I Origins – L’amore tra scienza e religione

Gianluca Colella

Ottobre 19, 2021

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I Origins (M. Cahill, 2014) affronta temi legati ai massimi sistemi attraverso il racconto della vita di un dottorando in biologia molecolare, Ian Gray, che studia l’evoluzione dell’occhio umano con l’assistente Karen. A una festa di Halloween incontra una ragazza affascinante, Sofi, e ne fotografa gli occhi. Il dualismo tra natura e cultura emerge sullo sfondo della trama romantica del film, mettendo in contatto una filosofia più spiritualista e platonica con una più empirica e aristotelica, connesse dal fil rouge husserliano del «rapporto tra l’uomo e le cose stesse».

Il dualismo tra contingenza e predestinazione è centrale nella trama: è funzionale a riconoscere che un paradosso governa l’atteggiamento verso la vita dei protagonisti, lo stesso che separa coloro che credono nella predestinazione da quelli che ripongono la fede nel valore della razionalità e dell’esperienza diretta del mondo. Attraverso le tracce che lo riconducono a Sofi, Ian è costretto a mettere in discussione la sua convinzione nell’assenza del fato, ma resta ancorato alla sua visione scientifica dell’universo.

I Origins è più di un semplice film: è il terreno di una dialettica inevitabile tra epistemologia e intersoggettività.

I Origins – Ian nel suo laboratorio

Nel film, il giorno del matrimonio con Sofi, Karen chiama Ian e lo informa di aver trovato una specie di vermi che, pur essendo cieca, possiede la proteina necessaria per sviluppare la vista.

La possibilità di individuare un’armonia nelle differenze tocca il rapporto tra Ian e Sofi quando questo risultato viene raggiunto, perché esattamente come suggerisce il tema del panel, l’ordine e l’inclusione diventano regole che il selvaggio sentimento condiviso dai due non ammette.

Il dibattito e il conflitto tra i protagonisti non ha neanche il tempo di prendere vita, perché la sera del loro ritorno a casa in seguito alla scoperta, Sofi muore, in un modo tanto casuale da sembrare predestinato. A farsi carico di portare avanti le ricerche è Karen, che riesce a creare in laboratorio il primo verme “vedente” geneticamente modificato. In seguito, Karen decide di recarsi a casa di Ian per renderlo partecipe dei suoi progressi e convincerlo a uscire dall’isolamento.

«Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato».

(Albert Einstein, lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)

Altro elemento portante consiste nella frattura epistemologica interna alla scienza stessa: com’è noto da Popper in poi, una teoria scientifica è valida solo se è falsificabile. Ciò sta a significare, nel caso di Ian, che solo scoprendo e ri-scoprendosi attraverso l’esercitazione del dubbio, la sua scienza può progredire.

I Origins – Dal dolore alla verità

I Origins è più di un semplice film: è il terreno di una dialettica inevitabile tra epistemologia e intersoggettività.

I Origins – Ian contempla lo sguardo di Sofi in una pubblicità

Uno sguardo ai pregiudizi culturali che accompagnano i processi conoscitivi umani è implicito nel film: il paradigma scientifico dei due scienziati viene messo in crisi quando diventano genitori. Scorrendo un database che raccoglie caratteristiche di occhi umani chiamato Iris, si verifica una coincidenza che scuote il loro universo, costringendoli a riconoscere che la loro potrebbe non essere l’unica verità del mondo: una serie di corrispondenze anatomiche tra gli occhi del figlio e quelli di un uomo morto in Idaho due anni prima li porta a concepire la reincarnazione e la spiritualità non più come astrazioni ingenue e religiose, ma come realtà quantomeno contemplabili.

L’ex partner di laboratorio di Ian, Kenny, creatore del database Iris, aiuta Ian e Karen nella ricerca nel gigantesco archivio per scoprire se sono presenti altre similitudini. Essi scoprono che una persona in India ha gli stessi occhi di Sofi. Spinto in India dalla moglie, Ian individua Salomina, una piccola creatura orfana difficile da trovare. Nonostante l’aiuto di una professoressa del luogo, Ian non riesce a rintracciare Salomina, per cui decide di pubblicare un annuncio su un cartellone con una foto degli occhi di Sofi e l’offerta di una ricompensa.

«Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l’uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verità».

(Karl Popper)

Sottoposta alla ghigliottina rappresentata dal metodo empirico, l’asserzione teorica formulata da Ian e Karen viene così messa in discussione alla radice: le caratteristiche peculiari della loro falsificabile teoria sono preziose proprio perché, riconoscendole in quanto falsificabili direbbe Popper, consentono a Ian di recuperare parzialmente ciò che Sofi rappresentava per lui.

I Origins – Ian e Karen

Proprio quando sta per gettare la spugna, Ian nota una bambina che fissa a lungo il tabellone con gli occhi di Sofi e scopre trattarsi proprio di Salomina. La porta nel suo hotel e contatta Karen su Skype. Con il suo aiuto, egli conduce un semplice test su Salomina, sperando che selezionerà le immagini associate a Sofi. I risultati sono insignificanti, rientrando le risposte date dalla bambina nel campo della casualità, con solo il 44% di scelte coincidenti con il profilo di Sofi. Quando, però, egli si prepara a lasciare l’hotel con Salomina, davanti all’ascensore la bambina viene presa da un forte attacco di panico e inizia a piangere. A questo punto Ian sembra accettare l’idea che Salomina possa essere collegata a Sofi, in un modo che la scienza non può ancora dimostrare e spiegare.

«E checché se ne dica, nella vita scientifica, i problemi non si pongono da sé. È precisamente questo senso del problema che dà il segno di un vero spirito scientifico. Per uno spirito scientifico, ogni conoscenza è una risposta a una domanda. Se non ci fossero domande non potremmo avere conoscenza scientifica. Niente va da sé. Niente è dato. Tutto è costruito».

(Gaston Bachelard)

Studi e ricerche si sono susseguiti, nel corso dell’ultimo secolo, tutti con un nuovo, perturbante sentimento: sarebbe sempre più confermata la rappresentazione di scienza in quanto modello della realtà ambiguo e falsificabile, poiché da Eisenberg e Einstein in poi è noto che esistono visioni e verità parziali sul mondo, che la soggettività non può mai annullarsi totalmente quando conosce un aspetto della realtà e che l’essenza stessa della verità è costantemente messa in dubbio. I Origins s’iscrive in questo filone, costringendoci a una radicale introspezione.

«Il gioco della scienza è, in linea di principio, senza fine».

(Karl Popper)

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