombe alla propria dipendenza.
Le due opere esplorano profondamente la laboriosità e la potenza creativa dell’inconscio, l’incapacità di controllare fino in fondo i comportamenti umani, la perdita di identità e la discesa nella follia.
Una delle scene più emblematiche che collega i due film è quella in cui Marion Silver (Jennifer Connelly) si immerge nella vasca da bagno in Requiem for a Dream. Questa scena è un chiaro omaggio alla scena di Perfect Blue, in cui l’acqua sporca che simboleggia la sua purificazione e la confusione tra realtà e illusione. Aronofsky, riconoscendo apertamente l’influenza visiva e narrativa di Kon, ha dichiarato di aver acquistato i diritti di Perfect Blue proprio per poter riprodurre questa scena nel suo film. Inoltre, durante la lavorazione del film, i due registi si scambiano lettere di confronto e ammirazione.
I due film, inoltre, utilizzano tecniche di montaggio rapido per intensificare la discesa dei protagonisti nella follia e nella dipendenza. In Perfect Blue, Kon utilizza tagli veloci per mostrare i frammenti della realtà che si confondono nella mente di Mima. Aronofsky adotta una tecnica simile in Requiem for a Dream, utilizzando il montaggio rapido definito hip-hop per rappresentare le iniezioni di droga e la percezione distorta della realtà da parte dei personaggi.
Entrambi i film esplorano la distorsione della realtà attraverso le esperienze psicologiche dei protagonisti. Darren Aronofsky rende omaggio a Satoshi Kon non solo attraverso riferimenti visivi diretti, ma anche adottando temi e tecniche simili che esplorano la perdita di identità e la discesa nella follia. Questo dialogo tra le due opere arricchisce entrambe, permettendo di vedere come diverse culture e mezzi di espressione possano influenzarsi reciprocamente per creare narrazioni potenti e indimenticabili.
Kon e Nolan: Paprika e Inception allo specchio
Paprika (2006) è la diretta evoluzione di Perfect Blue, basato sul romanzo di Yasutaka Tsutsui. La storia ruota attorno a un dispositivo sperimentale chiamato DC Mini, che permette psicoterapeuti scienziati di entrare nei sogni dei pazienti. La protagonista, la dottoressa Atsuko Chiba, usa il suo alter ego Paprika per esplorare e risolvere i traumi nei sogni. Tuttavia, quando il DC Mini viene rubato, i confini tra sogno e realtà iniziano a sfaldarsi, mettendo in pericolo non solo i pazienti, ma anche il mondo intero. Paprika e i suoi alleati devono recuperare il dispositivo e fermare chi lo sta usando per scopi malvagi.
La stratificata complessità dei sogni e delle loro relazioni con gli eventi reali comportano un costante stato di confusione negli spettatori, che si perdono nella fluidità delle immagini prodotte da Kon ed esplorano il loro proprio inconscio.
Se possibile, quello di Paprika è un tentativo artistico che porta ad un più alto livello di complessità la volontà di Kon di rappresentare l’inconscio in immagini. In questo film, più che in Perfect Blue, le transizioni giocano un ruolo chiave nell’esplicitazione di quei fattori che permettono di identificare un’esperienza come reale.
Nel 2010, Nolan propone in Inception la sua versione di Paprika. La nota trama segue le imprese di Dom Cobb (Leonardo DiCaprio), un ladro specializzato in “estrazione”, l’arte di rubare segreti dal subconscio delle persone attraverso i sogni. Cobb è ingaggiato per un compito ancora più complesso: l'”innesto”, cioè impiantare un’idea nella mente di una persona. Cobb e il suo team devono affrontare sfide insidiose nei vari livelli di sogno, mentre Cobb lotta con i suoi demoni personali e la memoria della sua defunta moglie, Mal.
Seppur in modi diversi, i film di Kon e Nolan sono speculari, poiché esplorano i sogni come un luogo di immensa possibilità, dove i confini tra realtà e fantasia sono fluidi. In Paprika, il DC Mini permette l’accesso ai sogni in modo quasi illimitato, trasformando i sogni in una terra di creatività e pericolo. In Inception, i sogni sono stratificati e complessi, con regole precise che possono essere manipolate da chi è consapevole.
Nell’anime, la linea tra sogno e realtà si dissolve gradualmente, creando una fusione caotica che minaccia di inghiottire il mondo reale, e le scene in cui i personaggi si trovano improvvisamente trasportati da un ambiente all’altro, senza soluzione di continuità, illustrano questo collasso della distinzione tra le due dimensioni.
In Inception, la realtà è costantemente messa in discussione attraverso l’uso di totem personali che i personaggi utilizzano per determinare se sono svegli o sognando. La famosa scena della città che si piega su se stessa è un chiaro esempio di come la percezione del mondo possa essere manipolata e distorta nei sogni.
La struttura narrativa non lineare impiegata da Nolan, con sogni all’interno di sogni e una gestione meticolosa del tempo dilatato nei vari livelli di sogno. La sequenza finale, in cui il totem di Cobb continua a girare, lascia il pubblico in uno stato di ambiguità, sfidando la percezione della realtà.
Le transizioni oniriche senza soluzione di continuità in Paprika hanno chiaramente influenzato le sequenze oniriche di Inception. Ad esempio, la scena in cui Paprika attraversa diversi ambienti onirici senza soluzione di continuità ha un parallelo nelle transizioni fluide tra i vari livelli di sogno in Inception.
Tuttavia, a differenza di Aronofsky, Nolan ha negato per diverso tempo le influenze dirette della poetica visiva e rivoluzionaria di Kon.
Conclusioni per un cinema tra Oriente e Occidente
La rappresentazione della mente umana e delle sue complessità rimane al centro dello sforzo cinematografico contemporaneo, offrendo una lente unica attraverso la quale possiamo esplorare le profondità della psiche. Registi come Satoshi Kon non solo omaggiano il passato surrealista del cinema, ma ne espandono i confini, dimostrando che la mente è un terreno fertile per la creatività, la riflessione e l’innovazione cinematografica. Attraverso il dialogo tra l’opera di Kon e la cinematografia occidentale, emerge una ricca intersezione culturale che arricchisce e ridefinisce le possibilità narrative e visive del medium cinematografico.