Di cosa si parla quando si parla di Birdman – Riggan Thomson e Raymond Carver

Americo Palermo

Gennaio 31, 2021

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Mike Shiner: «Voglio sapere una cosa: perché Raymond Carver?»

Alla domanda posta dal collega, il protagonista di Birdman Riggan Thomson risponde che la decisione di portare in scena l’adattamento all’opera di Carver Di cosa parliamo quando parliamo d’amore deriva da un incontro avvenuto in passato con lo scrittore americano:

Riggan Thomson: «Ero un ragazzo al liceo, recitavo in uno spettacolo a Syracuse e Carver era tra il pubblico. A fine serata mi mandò questo, un bigliettino con scritto “Sei stato bravissimo. Grazie. Ray Carver”. Così ho capito di voler fare l’attore. In quel momento».

Spinto da moti di rivalsa e dalla voglia di distaccarsi dal classico ruolo in cui un attore rischia di restare imprigionato per tutta la carriera, egli decide quindi di cimentarsi in un’opera teatrale sulla base di un racconto, probabilmente senza però essere del tutto consapevole di cosa si parla quando si parla dell’autore americano. Eppure quanti sono i punti in comune tra i due? Riggan può essere considerato un personaggio carveriano? Quanto Raymond Carver c’è in Riggan Thompson?

Di cosa parliamo quando parliamo di Birdman

“Una cosa è una cosa, non quello che si dice di quella cosa”

In Birdman (2014) Iñárritu mette in scena la storia di Riggan Thomson, protagonista di un cinecomic che dopo avergli dato soldi, fama e successo lo ha relegato ai margini con un’etichetta di mediocrità appesa al collo: è da questo che il protagonista del film cercherà di emanciparsi, provando a dimostrare che in realtà c’è molto di più oltre quella maschera da uccello indossata per tanti anni, che, come dice il bigliettino incollato al suo specchio, una cosa è una cosa, non ciò che si dice di quella cosa. Per fare questo sceglie forse la via più difficile, quella di Broadway, del teatro impegnato, di quel Raymond Carver che nei suoi racconti mette spesso in scena l’ordinario, istantanee di vite scattate in un giorno qualunque. Lo scrittore statunitense difatti ha sempre scelto di narrare persone ordinarie le cui storie non hanno nulla di apparentemente fuori dal comune.

I personaggi di Carver non sembrano aver vissuto un prima né un dopo, sono semplicemente calati in un luogo qualsiasi, in una giornata qualunque, alle prese con banali discussioni, conflitti, rimpianti.

Eppure, la straordinarietà sta tutta in questo, nel fatto di aver saputo mostrare i personaggi al mondo senza sovrastrutture, edulcorazioni, senza trucchi: essi sono nudi, esattamente come Riggan Thomson nel momento in cui decide di volersi liberare dal personaggio di Birdman per mostrare a tutti che lui esiste anche, e soprattutto, al di fuori di quel costume da supereroe indossato tanti anni prima. Come accade in un qualsiasi racconto dell’autore americano, la storia di Riggan Thomson è quella di un uomo il cui passato è solo intuibile: grazie ai dialoghi infatti capiamo che il protagonista ha avuto un’ascesa travolgente a cui è seguita una caduta altrettanto clamorosa, ma effettivamente non ci viene mostrato nulla di tutto questo.

L’intero film si svolge quasi del tutto in un teatro, tra prove ed anteprime che precedono lo spettacolo vero e proprio, e i personaggi si alternano tra corridoi, camerini, palco, dandoci attraverso quella temporanea quotidianità solamente un’idea di ciò che sono, delle loro aspirazioni, delle debolezze che li caratterizzano.

Proprio per questo, per la loro vicinanza alle creature di Carver, sembra quasi che la sottile linea che separa gli attori dalle quattro figure sedute al tavolo a bere gin come nel racconto dello scrittore diventi quasi invisibile, che a un certo punto non sia più distinguibile il confine tra finzione e realtà.

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

Riggan Thomson: un personaggio carveriano

Quando Riggan Thomson, al termine dello spettacolo, entra in scena con una pistola e pronuncia le sue ultime battute, è il personaggio di Carver a parlare? Egli sta recitando una parte o sta rivelando a tutti ciò che davvero lo tormenta? Il protagonista ha lottato per anni contro il suo doppio, contro quell’immagine che ormai il mondo ha di lui e che lo ha perseguitato fino a renderlo folle e quelle parole pronunciate al termine dello spettacolo suonano come una vera e propria confessione prima del drammatico finale: il suicidio che vediamo in scena diventa così un reale tentativo di suicidio e precede quello vero che ci sarà di lì a poco.

Riggan Thomson nell’ultima scena dello spettacolo

Riggan Thomson: «Cos’ho che non va? Perché devo implorare per essere amato?».

Riggan ha lottato per gran parte della sua vita con la paura di essere dimenticato, di non essere più amato dal pubblico e, quindi, sostituito, cosa che effettivamente nella sua Hollywood è successo. La crisi di mezza età che l’ha investito ha sicuramente radici più profonde: egli è continuamente bombardato dal nuovo che avanza, da attori più giovani, più belli, magari anche più bravi, sicuramente con un successo maggiore del suo. Il non sentirsi più al centro del suo mondo lo ha portato nel corso degli anni alla distruzione del suo nido familiare, con una moglie tradita e una figlia finita in rehab a causa del suo ego. Trasferirsi a Broadway diventa così il nuovo fulcro della sua esistenza, la sfida per eccellenza in cui egli si gioca tutto, credibilità, fama, soldi, affetti.

Riggan Thomson: «Volevo essere come tu mi volevi. Ora non faccio altro che cercare di essere qualcuno o qualcosa che non sono».

Egli prova così a diventare qualcun altro: è stato un marito infedele, un padre assente, una celebrità più che un attore e tenta maldestramente di porre rimedio a tutto questo; in realtà egli è un uomo che ha fatto della ricerca della popolarità la sua ragione di vita e che ora prova a riconquistarla in un ambiente che non è il suo. Personificazione di tutto questo diventa la critica teatrale Tabitha Dickinson, che inizialmente lo rigetta etichettandolo come un corpo estraneo al mondo della vera arte qual è quello del teatro. In questo, Riggan finisce per somigliare allo stesso Carver, anch’egli vittima per tanti anni dell’etichetta di esponente del minimalismo da cui l’autore ha sempre tentato di distaccarsi.

Il tentato suicidio in scena

Riggan Thomson e Raymond Carver

«Non sono lo stesso scrittore di prima. Però so che tra questi quattordici o quindici racconti che ti darò ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l’idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver, e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici. Comunque io non sono loro, non sono noi, sono io»

(Raymond Carver)

Queste parole dello scrittore americano sono tratte da una lettera inviata al suo editore Gordon Lish: come accade per Riggan Thomson, anche Raymond Carver ha avuto una figura ingombrante alle spalle che ne ha fatto la fortuna, ma allo stesso tempo ha finito per tarparne le ali, facendo venir fuori solo parte del suo potenziale e, come scritto proprio dall’autore americano, rischiando di comprometterne l’equilibrio mentale.

Gordon Lish è stato infatti in qualche modo l’equivalente di Birdman per Riggan, un’ombra imponente difficile da estirpare. Ma se lo scrittore nel corso degli anni è stato capace di tagliar fuori quella figura e consolidare il suo successo senza di essa, per l’attore questo invece non accadrà, nonostante i disperati tentativi di mandarla via.

Quando alla fine del film, in un letto di ospedale, egli verrà a conoscenza del successo dello spettacolo e quindi della sua vittoria personale, sembra che tutto sia andato esattamente come voleva: tutti parlano nuovamente di lui, la critica è stata estremamente positiva, la moglie è al suo fianco e la figlia si lascia andare per la prima volta ad un abbraccio dolcissimo. Eppure, in realtà scopriamo subito che non è così, che quell’ombra è ancora lì ad aspettarlo e a parlargli come se niente fosse cambiato; è a quel punto che probabilmente Riggan Thomson capisce realmente qual è la sua natura, che quella proiezione altro non è che una parte di lui e pertanto è impossibile da estirpare se non con un ulteriore gesto estremo, l’ultimo volo della sua vita.

Riggan abbraccia la figlia Sam in ospedale

Carver, esattamente come Riggan, ha combattuto nel corso della sua breve vita per distaccarsi da un’immagine che non sentiva pienamente sua, contro un sistema letterario (rappresentato da Gordon Lish) che lo aveva inquadrato in una certa maniera ed aveva portato anche il pubblico a credere ad una menzogna, ad identificarlo con uno stile che non ha mai del tutto sentito appartenergli.

La frase scritta all’editore restituisce pienamente quel disagio, quella voglia di distaccarsi del tutto da una simbiosi che lo aveva portato a sacrificare una parte di sé pur di avere successo nel suo ambiente.

L’ultima immagine del film

Il finale di Birdman è ambiguo e quello sguardo al cielo di Emma Stone lascia allo spettatore il dubbio che Riggan Thomson sia davvero riuscito a volare via da quella finestra senza precipitare al suolo, di sfuggire alla gravità fisica e a quella metaforica che lo tiene ancorato ad un ruolo non più suo. Ma se invece si fosse salvato? Se i superpoteri che per tutto il film abbiamo creduto essere solamente frutto della sua mente malata esistessero realmente? Se la figlia Sam fosse l’unica a poter vedere la vera natura del padre? Sul finale di Cattedrale, uno dei racconti più famosi di Carver, un uomo cieco aiuta il protagonista a disegnare una chiesa:

«Le sue dita guidavano le mie mentre la mano passava su tutta la carta. Era una sensazione che non avevo mai provato prima».

(Carver, “Cattedrale”)

Sam allora altro non sarebbe che quell’uomo cieco del racconto: tutti credono che egli non sappia come sia fatto il mondo che lo circonda, eppure è lui che realmente vede la natura delle cose, che guida l’amico vedente nel disegno di una cattedrale, perché è l’unico capace di andare fuori dagli schemi avendo dovuto lottare tutta la vita a causa della sua condizione. Forse Sam, grazie all’amore che la lega al padre, in quel momento non vede un uomo che precipita al suolo ma riconosce l’unico atto liberatorio che finalmente può portare una serenità eterna a Riggan.

Iñárritu stesso non si è mai sbilanciato sul significato di quell’ultima inquadratura, ma alla fine sapere con certezza cos’è successo davvero è rilevante? E’ importante conoscere ciò che avviene prima o ciò che accadrà dopo ai protagonisti dei racconti di Carver, una volta terminata la lettura?

Il senso delle loro storie è tutto lì, in quelle istantanee, nell’ordinaria quotidianità di cui siamo a conoscenza e che caratterizza le vite di ciascuno di noi. Qualunque cosa sia successa a Riggan Thomson, qualunque sia l’interpretazione che diamo al sorriso di Sam mentre guarda il cielo, in un modo o nell’altro egli ha trovato il suo posto nel mondo. Anche lui, dopo aver lottato strenuamente contro i suoi demoni, proprio come Raymond Carver.

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