Carga – Oltre il Male non c’è Ritorno [Con Intervista al regista in Italiano e Inglese]

Francesco Malgeri

Novembre 3, 2018

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Bruno Gascon, alla sua opera prima, porta al Ravenna Nightmare film festival le tragica storia di un’umanità svenduta, trafficata, sfruttata, svilita. La cruda ma persistente realtà mostrata nel film prende alla gola, colpisce allo stomaco, attraverso uno stile registico che non bada ad edulcorazioni ne ad eccessivi mascheramenti. Carga è un film reale, e che mostra una realtà che esiste.

Carga

L’odissea di Victoriya, ragazza russa caricata e scaricata come una merce qualsiasi, offesa, stuprata, abusata come fosse un mero passatempo, il giocattolo personale di spietati e squallidi individui della criminalità organizzata est europea. Dai suoi occhi ci viene mostrata un’umanità affondata sotto i colpi di una disumanità talmente crudele, ma al contempo talmente reale da lasciare difficilmente indifferenti.

Una disumanità che non può non riportare alla mente, in maniera decisamente inquietante, le sofferenze patite dalle milioni di persone vittime della crudeltà del nazismo; fuggire dalla rete del commercio umano russo equivale, di fatto, al fuggire dai lager nazisti, al perdere completamente il ricordo della persona che precedentemente si era stati. Una disumanità che distrugge dall’interno, che impedisce ogni qualsiasi speranza di guarigione fisica ma soprattutto mentale, spirituale, umana.

Carga

Il personaggio del portoghese Antonio, costretto a guidare il camion dal quale la merce umana viene regolarmente scaricata, è l’altro volto del film, l’altro significato di Carga, che oscilla tra il letterale significato, carico, al significato figurato, ovvero vergogna, peso spirituale che ti accompagna perpetuamente e persistentemente. Antonio è un uomo buono, candido, costretto a fronteggiare giorno dopo giorno la carga di una disumanità che egli stesso perpetua, pur non volendolo e non essendone il principale esponente.

L’incontro tra le due facce di Carga, tra Victoriya ed Antonio, ci mette di fronte il significato intrinseco del film, ciò che crudelmente ed aggressivamente ci è stato mostrato lungo le sequenze: un contatto, seppur fugace ed estemporaneo, tra le due personalità segna il punto di svolta per entrambi, lo snodo delle loro storie, il momento nel quale il peso della loro carga giungerà all’apice.

Victorya riuscirà a fuggire, consapevole che non potrà mai più tornare la persona di prima, mentre Antonio troverà l’espiazione dei suoi peccati attraverso un tragico suicidio. Il film si chiude così com’era iniziato, in modo tragico, crudo, ma al contempo reale.

Carga

Abbiamo avuto l’immenso onore di intervistare il regista Bruno Gascon, e di riportarvi così le sue parole riguardo il suo primo potente lavoro.

Mi sono sentito estremamente toccato dal film, e non è così comune per un film così realista stabilire questo tipo di contatto emotivo con lo spettatore. La domanda che volevo farle è: come restringere la prospettiva sull’umanità intrinseca nascosta sotto la disumanità che compone il film? Inizialmente il film voleva raccontare l’umanità o la disumanità?

-Beh, principalmente il film parla molto di umanità: l’idea era di creare un universo il più reale possibile. Lavorare con attori del genere è stato molto facile, perché sono molto professionali ed esperti, mi hanno aiutato molto a creare questi personaggi e costruire la loro personalità attraverso diverse sfumature con lo scopo di raccontare una realtà, e in questo caso la violenza aiuta a stabilire una comunicazione diretta con lo spettatore, in modo tale da mostrare un problema che esiste ed è reale.

A proposito di questo, un momento in particolare del film ha catturato la mia curiosità, il momento della morte di Victor. Il suo personaggio è presentato, come da lei dichiarato, come completamente assorbito da tale disumanità e tale crudeltà, ma in quel momento ho notato una lacrima illuminare i suoi occhi; questo vuol dire che l’umanità ha fatto breccia anche dentro di lui, in quel particolare momento?

-Certo, c’è umanità in ogni singolo personaggio del film. Come nella vita reale, non ci sono solo persone buone e persone cattive, ognuno di noi ha dei sentimenti, ognuno di noi trova una ragione in quello che fa. Nessuno, guardandosi dentro, potrà mai pensare di essere una persona cattiva, e questa è la risposta che do a me stesso costantemente.

Questo è assolutamente vero, nessuno potrà mai pensare di essere un mostro; forse perché ognuno di noi trova modi per razionalizzare, per vedere le cose sotto una luce migliore.

-Beh, ciò che cerco di dirti è che è vero, nessuno di noi potrà mai pensare di essere una persona cattiva, ma come tutti al mondo, commettiamo scelte sbagliate. Ciò che voglio mostrare attraverso il personaggio di Victor è un’anima fredda, manipolatrice che prova sentimento come ogni altro. Questo è chiaro nella scena che hai citato, durante quel dialogo: lui prova qualcosa per quella ragazza, proprio come nella vita reale, poiché non ha importanza quanto freddo tu possa essere, proverai sempre qualcosa per qualcuno. Questa è sempre stata l’idea: di mostrare la vita reale, a prescindere dalla crudeltà.

Ma in questa realtà, nella crudeltà che avvolge i personaggi, c’è un modo per ottenere la redenzione, o hanno tutti superato il limite del peccato possibile?

-Sì, possono ottenere redenzione, ma ognuno a suo modo, ognuno seguendo il proprio cammino. Ad esempio, il personaggio di Antonio si suicida per trovare redenzione; non può più sopportare la consapevolezza che tutto ciò che fa sia per denaro, non può più sopportare il fatto che egli trafficava persone per denaro, e questo carico si è fatto enorme per lui con l’andare del tempo. Così, cerca l’espiazione attraverso il suicidio perché non può sopportare il fatto che la sua famiglia sappia che è un mostro, e questo è il suo unico modo per trovare redenzione.

E a proposito del personaggio di Antonio, vorrei chiederle riguardo la scena nella quale confessa i suoi peccati a Victoriya. Si è trattata solamente di una confessione a se stesso, poiché consapevole che Victoriya non potesse capirlo, o c’era una qualche sorta di empatia tra i due personaggi, nonostante l’impossibilità di comprendersi?

-Questa è una bella domanda, perché effettivamente Antonio sapeva che Victoriya non poteva capirlo, di fatto egli cercava codardamente di confessare a se stesso i suoi peccati, non a lei. Sapeva che non avrebbe potuto rivelarli a nessuno, per questo si è trattato di un tentativo di lasciar uscire tutti i suoi pensieri, ma in modo egoistico. Lui sa e ha sempre saputo di essere un codardo, in quel momento come in ogni momento del film.

Volevo farle un’ultima domanda, riguardante la scena finale nella quale vediamo Victoriya sopravvivere: vorrei sapere se, nella sua visione, lei sarà mai capace di vivere di nuovo, non fisicamente ma soprattutto mentalmente.

-No, non lo sarà, perché ognuno lungo il corso del film viene segnato profondamente da questa esperienza, tanto che un ritorno alla vita precedente è impossibile. Non sarà mai più una persona normale, nonostante sia riuscita a sopravvivere, perché è bloccata, è imprigionata in quell’esperienza; ciò che accade con i sopravvissuti del traffico umano è che non avranno più il coraggio di uscire di casa, o di incontrare persone nuove. Chi pensa che si tratti di un happy ending ha profondamente torto, perché nonostante siano sopravvissuti non saranno più le persone di prima.

E c’è in questo una sorta di parallelismo con i sopravvissuti della seconda guerra mondiale, con i prigionieri sopravvissuti ai lager?

-E’ curioso che tu me lo chieda, perché il tema della seconda guerra mondiale mi ha sempre ispirato. Il mio film mostra di fatto persone che provano sensazioni equivalenti a quelle dei sopravvissuti dei lager, e probabilmente ho inconsciamente provato ad esprimere lo stesso tema. Perché l’umanità è questa.

English version below

 

I felt very touched from the movie, and it’s not so common for a realist film like that to reach this levels of emotional communication with the spectator. The first question I want to ask you is: how does one restrict the perspective on humanity while dishumanity itself is the main element of the movie? I mean, the movie you wanted to make was about humanity or dishumanity?

-Well, basically the movie talks a lot about humanity; the idea was to create this universe as real as possible. Working with these actors was actually very easy, because they’re very professional and experienced, they helped me a lot to create these characters and give their personality a lot of layers in order to tell a reality, and in this case the more violent the film the more direct the communication with the spectator, in order to show that this problem exists and it’s real.

Speaking of which, a very particular moment of the movie caught my curiosity, the moment of Victor’s death. His character is presented, as you said, as completely absorbed by this kind of dishumanity and this kind of cruelty, but in that moment I saw a tear dropping from his eye; does that mean that humanity touched him as well, in that part of the movie?

-Yeah, there’s humanity in every single character of the movie. Like in real life, there aren’t only good people and bad people, everyone has feelings, everyone finds a reason in what they do. Actually, looking inside themselves, no one could ever think that they’re a bad person, and that’s a question that I constantly ask myself.

That’s so true, nobody could ever think they’re monsters; maybe because people always find ways to rationalize, to see things under a better light.

-Well, what I’m actually trying to tell you is that that is right, nobody could think they’re bad people, but like everyone in the world, they make bad choices. What I want to show through Victor’s character is a cold and manipulating soul that has feelings like everyone else. That’s clear in the scene you mentioned, during that dialogue: he has feelings for that girl, he feels something for her, and that’s like in real life, a life in which it doesn’t matter if you’re the coldest person in the world, you’ll always feel something for someone. That has always been the idea: to show people real life, no matter how cruel it is.

But in all this reality, in the cruelty that involves all the characters, is there a way to obtain redemption, or have all of them overcome the limit of the possible sin?

-Yeah, they can be redeemed, but everyone finds his way to get redemption, everyone follows his own path. For example, the character of Antonio commits suicide to find redemption; he couldn’t stand the awareness that he was doing everything for money anymore, he couldn’t bear that he was trafficking people for money anymore, and that was an huge carga for him to bear. So he tries to get redemption through committing suicide because he couldn’t stand for his family to know that he’s a monster, and that’s the only way for him to find some sort of inner redemption.

And about Antonio’s character, I’d like to ask you about the scene in which he confesses his sins to Victoria. Was that only a confession to himself, because he knew Victoria couldn’t understand him, or was there some sort of empathy between the two characters, despite the non-understanding?

-That’s a good question, actually, because Antonio knew Victoria couldn’t undestand him, he was cowardly trying to confess his sins just to himself, not to her. He knows she wouldn’t tell anyone about that confession, so that was an attempt to let go of all his thoughts in a kind of selfish way. He knows and he’s always known that he’s a coward, in that moment like any other throughout in the movie.

I wanted to ask you the last question. In the final scene of the film we see Victoria surviving, but I’d like to know if, in your vision, she will be able to live again, not phisically but mentally?

-No, she won’t, because everyone throughout the movie gets so broken that a return to the previous life is impossible. She will never be a normal person again, even if she managed to survive that situation, because she’s stuck, she’s imprisoned in those thoughts; what happens with the survivors of human trafficking is that they’ll never find the courage to leave their house again, or to see people again. People thinking that this is an happy ending are wrong, because despite surviving she’ll never be who she used to be anymore.

And is there a sort of parallelism with the survivors of world war two, the prisoners in the lagers?

-It’s curious you ask me that, because I always liked the theme of world war two. My movies basically show people feeling the same way of lager’s survivors, and probably I unconciously tried to express the same theme. Because that’s humanity.

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