Argo – La vera storia di un finto film che salvò sei vite

Valentina Palermo

Aprile 11, 2020

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Quando la realtà supera la fantasia… è esattamente questo ciò che è successo fra il 1979 e il 1980 in Iran nell’ambito dell’operazione Canadian Caper. Forse questo nome non vi suonerà per niente familiare, ma sono sicura che dicendovi che l’episodio ha ispirato il film di Ben Affleck, Argo, vi si accenderà una lampadina. Proprio così. La rocambolesca missione al centro della pellicola del 2012 è un fatto realmente avvenuto dopo la rivoluzione islamica iraniana, e non il frutto dell’immaginazione dell’attore e regista americano.

Se non ricordate esattamente di cosa stiamo parlando o se volete approfondire la vicenda, ecco la vera storia che ha ispirato il film Argo.

Argo

Argo: la crisi degli ostaggi

Nel 1979 lo scià Mohammad Reza Pahlavi, leader iraniano destituito in seguito alla presa di potere dell’ayatollah Khomeini, si recò negli Stati Uniti per curare un linfoma. L’Iran non gradì affatto che la superpotenza occidentale avesse offerto appoggio al loro ex governatore, così nel Paese si diffuse un forte sentimento anti americano.

L’odio nei confronti di Washington raggiunse il suo picco il 4 novembre del 1979, quando centinaia di militari e studenti assaltarono l’ambasciata statunitense a Teheran prendendo in ostaggio cinquantadue dei suoi dipendenti. Nel corso dell’attacco alcuni funzionari, che in quel momento si trovavano in un edificio secondario, riuscirono a scappare. Gli assalitori riuscirono a catturarne subito una parte, mentre altri sei fuggitivi trovarono rifugio presso le abitazioni di un diplomatico e dell’ambasciatore del Canada.

Argo

L’operazione Candian Caper

La situazione era davvero grave. I funzionari americani non potevano lasciare l’Iran con i loro documenti, perciò l’ambasciatore canadese che li ospitava contattò il suo Paese per trovare una soluzione.

Il governo di Ottawa inizialmente propose di dare ai sei americani dei passaporti canadesi. C’era però un grosso problema, e cioè che per ripartire avrebbero comunque dovuto giustificare il motivo della loro visita in Iran. Per venire a capo della questione, il Canada e gli Stati Uniti misero quindi in piedi l’operazione Canadian Caper. La mente del progetto fu Tony Mendez, agente della CIA esperto di esfiltrazioni che mise a disposizione non solo la sua esperienza sul campo, ma anche tutta la sua fantasia.

Argo

Argo, il finto film di fantascienza

Mendez decise di spacciare i sei funzionari per membri di una troupe cinematografica. Secondo il piano, il motivo della presenza in Iran del gruppo sarebbe stato quello di fare dei sopralluoghi prima di girare Argo, film di fantascienza ispirato al romanzo di Roger Zelazny Il Signore della Luce.

L’agente studiò ogni singolo particolare per rendere la storia il più credibile possibile. Per prima cosa, grazie alla collaborazione di un truccatore che aveva vaste conoscenze nel mondo del cinema. Egli allestì uno studio di produzione a Los Angeles chiamato Studio Six, nel caso in cui dall’Iran avessero voluto fare dei controlli più approfonditi. In seguito, orchestrò la campagna pubblicitaria del film, con la diffusione di una finta locandina, articoli sui maggiori magazine di spettacolo americani e perfino un party per festeggiare l’inizio della produzione. 

Poi arrivò il momento di agire sul campo. Tony Mendez, assieme a un suo collaboratore, si recò a Teheran e incontrò i sei fuggitivi. Spiegò loro il piano per filo e per segno e assegnò a ognuno una parte da interpretare. Il momento peggiore non era però ancora arrivato.

La fuga dall’Iran

Era il 27 gennaio del 1980 quando Tony Mendez, il suo complice e i sei cittadini americani giunsero all’aeroporto di Teheran con passaporti e nomi falsi. Il piano fu talmente convincente che il gruppo riuscì a passare senza problemi i rigidi controlli delle autorità. Il destino decise però di tirare un ulteriore tiro mancino, perché gli otto dovettero aspettare diverso tempo prima di potersi imbarcare sul velivolo della Swissair a causa di alcuni guasti meccanici. Per fortuna non vi furono altri inconvenienti, così dopo un’attesa estenuante tutti riuscirono a partire  alla volta della Svizzera.

Giunti a Zurigo, Mendez e i fuggitivi poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo e tornare in patria. In un primo momento gli Stati Uniti decisero di negare il loro coinvolgimento nel piano affidando tutto il merito dell’operazione al Canada. Questo perché nel frattempo l’ambasciata canadese a Teheran era chiusa, mentre nelle mani dei militari restavano ancora cinquantadue ostaggi statunitensi la cui liberazione avvenne solo molto tempo dopo.

Da una parte Tony Mendez. Dall’altra i funzionari assieme al presidente Carter

Tutto è bene quel che finisce bene, dunque. Il piano dell’intrepido agente della CIA funzionò alla perfezione nonostante fosse assurdo, fantasioso e assolutamente folle. Certo, rispetto al film ci furono molti meno momenti di tensione. Non è vero ad esempio che la polizia iraniana scoprì l’inganno all’ultimo momento e che partì all’inseguimento del gruppo in aeroporto. La cosa la inserì Ben Affleck per dare un tocco di tensione in più alla vicenda rendendola più avvincente nel finale. Questa aggiunta registica non toglie però nulla alla spettacolarità della storia e soprattutto al coraggio che Tony Mendez, il suo collaboratore e i sei ostaggi ebbero in quei terribili momenti.

 

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