Si alza il vento – Il testamento di Hayao Myazaki

Francesco Gamberini

Luglio 24, 2018

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«Si alza il vento, bisogna tentare di vivere».

(Paul Valéry)

Si alza sempre il vento nei sogni di Jiro Hirokoshi e nei suoi sogni immagina sempre di volare, a bordo dei fantastici aerei del suo modello e mentore: Gianni Caproni. Jiro sogna il cielo, mentre la terra è devastata dalla guerra.

Ma la sua passione per gli aerei è pura come il suo amore per Nahoko, la ragazza che ama. E mentre il mondo diventa sempre più caotico, Jiro si concentra sempre di più sul suo visionario progetto, trasformandosi da studente modello a ingegnere capo della Mitsubishi. Per questa società costruirà il suo progetto più ambizioso. 

Si alza il vento

Ma proprio quegli aerei che Jiro immaginava pieni di persone e di vita diventeranno portatori di morte.

Nel 2013 Miyazaki decide di abbandonare la regia e annuncia il suo ritiro dal mondo del cinema. Si alza il vento è il suo film d’addio. Perciò, guardando il film, non dobbiamo sorprenderci se non ci troviamo davanti al classico stile del regista. Certo il suo tocco è indistinguibile, ma quello che ci troviamo davanti è un Myazaki molto più adulto, maturo e consapevole della sua arte.

Una fiaba o un film d’animazione per ragazzi non sarebbero mai stati sufficienti per sintetizzare l’intero lavoro di una vita. Sicuramente il regista giapponese riesce a estasiare: i suoi film sono quelli che meglio hanno saputo cogliere e trasmettere il senso della meraviglia.

Si alza il vento

Guardando ogni inquadratura infatti si rimane estasiati e increduli di poter godere con gli occhi una simile esplosione dell’immaginazione umana. Tuttavia qui la meraviglia diventa psicologica, quasi simbolica con una velata malinconia di fondo che fa riflettere lo spettatore.

Perciò la pellicola si ispira al cinema americano.

Il film è un biopic, drammatico e sentimentale, che mostra la crescita di un individuo dai primi passi all’età adulta fino al naturale compimento del suo destino.

Si alza il vento narra infatti la storia (romanzata ma non troppo edulcorata) di Jiro Hirokoshi, vero progettista degli aerei Mitsubishi A5m, tristemente famosi per essere stati usati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale. Jiro è un uomo fuori dal tempo, impegnato unicamente nel suo progetto, per niente interessato alla guerra. Il suo unico obiettivo è esprimere la sua arte.

Fra progetti, riunioni e pranzi di lavoro però emerge anche la seconda linea narrativa: la storia d’amore con Nahoko. Il destino fa incontrare a Jiro una giovane pittrice, di cui subito si innamora. La storia tra i due è appassionante, ma tutt’altro che tranquilla: la ragazza infatti è malata di tubercolosi. Alla malattia sono dedicate sequenze ispirate a La montagna incantata di Thomas Mann.

Si alza il vento infatti è dotato della grazia e dell’incanto dei manga di Jiro Taniguchi e dei quadri impressionisti di Monet: l’animazione è volutamente imprecisa e comunica un maggiore senso di realismo.

Si alza il vento

Per la scenografia invece il riferimento ai gendaijeki di Ozu è evidente: la ricostruzione storica del Giappone degli anni Trenta non poteva non ispirarsi al grande regista giapponese. Infatti il realismo pieno di incanto e malinconia è un omaggio al suo cinema.

Miyazaki analizza sempre il tema della guerra e della sua insensatezza nel mondo, ma qui in relazione a un’altro tema a lui caro: l’arte.

Come può un aereo così perfetto seminare tanta morte? Come può un prodotto dell’ingegno umano essere il mezzo attraverso cui gli uomini si uccidono a vicenda? Il tema filosofico diventa quindi molto più complesso e la domanda che il film ci pone è: quale è il vero valore dell’ingegno dell’uomo? Qual è il destino dell’arte?

Di certo Miyazaki si rispecchia in Jiro come non aveva mai fatto con nessun altro personaggio dei suoi film. Entrambi tabagisti, entrambi sognatori, entrambi liberi pensatori, ma non senza contraddizioni: pacifisti dichiarati e allo stesso tempo appassionati di aerei da guerra. Regista e personaggio vogliono esprimere al meglio il loro genio, ma vedono anche l’impossibilità di cambiare la natura umana.

Per quanto possa elevarsi con l’ingegno, l’uomo sarà sempre spinto a uccidere l’altro uomo. Quindi, come Jiro guarda tristemente i suoi aerei che partono per la guerra, così Myazaki guarda con tristezza il suo ultimo film. Tuttavia proprio dal messaggio finale il film trae tutta la sua forza: bisogna tentare di vivere.

Nonostante il dolore e la morte siano sempre presenti, non bisogna perdere la fiducia nella vita. Ciò che ci affida tra le mani Miyazaki è un messaggio di gratitudine verso la vita e verso il pianeta, un messaggio di pace, che invita sognare, nonostante le delusioni, a vivere, nonostante tutto.

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