RNFF: Intervista ad Andrej A. Tarkovskij- Mio padre era un poeta

Emma Senofieni

Settembre 5, 2021

Resta Aggiornato

In occasione del Ravenna Nightmare Film Fest, abbiamo avuto l’immenso piacere di conversare privatamente con Andrej Andreevič Tarkovskij, figlio del celebre regista. Il festival ha presentato il suo film Andrej Tarkovskij. Il Cinema come Preghiera, un bellissimo documentario dedicato al padre, in cui Tarkovskij ci regala un’analisi approfondita e a tutto tondo della figura del grande artista russo.

Sebbene non siamo riusciti a interagire personalmente a causa della situazione emergenziale di questo periodo, rivolgersi direttamente ad Andrej è stata senza dubbio un’esperienza molto emozionante. Una lunga conversazione in cui abbiamo avuto l’occasione non solo di parlare di Tarkovskij e della sua poetica, ma anche di svariati e interessantissimi temi.

Ha scelto di raccontare suo padre attraverso le sue stesse parole. Lei sembra rimanere in disparte, non intervenendo in prima persona. Perché questa scelta in particolare?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Con questo film desideravo presentare mio padre così com’era, senza i filtri di critici o professori. Su di lui è stato scritto moltissimo, tanto che a volte sembra che lui stesso passi in secondo piano. Ovviamente la mia presenza c’è, perché ho selezionato il materiale, ma volevo proprio che fosse lui a parlare.

Nel film è chiara la concezione di cinema che aveva suo padre. Per Lei, invece, cosa rappresenta la settima arte?

Andrej Andreevič Tarkovskij

A livello artistico sono stato formato da mio padre. È stato il mio maestro. La realizzazione del film mi ha aiutato a comprendere ancora di più quanto io e lui la pensiamo allo stesso modo su molte cose. Condivido pienamente la sua idea di cinema e di arte.

Il cinema, in particolare, è un’arte bellissima, ma spesso considerata un’appendice. Invece è allo stesso livello della musica o della pittura: è certamente più complessa da realizzare, in quanto si tratta di una forma d’arte che richiede molto denaro. Ma, al di là di questo, il Cinema è un’arte poetica, che permette di conoscere il mondo e di approfondire il proprio percorso spirituale. Un regista è un artista completo: per questo, più che un regista, mio padre era un poeta.

Ha accennato alla spiritualità, elemento fondamentale nel cinema di Tarkovskij. Ritiene che oggigiorno il mondo abbia bisogno di spiritualità?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Purtroppo la ricerca spirituale è carente in ogni epoca. Mio padre lavorava in Unione Sovietica, in un’epoca in cui qualsiasi questione spirituale che oltrepassasse il realismo socialista era bandita. È un miracolo che sia riuscito a girare i suoi film. In fondo, un artista è un combattente, una figura drammatica che reagisce all’abbruttimento del mondo. Oggi invece secondo me il problema è diverso. Ci consideriamo tutti artisti e il nostro lavoro è una mera forma di autoespressione, di individualismo. Il vero senso dell’arte è invece il servizio, al proprio talento e al proprio popolo. Oggi la parola “servizio” è un’offesa.

Infatti, come riportato dal film, suo padre una volta disse: «dovremmo cercare il Male in noi stessi, non negli altri».

Andrej Andreevič Tarkovskij

Esattamente. I più grandi disastri della Storia sono nati perché volevamo raddrizzare gli altri, anziché noi stessi. Come se un nemico ci servisse per forza.

Ha accennato alle ingiustizie che suo padre ha dovuto subire in Unione Sovietica. Nonostante questo, Lei ha mantenuto un legame con la sua terra d’origine?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Da russo, sono molto legato al mio Paese d’origine. Nonostante io viva in Italia, ci vado spesso. La Russia ha attraversato un periodo difficile in passato, ma fortunatamente ora le cose sono migliorate.

Secondo Lei, ora in Russia un artista può esprimersi liberamente?

Andrej Andreevič Tarkovskij

La libertà è un concetto abbastanza relativo, in qualunque luogo. D’altronde un artista deve capire il proprio tempo e il proprio Paese, nonostante tutti i problemi politici che ci possono essere. Negli anni ’70, mio padre era comunque seguito e molto amato dal pubblico. La cultura e la politica di un Paese sono due cose diverse secondo me. Nonostante tutti i problemi che ci possono essere, considero la Russia un grande Paese, che è cambiato molto e che ha ancora molto da dire. Purtroppo oggi c’è una crisi artistica e culturale che coinvolge tutto il mondo. Proprio per questo motivo ho sentito la necessità di realizzare questo film: è incredibile l’attualità delle parole di mio padre, la veridicità delle sue profezie.

Ha detto che il compito di un artista è raccontare la realtà. Secondo Lei, quale rapporto c’è tra il cinema di suo padre e la realtà?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Certamente ogni film di mio padre ha una forte componente autobiografica. Un poeta come lui deve raccontare la realtà. Anzi, la trasfigura, ce la fa scoprire, perché riesce a vederla con un raggio più ampio e profondo. Come lui stesso diceva, l’essere umano non può parlare di cose che non conosce. È solo attraverso questo senso di verità che nasce la condivisione con il pubblico. Molti spettatori, dopo aver visto un suo film, affermano “ma parla di me!”.  Si crea così un’empatia, un idem sentire: questo accade solo se il poeta racconta la verità.

Non a caso, fondamentale nei film di suo padre è il tema dell’infanzia.

Andrej Andreevič Tarkovskij

Certo, per tutti i grandi artisti l’infanzia è importantissima. Mio padre diceva che bisogna guardare i film con gli occhi di un bambino, perché a quell’età non si hanno ancora quei filtri intellettuali che bloccano e limitano le nostre emozioni. Proprio per questo lui credeva che i più umili spettatori lo comprendessero molto più dei critici. Secondo lui un suo film non andava visto, ma vissuto.

Per questo motivo i critici non sono mai riusciti a inquadrarlo: mio padre non era un regista, ma un poeta e un filosofo. Tra i suoi maestri non includeva mai personalità del cinema, ma altri artisti come pittori e poeti, soprattutto dell’epoca d’argento della poesia russa. Mio padre era un grande pensatore che, al posto delle parole, utilizzava le immagini.

Tarkovskij

Abbiamo parlato dell’importanza della spiritualità. Suo padre era un uomo molto religioso. Che rapporto aveva però con l’istituzione ecclesiastica?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Certamente la Chiesa Ortodossa è molto differente da quella Cattolica. Anche a causa delle persecuzioni subite negli anni, non entra nella vita laica e politica del Paese. Anzi, permette all’individuo di avere un rapporto molto più intimo e diretto con Dio. Mio padre non era un dogmatico, ma era profondamente credente. Possedeva una profonda cultura cristiana, come d’altronde molti suoi maestri come Tolstoj e Dostoevskij.

Suo padre, tra i suoi, aveva un film che prediligeva?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Mio padre non era mai soddisfatto dei suoi film, trovava sempre dei difetti. Probabilmente Stalker è l’unico che sia riuscito a convincerlo davvero, perché è il film che riassume meglio il suo pensiero come artista. In generale, però, era molto severo con se stesso.

Lei invece? Ne ama uno in particolare?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Certamente Stalker mi è molto caro, perché l’ho visto nascere. Avevo dieci anni ed ero sul set, quindi l’esperienza mi è rimasta particolarmente impressa. Però devo dire che amo rivedere ogni suo film senza preferenze particolari. Le opere di mio padre hanno sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Ogni visione è diversa perché ogni volta noi spettatori siamo diversi.

Tarkovskij

Un’ultima domanda. Tempo fa ha affermato di stare realizzando un’opera di fiction. Ci può dire di cosa si tratta?

Andrej Andreevič Tarkovskij

Sì, ci sto lavorando, ma è ancora presto per fornire dettagli. Certamente è un progetto che non riguarderà più l’opera di mio padre, ma per ora c’è ancora molto da definire. Purtroppo l’emergenza Covid-19 ha creato numerose difficoltà, quindi anche il mio lavoro è rimasto in sospeso. 

Leggi anche: Lo Specchio di Tarkovskij- Tra immagini implose e memoria

Correlati
Share This