Joker, V e Watchmen – Il Populismo delle Maschere

Davide Capobianco

Ottobre 7, 2019

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Populismo: “Termine usato per designare tendenze o movimenti politici sviluppatisi in differenti aree e contesti nel corso del XX secolo. Tali movimenti presentano alcuni tratti comuni, almeno in parte riconducibili a una rappresentazione idealizzata del ‘popolo’ e a un’esaltazione di quest’ultimo, come portatore di istanze e valori positivi (prevalentemente tradizionali), in contrasto con i difetti e la corruzione delle élite” (estratto dalla definizione de l’enciclopedia Treccani).

Storie di popoli e sovrani, storie del mondo e del suo passato, maschere e identità, idee e carne. Dal mito dell’uomo artefice della propria fortuna al mito dell’alienazione da una società massificata. Idoli ovunque, venerati come falsi dei, e ideali calpestati dagli estremismi, per cui la realtà appare bianca o nera. Eppure, esiste quel grigio, così facilmente dimenticato.

Il populismo è ora l’eroe ora l’antagonista del racconto, romantico nel suo narrarsi, violento nel suo manifestarsi.

Chiunque non sia riuscito a realizzarsi nella sua vita, e scredita chi ce l’ha fatta, non è altro che un clown; così sentenziano le ingenue parole di Thomas Wayne.
La domanda, però, sorge spontanea: perché esiste chi non ce la fa? E perché sono in così tanti i “perdenti”? Quante opportunità effettivamente esistono per la propria realizzazione? E chi è al potere offre più agevolazioni o ostacoli?

Una convinzione diffusa, e affatto erronea, è che i governi dovrebbero temere i propri popoli. Forse, addirittura, bisognerebbe temere anche il più “infimo” dei cittadini. Poiché non si può mai sapere quando il singolo annulla la propria identità per diventare idea.

Arthur Fleck non esiste. Registrato così all’anagrafe dopo l’adozione da parte della signora Fleck, non sappiamo chi siano i genitori biologici, da dove provenga, quale sia la sua vera identità. Eppure, dopo aver scoperto di non essere, Arthur getta la maschera. Ne raccoglie un’altra, che forse, però, si rivelerà esser il suo vero volto; dopo l’ennesima brutta giornata, dopo aver scoperto di non sapere chi sia, Fleck scopre chi è diventato: Joker.

L’uomo era la copertura, il clown è la vera essenza. Joker esiste, a differenza dell’individuo che era triste manifestazione di fallimento e debolezza.
Il giullare è il prodotto di una società, o meglio, di un’élite arrogante e prepotente, cui il folle restituisce ciò che si merita. Spesso è un proiettile.

Uno sparo innesca il fuoco della rivoluzione, un sistema marcio che va bruciato dalle fondamenta. Tuttavia, con il Joker e la sua Gotham in fiamme la politica non c’entra poiché, come disse qualcuno, il caos è equoalcuni uomini vogliono solo veder bruciare il mondo. 

Da un gesto plateale come un incendio, però, possono essere innescate, a volte inevitabilmente, conseguenze socio-politiche, braci di proteste e sedizioni. Ed ecco che la storia ricomincia: il popolo contro i suoi sovrani. Il film di Todd Philips, che piaccia o meno, intraprende questo cammino: l’apoteosi del Joker, che è, in fondo, la degenerazione di un uomo.

Ecco che il “fenomeno da baraccone” diventa simbolo; dal prefisso greco sun- (con, insieme) e il verbo ballo (gettare, mettere). Un qualcosa in cui ci si riconosce, per la quale ci si riunisce, insieme dietro ad un significato comune.

 Il palazzo è un simbolo, come lo è l’atto di distruggerlo. Sono gli uomini che conferiscono potere ai simboli. Da solo un simbolo è privo di significato, ma con un bel numero di persone alle spalle far saltare un palazzo può cambiare il mondo.

– V (da V per Vendetta)

Alla domanda sul “chi sia il protagonista di V per Vendetta” bisognerebbe rispondere che “era Edmond Dantès. Ed era mio padre. E mia madre, mio fratello, un mio amico. Era lei, ero io, era tutti noi.” (Evey).
Come Joker, V non ha origini, ciò che essi sono è ciò che rappresentano. La faccia sotto il travestimento non ha essenza.

Per l’oppressione e la tirannia l’unico verdetto è vendicarsi. Così, poiché il popolo è fatto di molti, diventano tutti clown, diventano tutti Vendetta. I colori si spalmano sui volti, la maschera cala a ricoprire ciò che prima era qualcuno. Molti diventano uno, annullando la propria identità dietro ad un viso comune, incarnando un significato preciso.

Di fatti, non è un caso che i finali di Joker e V per Vendetta si somiglino. Il popolo in rivolta indossa la maschera del protagonista, eroe, anti-eroe o villain che sia, vessillo dei propri ideali. Due figure senza nome, ma con un volto, danno il via ad un qualcosa di nuovo, un cambiamento. Dove esso porti, però, se verso il meglio o il peggio, non ci è dato saperlo.

In ogni caso, non può essere fermato, né dalle parole né dalla violenza. Sotto il ghigno di Guy Fawkes, sotto il sorriso di sangue del Joker non c’è solo carne, sotto quelle maschere c’è un’idea, e le idee sono a prova di proiettile.
Non possono morire, poiché non sono, ma esistono.

Nessun compromesso, neanche di fronte all’apocalisse (Rorschach)

Tuttavia, i contesti non possono e non devono essere ignorati. Spesso queste opere, in cui il popolo ha bisogno della sua rivincita, sono ambientate in situazioni molto estremizzate (eppure non impossibili); infatti, la Londra totalitarista di V per Vendetta è una vera e propria distopia.
Sono circostanze che necessitano di un intervento, che solitamente trattasi di un individuo alienato, prossimo al punto di rottura, oltre il quale dimora la follia. Un sistema vive di ordine e la sua morte è il caos, lo strumento della riscoperta.

Il popolo, nella finzione e nella realtà, può prendere il controllo, ma chi controlla i controllori? (in inglese, who watches the watchmen?).

Un mondo che brucia potrebbe essere il sogno americano che si avvera, una specie di barzelletta, direbbe il Comico.
Joker, V e l’incombente serie su Watchmen riprendono tematiche delicate, romanzate e affascinanti, oltre ad essere altrettanto pericolose.

Nel trailer della serie targata HBO possiamo vedere svariati individui che combattono indossando la maschera di Rorschach. “Noi siamo nessuno. Noi siamo tutti ” (citazione dal teaser). Per questo gruppo di persone quelle macchie nere su tela bianca sono diventate un simbolo, forse della poetica di quell’anti-eroe vittima di traumi, per cui non esistono compromessi, non esiste il grigio. Nel video è addirittura possibile vedere una città in fiamme. Ma è davvero questo il retaggio di Arthur Kovacs?

Solo speculazioni, per ora, ma considerando che la storia narrerà vicende posteriori al gruppo originario dei Watchmen e quindi di Rorschach, è possibile che le sue azioni siano state interpretate dai posteri come un marchio di giustizia, di rivolta ad un sistema ipocrita.

Sono discorsi assai fragili, con centinaia di sfaccettature che andrebbero analizzate, poiché nelle macchie di Rorschach della realtà ognuno vede quello che vuole o quello che la propria psiche gli consente di vedere.
I perdenti, gli emarginati e i reietti, forse, meritano la rivalsa, ma a quale prezzo? Per ottenere ciò che è giusto (ammesso e non concesso che si possa definirlo), la violenza è davvero indispensabile?

Nella sua definizione il populismo sembra l’inevitabile conseguenza di una società vessante o di un governo dispotico, il problema sta nel suo sfruttamento da parte di demagoghi e nella sua applicazione. Le rivolte per la libertà e per il diritto alla felicità possono rendere un bambino orfano, un innocente che dal trauma cercherà la sua di giustizia, mascherato da qualcosa di altro rispetto ai suoi carnefici, vestito di paura, un cavaliere oscuro che da la caccia al clown. Il cerchio si chiude, due simboli si completano.

Comunque la si guardi, teatralità e inganno sono armi potenti, e non bisognerebbe mai sottovalutare la portata di una maschera.

“Nascondi ciò che sono e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.”

– Viola (La Dodicesima Notte, Atto I, Scena II)

 

Leggi anche: La Mitologia dell’Antieroe

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