TUC: Silenced Tree – Continuerai a farti scegliere o finalmente, sceglierai

Tommaso Paris

Ottobre 5, 2021

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TUC: Silenced Tree – Continuerai a farti scegliere o finalmente, sceglierai

Verranno a chiederti del nostro amore, diceva De André.

Verranno a chiedere al direttore artistico Mauro Russo Rouge il vincitore dell’ottava edizione del Torino Underground Cinefest. E lui risponderà: Silenced Tree, «per l’importante questione morale che il film solleva a proposito del senso di responsabilità dell’individuo e dell’artista verso la collettività, per il poetico, struggente augurio che viene lanciato, affinché l’essere umano possa elevarsi e aspirare a una nuova esistenza, fatta di empatia e consapevolezza, per averci insegnato che nessun sacrificio è mai vano, e che ogni fine porta con sé i germogli di un nuovo inizio».

Verranno a chiedere a Hervé Schneid il vincitore del premio al miglior montaggio. E il famoso montatore di film quali Il favoloso mondo di Amélie e Europa risponderà: Silenced Tree, «per l’efficacia con cui viene dato risalto, attraverso la modulazione del ritmo, la luce e il suono, alle debolezze del suo protagonista Hayati e ai suoi legami recisi con la vita; e per l’utilizzo di un linguaggio espressivo libero e indiretto, come la poesia, preferito a una narrativa lineare. L’abilità del montaggio attribuisce al film più livelli di lettura, nonostante all’inizio possa sembrare che si parli esclusivamente di femminicidio. Un montaggio articolato che ci fornisce una serie di indizi sul protagonista, ma che non trascura gli argomenti secondari, come per esempio la gioventù, l’arte e le sue opere.

Silenced Tree gioca sui colpi di scena, sui punti interrogativi e sui temi scabrosi, trattati con originalità, eleganza e poesia proprio grazie alle sue dinamiche articolate di montaggio. In sintesi, un montaggio elegante che esprime perfettamente il ritmo e la profondità del viaggio del suo protagonista».

Hayati in Silenced Tree di Faysal Soysal

Per quanto tutte queste parole possano apparire motivazioni esaustive, che conferiscono un senso complessivo all’opera filmica vincitrice del festival, tuttavia, l’intera narrazione di Faysal Soysal potrebbe sintetizzarsi nelle battute finali di Verranno a chiederti del nostro amore nell’album Storia di un impiegato del cantautore anarchico Fabrizio De André.

«Continuerai a farti scegliere
O finalmente sceglierai».

(Fabrizio De André, “Verranno a chiederti del nostro amore”)

Silenced Tree racconta la storia di Hayati, un personaggio che non sceglie, ma continua a farsi scegliere.

Hayati vive sospeso in una dialettica di contraddizioni e, senza mai raggiungere il momento sintetico, si perde nei meandri della propria vita. Professore di letteratura in una piccola provincia della Turchia e scrittore di un’opera prima di grande successo, sposato con una donna il cui amore si è assopito con il passare di un tempo tremendamente fermo, ancorato ai demoni di un passato sempre più presente, personificati dal tragico fantasma del padre e dalla morente madre malata, e distante da un presente sempre più lontano.

Senza mai compiere una scelta attiva, Hayati segue passivamente lo scorrere degli eventi, si perde nel silenzio di una non-azione costante, inerme di fronte all’accadere della vita, vittima di un’accettazione apatica che lo allontana da sé e da tutta la realtà intorno. Hayati accetta la contingenza ma non la trasforma in passione, immagina una felicità ma non si immagina felice, segue il vento ma non soffia con esso, non ascolta attentamente il monito di Bob Dylan, poiché «the answer, my friend, is blowin’ in the wind».

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Hayati in Silenced Tree di Faysal Soysal

Hayati, dunque, continua a farsi scegliere, ma quando finalmente sceglierà?

Al canto di De André si aggiungono le voci dell’esistenzialismo francese novecentesco, che proprio su tematiche quali la scelta, la responsabilità, la morale e la libertà, ha trovato il suo luogo di indagine.

«L’uomo è condannato a essere libero: condannato perché non si è creato da se stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa».


(Jean-Paul Sartre, “L’esistenzialismo è un umanismo”)

Jean-Paul Sartre avrebbe diverse cose da dire a Hayati, inizierebbe immediatamente a tacciarlo di malafede per la sua passiva non-azione, sostenendo come anche la non-scelta si riveli essere una scelta vittima però dell’inautenticità. L’essere umano, infatti, secondo il filosofo è condannato alla libertà: libero di tutto tranne di non essere libero, tranne di non scegliere, tranne di non essere responsabile. La libertà permea l’accadere di ogni momento della vita di ognuno e, per quanto questa non risulti illimitata poiché profondamente ancorata a una situazione determinata e presente, può aprire orizzonti di possibilità potenzialmente infiniti. Siamo condannati a essere liberi, non abbiamo scelta.

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Hayati in Silenced Tree di Faysal Soysal

«L’uomo non è nient’altro che quello che progetta di essere. L’uomo non è altro ciò che si fa; egli non esiste che nella misura in cui si realizza; non è, dunque, niente altro che l’insieme dei suoi atti, nient’altro che la sua vita».

(J.P. Sartre, “L’esistenzialismo è un umanismo”)

Hayati, dunque, per quanto non sia responsabile di ciò che è, è totalmente responsabile di quello che fa di ciò che è, e quando prenderà coscienza di ciò, quando sua moglie lo abbandonerà, quando la madre se ne andrà e quando il padre ritornerà, qualcosa nel suo rapporto con sé stesso e con il mondo si modificherà.

Qualcosa accade, qualcuno uccide una donna e Hayati è uno dei sospettati.

Per la prima volta il protagonista di Silenced Tree parla, per la prima volta sceglie e smette di farsi scegliere. Hayati si proclama colpevole di un atto che non ha compiuto, assume su di sé la responsabilità dell’umanità intera e, soprattutto, di tutto ciò a cui era fuggito precedentemente.

Hayati sceglie, finalmente, e nella scelta ritrova sé stesso.

«La vera tragedia tra non amare e non essere amati è non amare».


(Albert Camus, “L’estate”)

Hayati in Silenced Tree di Faysal Soysal

Nella coercizione più totale di una prigione, il protagonista, tuttavia, trova la sua libertà, e trasforma la contingenza in passione, il proprio accadere in materiale narrativo per il suo prossimo libro, tentando di immaginarsi felice nell’autenticità.

«Chi è autentico, assume la responsabilità per essere quello che è e si riconosce libero di essere quello che è».


(J.P. Sartre, “L’esistenzialismo è un umanismo”)

Hayati sceglie di non rimanere in silenzio, così come l’esistenzialismo novecentesco, l’anarchico De André e il regista-poeta Faysal Soysal.

Silenced Tree, infatti, è una costante riflessione sul ruolo del silenzio, della responsabilità della non-azione e dell’inautenticità tragica che accarezza costantemente l’accadere contemporaneo. L’idea del film, infatti, nasce dai numerosissimi femminicidi che succedono nel mondo, nel 2019 cinquecento donne sono state uccise in Turchia, e cinquecento sono stati i silenzi di una popolazione. Tema che l’autore aveva già toccato precedentemente nel suo documentario, Missing Time (2015), interessandosi alla questione di quei genocidi silenziosi e spesso non ricordati, concependo il cinema come realtà culturale necessariamente legato a tematiche sociali e politiche.

Il regista Faysal Soysal.

«È una questione di coscienza, riflettere sulla non-azione, sul silenzio come responsabilità di noi uomini. Mi è sembrato che la legge non abbia trovato una soluzione, ma è un problema della nostra coscienza ed è qualcosa che deve partire da ogni singolo individuo. E l’arte e il cinema possono fare persino di più della legge».


(Faysal Soysal)

Hayati ha scelto. Faysal Soysal ha scelto. Noi scegliamo, e non abbiamo scelta.

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