Boys don’t Cry: la tragica storia vera di Brandon Teena

Valentina Palermo

Giugno 19, 2020

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Essere un uomo imprigionato nel corpo di una donna. È per questo motivo che la notte del 31 dicembre 1993 due balordi uccisero brutalmente il giovane transgender Brandon Teena. John Lotter e Tom Nissen, questi i nomi degli assassini, misero fine alla vita del ragazzo semplicemente perché incapaci di capire il significato della parola diversità. Ma poi, cosa significa essere diversi? Chi è che può arrogarsi il diritto di decidere cosa sia normale e cosa non lo sia? Nella profonda provincia americana, Lotter e Nissen assunsero il ruolo di giudici, condannando a morte un ragazzo solo perché voleva vivere seguendo la sua vera sessualità. 

Questa straziante vicenda fu raccontata nel 1999 nel film Boy’s don’t Cry di Kimberly Peirce. A vestire i panni di protagonista c’era Hilary Swank, che riuscì magnificamente a dare voce al dramma vissuto dal giovane, tanto da vincere un Oscar come miglior attrice protagonista. Se volete saperne di più, ecco la vera storia di Brandon Teena.

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La dura infanzia di Brandon Teena

Brandon nacque con il nome di Teena Renae Brandon a Lincoln, nel Nebraska, il 12 dicembre del 1972. Perse il padre quando era ancora in fasce, così trascorse i primi anni di vita con sua nonna. A tre anni si trasferì stabilmente da sua madre JoAnne e visse un’infanzia difficile assieme a sua sorella Tammy. Le due bambine subirono infatti diverse violenze, fra cui numerosi stupri da parte di uno zio paterno. 

Crescendo Teena realizzò di non sentirsi a suo agio nei panni di una ragazza. Capì di essere mentalmente un uomo e di provare attrazione verso le donne. Durante l’adolescenza iniziò quindi a vestirsi con abiti maschili, nonostante il parere contrario di sua madre che credeva che quel cambiamento fosse dovuto al semplice capriccio di un maschiaccio.

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Da Teena a Brandon

A 18 anni decise di abbracciare pienamente la sua vera identità invertendo il nome con il  cognome e presentandosi a tutti come Brandon Teena. Il ragazzo (è ormai inutile continuare a chiamarlo ragazza) ebbe anche diverse storie d’amore. Con alcune delle sue ragazze riuscì a nascondere il segreto, con altre raggiunse invece un livello di intimità più profondo che lo costrinse a confessare la verità. Nella maggior parte dei casi la reazione delle ragazze fu molto dura e Brandon venne più volte umiliato e mortificato.

Questa situazione lo fece scivolare sempre di più verso il baratro della depressione. La sua condizione mentale peggiorò poi ulteriormente quando fu arrestato per aver falsificato degli assegni e la sua storia venne sbattuta in prima pagina sui giornali locali. A quel punto la sua identità biologica diventò di dominio pubblico causandogli un crollo tale da spingerlo a compiere un tentativo di suicidio.

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La nuova vita a Falls City

Dopo alcune sedute di terapia, Brandon Teena decise di cambiare aria trasferendosi a Falls City. Nella cittadina finalmente conobbe il vero amore, incarnato nella bellissima e dolcissima Lana Tisdel. Purtroppo però conobbe anche la natura più malvagia dell’essere umano, rappresentata dagli ex galeotti John Lotter e Tom Nissen

Nei primi mesi a Falls City, Brandon visse serenamente  accanto a Lana e ai suoi nuovi amici Lisa Lambert e Phillip DeVine. Inizialmente strinse amicizia anche con Lotter e Nissen, riuscendo a nascondere perfettamente il fatto di essere biologicamente una donna. Le cose però precipitarono quando gli scheletri nell’armadio di Brandon vennero nuovamente alla luce.

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Il tragico epilogo 

Il vizio di spendere più di quanto avesse a disposizione accompagnò il ragazzo anche a Falls City. Il 15 dicembre del 1993, Brandon venne infatti arrestato con l’accusa di contraffazione e rinchiuso nell’ala femminile del carcere. La notizia si sparse nella piccola comunità e arrivò ovviamente anche alle orecchie dei suoi nuovi amici.

John e Tom, inorriditi dalla verità, decisero di fargli pagare un caro prezzo per quella bugia. Durante la festa per la vigilia di Natale denudarono Brandon davanti a Lana, poi lo costrinsero a salire in macchina e lo portarono in un luogo isolato dove lo stuprarono ripetutamente. Il giorno dopo il giovane riuscì a scappare dai suoi aguzzini e, accompagnato da Lana, sporse denuncia contro di loro. Lo sceriffo che si occupò del caso non gli fu affatto d’aiuto: dopo aver interrogato brevemente Lotter e Nissen, rilasciò i colpevoli che a quel punto erano infuriati.

Ancora sotto shock, Brandon si era rifugiato a casa di Lisa. Il 31 dicembre i due si trovavano nell’abitazione della ragazza assieme al figlio di nove mesi di lei e a Philip DeVine quando John e Tom li raggiunsero per sfogare tutta la loro rabbia. Prima ferirono Brandon con due colpi di arma da fuoco e poi, non contenti, lo uccisero a coltellate. Anche Lisa e Philip restarono vittime della pazzia omicida dei due uomini, mentre fortunatamente il bambino non fu toccato. 

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Un terribile fatto di cronaca con delle conseguenze positive

John Lotter e Tom Nissen furono arrestati e accusati di triplice omicidio. Nissen testimoniò contro il suo complice ottenendo così l’ergastolo, mentre Lotter fu condannato alla pena capitale. Al momento l’uomo è ancora nel braccio della morte in attesa che il suo caso venga revisionato. Neanche lo sceriffo al quale Brandon sporse denuncia e che non fece abbastanza per aiutarlo la passò liscia. L’uomo fu infatti processato e condannato per aver sottovalutato il pericolo che i due assassini rappresentavano.

Ma al di là delle punizioni che i responsabili del delitto stanno ancora scontando, possiamo oggi trovare un lato positivo in quell’orrendo fatto di cronaca. La vicenda di Brandon Teena e il film Boys don’t Cry che uscì pochi anni dopo contribuirono ad alimentare il dibattito sull’intolleranza nei confronti di omosessuali e transgender. Di certo oggi non si può dire che l’omofobia e la transfobia siano stati superati, però qualche piccolo passo in avanti da quel drammatico giorno del 1993 è stato fatto. In nome di Brandon e di tutte le vittime dell’odio.

 

Se ti interessa l’argomento, leggi anche: La vera storia di Lili Elbe, la transgender che ha ispirato The Danish Girl

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