Magnolia – La poetica dell’improbabile

Tommaso Paris

Giugno 25, 2019

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Magnolia – La poetica dell’improbabile

«Ci si imbatte in strane storie, fatte di coincidenze e di fatalità, di vicende che si intersecano, e di come e di perché, e di chi può saperlo. E noi di solito commentiamo: “beh, se l’avessi visto in un film, non ci avrei creduto!” Il parente di qualcuno incontra l’amico di qualcun altro e così via. L’umile opinione di questo narratore è che di cose strane ne accadono in continuazione, è sempre così, è sempre stato così e il libro dice: “noi possiamo chiudere col passato, ma il passato non chiude con noi”».

Perché accade quel che accade? Tutto appare profondamente connesso. Eppure tutto sembra succedere misteriosamente per caso.

Magnolia racconta l’accadere di nove storie, storie di personaggi con vite ed esperienze diverse, ma accomunati da un medesimo filo rosso. Sono storie che si sfiorano senza mai toccarsi. Storie che, come fossero petali di uno stesso fiore, radici di uno stesso albero, gocce di uno stesso mare, lacrime di uno stesso pianto, succedono, semplicemente.

Questi petali, sulle note del loro armonioso incontro, intreccio e scontro, sono in grado di donare la luce a un meraviglioso fiore, a Magnolia, curato attentamente dal fioraio, dal narratore, da Paul Thomas Anderson.

L’autore compone un immenso affresco raccontando la danza di nove personaggi che, durante un solo giorno nella San Francisco Valley, per una serie di coincidenze, stranezze e fatalità, banalmente si incontrano.

Magnolia
Tom Cruise in “Magnolia” (1999)

Il dipinto inizia ad acquisire forma dalle prime destinali pennellate, dalla volontà di Earl Partridge, un tempo un grande uomo di spettacolo che, malato di cancro sul letto di morte e ricolmo di rimpianto, supplica il proprio infermiere, Phil Parma, di realizzare il suo ultimo desiderio: rivedere il figlio che in passato decise di abbandonare.

Quel rimpianto, ora con il nome di Frank Mackey, è un famoso motivatore che insegna agli uomini come rimorchiare bellissime donne.

Nel mentre, Linda Partridge, la giovane moglie di Earl, è distrutta dal rimorso per avere tradito il marito, e dalla consapevolezza che il suo amore per lui ha trovato la massima espressione e autenticità solo ora, davanti alla morte.

In qualche strano modo, le gocce di questo mare, compiendo strade diverse, si incontrano e danzano sulle note di Aimee Mann.

Così diviene reale anche la storia di Jimmy Gator, eterno conduttore di un programma televisivo a quiz con bambini dai sorprendenti talenti, che, scoprendo di avere due mesi di vita a causa di un tumore, decide di ricontattare sua figlia. Claudia, la figlia, non si lascia avvicinare dal padre perché adombrata da indelebili ricordi, decidendo così di fuggire da tutti e da se stessa immergendosi nel mondo della cocaina.

Eppure le radici di questo albero appaiono infinite, poiché Claudia, per un’altra onda di stranezze, incontra Jim Kurring. Questo è un poliziotto che, volendo semplicemente fare ciò che è giusto in ogni momento della sua vita, si innamora follemente di lei.

Quest’ultimo avrà anche a che fare con le disavventure di Donnie Smith, un vecchio concorrente del programma di Jimmy Gator, un bambino prodigio che, ormai in totale crisi di identità, ha fallito nel divenire adulto. Sullo sfondo, ripercorrendo i passi e le sfumature di diverse storie, viene narrata la vita di Stanley Spector, un piccolo genio che, costretto dal padre, partecipa a questo famoso programma televisivo.

John C. Reilly e Melora Walters in “Magnolia”

In questo mosaico composto da amore, rimpianto, perdono, sofferenza e speranza, i personaggi di queste storie stanno semplicemente cercando la propria strada, ma, subendo la coincidenza degli eventi, si ritrovano a dialogare con il fato, a ricercare un destino nel caso.

L’accadere di queste storie appare inspiegabile, assurdo, irripetibile e puramente casuale, poiché risulta totalmente ingiustificato. Non sembra mostrare un principio ordinatore o qualche destinazione finalistica, ma nemmeno seguire i rigidi dettami del caso. Eppure, è successo. È semplicemente successo, come un soffio nel vento.

Proprio come la danza delle vite di Magnolia, la probabilità che questo momento, questo esatto momento, accada proprio come sta accadendo è infinitamente bassa e irrisoria.

Quel determinato sguardo che incrociamo semplicemente camminando per strada, quella canzone scoperta proprio in un certo periodo della nostra vita, l’incontro di quell’amore, esattamente in quel tempo, in quello spazio, in quelle emozioni, sta capitando proprio nella nostra realtà.

Nel suo succedere, la vita, qualunque essa sia, mostra una disarmante e autentica unicità. In questo senso, come disse qualcuno, l’improbabile è più probabile del probabile.

Paul Thomas Anderson, mostrandoci la profondità insita nella superficie della storia dei personaggi, ci conduce nella loro vita, nei sentimenti, nelle fragilità, e ci permette così di vivere al fianco dei loro demoni. Ma ciò ci condanna anche ad annegare insieme a loro, perdendoci nelle tormentose acque del loro passato.

Eppure qualcosa accade. Qualcosa è come se ci consentisse di ricordare immediatamente come nuotare, come respirare, come vivere. Il regista così racconta di una pioggia di rane che colpisce la città e la vita dei protagonisti. Da questo momento in poi riusciranno a ricordare come poter galleggiare e sistemare le proprie esistenze.

Ma perché una pioggia di rane? Un evento che, rivolgendosi alle storie del prologo, succede senza alcuna spiegazione. «Succede, sono cose che accadono…». Sono semplicemente avvenimenti che capitano. In questo caso, al posto di essere acqua, ci sono delle rane che cadono dal cielo. E infatti, nessuno dei personaggi se ne stupisce, è una cosa che capita.

Per quanto assurdo possa sembrare, con la stessa probabilità con cui accade la nostra vita, potrebbe esserci una pioggia di rane.

Magnolia
La pioggia di rane

Fortunatamente Paul Thomas Anderson mostra la pioggia di rane, altrimenti avremmo pensato che potesse essere tutto vero: una storia appartenente alla vita di tutti i giorni. Così ci siamo accorti che stavamo guardando “solo” un film.

In realtà, la verità è che tutto può essere vero. Nulla è davvero impossibile, poiché l’improbabilità che permea l’accadere narrato da Anderson è equiparabile a quella della nostra vita.

Nel film l’autore rappresenta vite, semplicemente vite umane che si sfiorano, si toccano, sussurrano. Non sono vicende reali, ma potrebbero esserlo. Sono uniche allo stesso modo, poiché la nostra vita, ci racconta il narratore di Magnolia, è proprio come fosse un film.

Phil Parma: «Senta so che sembra pazzesco e che io faccio la figura dello stupido, come se stessi girando la scena di un film dove il vecchio morente cerca il figlio, ma mi creda, siamo in quella scena. Ora siamo in quella scena. Io credo che mettano queste scene nei film perché corrispondono alla verità. Capisce? Perché succedono veramente. E lei deve credermi perché sta accadendo, qui, in questa casa. Facciamo così: ora le do il mio numero e fa tutti i controlli che vuole e poi mi richiama. Ma per favore non può lasciarmi in questa situazione. Glielo chiedo in ginocchio, la supplico. Questa è la scena del film in cui lei mi viene ad aiutare».

In questo modo, Paul Thomas Anderson ci rivela come ogni fiore possieda petali la cui storia vale la pena di essere raccontata, ogni pianto mostri lacrime con sfumature che chiedono di essere narrate, ogni vita umana sia talmente unica e inspiegabile che necessita di essere vissuta nella sua più inaspettata totalità.

Le ultime parole di Wise Up, una delle canzoni di Aimee Mann che accompagnano l’intera narrazione, recitano «No it’s not going to stop, ‘Til you wise up, No it’s not going to stop, So just give up». L’autore ci suggerisce così di abbandonarsi agli eventi, di lasciare che le cose accadano e imparare a riconoscere la meraviglia che, sotto sotto, si nasconde nelle imprevedibili trame di ogni momento della nostra vita. 

In altre parole, Jean-Paul Sartre sosterrebbe che bisogna trasformare la contingenza in passione.

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