Nell’articolo precedente, incentrato sul personaggio di Vittoria, abbiamo visto come l’allontanamento dalla novella La balia di Pirandello sia avvenuto grazie a una diversa visione dei personaggi e dei loro ruoli sociali. Il cambiamento più evidente, in tal senso, riguarda Annetta, la vera forza motrice della versione filmica. Se infatti rendere emancipata una donna borghese di inizio ‘900 può apparire rivoluzionario, stravolgere la storia di una donna analfabeta e di umili origini immette nella narrazione istanze e cambiamenti impensabili e irrealizzabili nell’Italia giolittiana, e non solo.
Marco Bellocchio riscatta questa figura sin dal nome: Annicchia, che tradiva le sue origini contadine e siciliane, diviene Annetta.
Una prima visibile differenza riguarda anche l’aspetto fisico delle due versioni: Annicchia è bionda, Annetta invece è bruna. Cambiamento sicuramente condizionato dalla scelta dell’attrice – l’esordiente Maya Sansa – ma che, implicitamente, sancisce il suo essere più adatta al ruolo di balia. Una credenza popolare, infatti, considerava superiore il latte delle brune.
Le divergenze fra le due giovani, però, sono soprattutto di carattere e di attitudine. E ciò è evidente sin dal modo in cui entrano in contatto col mondo borghese della città. Annicchia viene scelta, è restia ad accettare il lavoro ed è terrorizzata all’idea di dover compiere un lungo viaggio da sola. Quando finalmente, dall’entroterra siciliano, giunge alla stazione romana, è disorientata e spaurita. Annetta, invece, decide liberamente di proporsi come balia. E da sola raggiunge la casa di Vittoria ed Ennio Mori, sebbene parta dalle medesime condizioni sociali del suo corrispettivo letterario.
La giovane, nella novella, non ha quindi una grande considerazione di sé, è rinchiusa nel suo ruolo di classe e non può, né sarebbe in grado, di riscattarsi e di vedersi protagonista del proprio cambiamento. Per Pirandello, infatti, la narrazione dell’analfabetismo di Annicchia attiene a una donna che non ha diritto all’istruzione. Un tale elevamento culturale metterebbe in crisi la devozione che la figura femminile deve all’uomo in una condizione di marginalità sociale, talmente tragica da condannare la balia a un isolamento annunciato.
Al contrario, Annetta «non vuole restare sempre uguale».
Trascorso un secolo tra la novella (1903) e il film (1999) – pur rimanendo inalterata l’ambientazione temporale – la ragazza può quindi desiderare un proprio riscatto sociale e un futuro migliore. Riscatto che, nelle innumerevoli chiavi di lettura di Bellocchio, può e deve avvenire a partire da radicali cambiamenti psicologici e culturali. E quindi Annetta immagina.
L’interessamento per i «movimenti interni» nasce durante una lezione del professor Mori, che le sta insegnando a leggere e scrivere. Questo suo desiderio scaturisce in risposta a un’esigenza emotiva: rispondere alle lettere del suo compagno. Un’evoluzione del tutto naturale viste le premesse del personaggio. Ma con risvolti, dovuti al contenuto dei carteggi di Titta Marullo, che stupiscono non poco Ennio, il quale sembra ridursi a un borghese illuminato che scopre altri orizzonti intellettuali e umani.
Il contadino qui diviene un colto insegnante, realmente partecipe della lotta politica e delle idee rivoluzionarie dell’epoca (la storia è ambientata nella Roma giolittiana). Non c’è più alcuna intenzione o volontà di prevaricazione nel personaggio, che sprona la compagna a evolversi, in nome di una parità sociale inconcepibile agli inizi del ‘900.
Titta Marullo: «Tu e il bambino non mi siete distanti. Quello che esiste non si può cancellare. Tu pensa a te stessa, a lui, a tutto l’amore che gli darai senza interesse, alla sua ingratitudine felice. Molte donne non sono che mogli obbedienti, si sono sposate per paura, per solitudine. Come le loro madri…per paura battezzano i figli e li educano alla paura…tu resta sempre una donna libera».
Ma, come nel caso di Vittoria, Annetta vive anche il rapporto con Mori in maniera completamente diversa rispetto ad Annicchia. La loro relazione, infatti, diviene più matura, intima e consapevole.
Se la giovane è votata naturalmente al cambiamento e possiede uno spontaneo e quasi viscerale istinto di emancipazione, il maturo professore ha bisogno di una spinta per intraprendere il suo percorso di trasformazione. E la conoscenza sempre più personale della balia riuscirà laddove il matrimonio aveva fallito.
Nella novella, Mori mantiene le distanze nei confronti della ragazza e la difende dagli attacchi di sua moglie per semplice utilitarismo. Nel film, invece, si affezionerà sinceramente alla giovane e questo sentimento provocherà in lui dei lievi mutamenti: è la scoperta del “sentire” a diventare il motore del rapporto fra Ennio e Annetta, scoperta nutrita dagli impercettibili contatti fisici fra i due e dall’apertura dei propri orizzonti, in un travalicamento di ruoli di genere e di classe ancora una volta impensabile in Pirandello.
Annetta, quindi, semplicemente entrando in scena, innesca la reazione degli altri personaggi e determina l’azione narrativa centrale: l’allontanamento di Vittoria e il conseguente cambiamento del professor Mori. Il ruolo della balia, così estraneo, ma allo stesso tempo così essenziale, stravolge dall’interno gli equilibri della coppia e comporta l’esplodere di contraddizioni già esistenti.
E se Annicchia ricopre oggettivamente questo ruolo, per la sola circostanza del suo arrivo, Annetta nella sua crescita di conoscenza e consapevolezza vivrà soggettivamente e in maniera attiva la sua rinnovata condizione.
Per fare in modo che la protagonista possa muoversi liberamente e assumere in autonomia la sua nuova identità, Bellocchio modifica il suo status giuridico, poiché lei non è più sposata con Marullo. Emancipatasi dal gioco del marito, può inoltre decidere di allattare segretamente a Roma il suo bambino, che nella novella è invece destinato a perire per il ruolo passivo che lei ricopre.
Il regista, quindi, lavora sul personaggio della balia per scardinare la visione deterministica – e veristica – di Pirandello, giungendo a un finale molto diverso da quello della novella. Non più una conclusione zoliana, ma una prospettiva più ottimistica: dallo scontro primario tra la madre naturale e la balia si giungerà a un epilogo che nella pellicola verrà ribaltato dai trascorsi di un secolo (ricordiamo che nel racconto la giovane diventerà la serva, e l’amante, dell’assistente del signor Mori).
È quindi nel cambiamento di Annetta e nel suo non perdere mai la dignità che risiede l’essenza della pellicola: da donna sradicata dal suo territorio, “utilizzata” in una funzione così intima di nutrice e totalmente priva di prospettive culturali, diviene un personaggio capace di innestare, all’interno di una novella del 1903, le istanze di emancipazione così care al regista.
Istanze che ritroveremo anche nel personaggio di Maddalena, opposto, ma complementare a quello della balia.