Hitchcock e la suspence – L’insostenibile inquietudine dell’attesa

Emma Senofieni

Maggio 6, 2020

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Il regista inglese Alfred Hitchcock è da sempre noto come il “maestro del brivido”. Con la realizzazione di capolavori come La finestra sul cortile, La donna che visse due volte e PsycoHitchcock ha saputo rappresentare sullo schermo il terrore e la paura in ogni sua articolata sfumatura. Ma cos’è esattamente la paura secondo Hitchcock? Per comprendere a pieno questo concetto, riportiamo le sue stesse parole, tratte una lunghissima intervista condotta dal regista francese François Truffaut nell’estate del 1962.

«Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt’a un tratto: “boom”, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena assolutamente normale, priva di interesse. Ora veniamo alla suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico che la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio in stanza -; la stessa conversazione diventa tutto a una tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: “Non dovreste parlare di cose così banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro”. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo gli offriamo quindici minuti di suspense».

Secondo Hitchcock, la paura è dunque necessariamente legata al concetto di suspense. Che cos’è la suspense? Uno stato d’ansia crescente, derivante dal fatto che il soggetto, lo spettatore, è pienamente cosciente di ciò che accade e spesso anche di ciò che in seguito accadrà. Con l’esempio della bomba nascosta sotto un tavolo, Hitchcock chiarisce perfettamente la differenza tra sorpresa e suspense. Nel primo caso, lo spettatore adotta il punto di vista del personaggio e di conseguenza prova paura solo per pochi secondi. Nel secondo caso, invece, egli si trova in una condizione di onniscienza rispetto al personaggio e rimane in attesa del prevedibile evento violento che si verificherà da lì a poco. Un’attesa talmente insopportabile che l’evento finale, per quanto tragico o violento, costituisce quasi un momento di sollievo per il teso spettatore. Il risultato è dunque un coinvolgimento emotivo totale del pubblico: proprio per questo, secondo il regista, la suspense è molto più efficace della sorpresa.

Analizziamo ora tre scene della filmografia di Hitchcock in cui la suspense è utilizzata con particolare precisione e maestria.

Notorious-l’amante perduta

Notorious- l’amante perduta (1946) è una delle opere più raffinate del cinema di Alfred Hitchcock. François Truffaut lo definì la “quintessenza di Hitchcock”, in quanto perfetta combinazione delle tematiche e delle tecniche cinematografiche tanto care al regista. Un’emozionante storia d’amore e al contempo un coraggioso thriller dalle sfumature politiche, girato in un’epoca in cui l’America si stava ancora riprendendo dalla guerra. L’americana Elena Huberman (Ingrid Bergman), figlia di una spia tedesca, sposa Alexander Sebastian (Claude Rains), un simpatizzante nazista amico di suo padre, per scoprire i suoi piani contro il governo americano. Aiutata dall’agente segreto Devlin (Cary Grant), Elena scopre una strana bottiglia nella casa di Alexander. Decisa a scoprirne il convenuto, la donna organizza un ricevimento per avere occasione di cercare la bottiglia in cantina senza essere vista.

Una sera, mentre gli invitati e Alexander festeggiano nell’ala principale della casa, Elena e Devlin si nascondono in cantina a cercare la misteriosa bottiglia.

Nel frattempo, Hitchcock decide di mostrare allo spettatore anche il ricevimento di Alexander: in particolare, viene inquadrata la grande cesta di ghiaccio in cui sono riposte le bottiglie di champagne. “Le bottiglie prima o poi termineranno”, sembra dirci la muta voce della telecamera, “Qualcuno dovrà andare a prenderne altre e i due eroi verranno scoperti”. Mentre Elena e Devlin sono intenti a cercare la bottiglia, noi spettatori riusciamo a scorgerla prima di loro, mentre sta per cadere in terra. Ecco, la bottiglia si è frantumata. I due scoprono che al suo interno si trova della polvere di uranio, una sostanza utilizzata per la costruzione della bomba atomica. Mentre nella sala principale le bottiglie stanno per terminare, Elena e Devlin si affannano a prendere un campione del minerale e a nascondere i frantumi della bottiglia. Ecco, lo champagne è terminato. Sebastian entra nella cantina e i due si fanno vedere dall’uomo mentre si baciano, per deviare i sospetti.

Tutta la suspense di questa sequenza ruota attorno ad un solo oggetto, la bottiglia contenente uranio. Questo espediente è chiamato da Hitchcock “Macguffin”: qualcosa di apparentemente insignificante, ma su cui si basa l’intera storia e attorno a cui ruotano le principali sequenze di tensione. Senza la bottiglia di uranio, il film stesso non sarebbe potuto esistere.

Intrigo Internazionale

Veniamo ora ad una delle sequenze più celebri del cinema di Hitchcock.

In Intrigo Internazionale (1959), coinvolgente e brillante spy story, troviamo uno dei temi più frequenti della cinematografia del regista inglese: l’uomo comune coinvolto suo malgrado in una vicenda molto più grande di lui. Il pubblicitario Roger Thornhill (Cary Grant) viene scambiato per l’agente del controspionaggio George Kaplan e inseguito da alcune spie, decise ad ucciderlo. Durante la sua fuga, si innamora dell’affascinante Eve Kendall (Eve Marie Saint), a cui confida il tragico malinteso di cui è vittima. Presto lo spettatore scopre che Eve è in combutta con le spie che vogliono uccidere Thornhill; quindi noi possediamo un’informazione che il protagonista non ha. La donna riesce a combinare a Thornhill un incontro, che noi sappiamo essere finto, con George Kaplan. I due si dovranno vedere in un’area deserta, vicino a una fermata d’autobus.

Il nostro eroe si trova in una zona ampia, deserta e molto soleggiata. Eppure lo spettatore, conscio dell’inganno, si trova in uno stato di acuta tensione per le sorti del protagonista. Attraverso l’atipica ambientazione di questa sequenza, Hitchcock ribalta le regole delle scene di suspense, che tradizionalmente si svolgono in luoghi bui e angusti. D’un tratto, Thornhill intravede un aeroplano in lontananza. Non se ne preoccupa: d’altronde si tratta di un oggetto anonimo e quotidiano, non di una fonte di pericolo. Improvvisamente, nota che l’aeroplano comincia ad abbassarsi e venire nella sua direzione. L’aereo inizia quindi ad attaccare Thornhill, rivelandosi così l’arma messa a punto per ucciderlo. La sequenza, girata in uno spazio aperto e in totale silenzio, mostra alla perfezione come Hitchcock amasse sperimentare, mettendo alla prova il pubblico con scene di suspense innovative e anticonvenzionali.

Psyco

Veniamo infine a una scena, solo apparentemente marginale, di uno dei più grandi capolavori dell’intera storia del cinema.

Con Psyco (1961), Alfred Hitchcock ha letteralmente stravolto e reinventato il thriller americano, realizzando una pellicola che non ha mai smesso di sorprendere.

La giovane impiegata Marion Crane (Janet Leigh), desiderosa di garantire una dignitosa vita a sé e all’uomo che ama, sottrae quarantamila dollari a un cliente e fugge via. Colta da un temporale durante il tragitto in auto, si ferma a passare la notte presso un motel, che presto scopre essere di proprietà di un ragazzo e della sua anziana e malata madre. Il giovane, di nome Norman Bates, si mostra subito molto cordiale con Marion; quest’ultima, dopo una lunga conversazione con il giovane proprietario, decide di tornare sui suoi passi e restituire il denaro rubato. Inaspettatamente, in una delle sequenze più famose della storia del cinema, Marion viene brutalmente uccisa sotto la doccia dalla madre di Norman.

Norman Bates, determinato a proteggere la madre, pulisce accuratamente il bagno e fa sparire ogni traccia della presenza di Marion nel motel. In seguito, carica il cadavere e la valigia nell’auto della donna e si reca presso uno stagno vicino. Lì, vi spinge l’auto, che inizia a sprofondare lentamente. Proprio mentre Norman crede di averla fatta franca, l’auto smette di sprofondare e rimane ferma. Il viso di Norman viene invaso dal terrore, mentre mastica nervosamente delle noccioline e si guarda attorno. Infine,  la macchina affonda finalmente nello stagno. Sul volto di Norman si dipinge un sorriso soddisfatto; personaggio e spettatore sospirano di sollievo.

Una scena apparentemente banale, ma che ci dice molto sull’abilità di Hitchcock nella costruzione di una scena di suspense.

Durante la prima parte del film, il pubblico si immedesima in Marion, nonostante abbia commesso un ingente furto per scopi personali. Quando contro ogni aspettativa la protagonista del film viene uccisa, ci troviamo a simpatizzare per colui che vuole insabbiarne l’assassinio. In Psyco, non esistono né eroi né protagonisti. A seconda del punto di vista adottato, ci troviamo a parteggiare per l’uno o l’altro personaggio, immedesimandoci completamente in lui.

È indubbio che Alfred Hitchcock sia stato un precursore del cinema contemporaneo, introducendo tecniche innovative, quasi sconvolgenti per il pubblico dell’epoca. Tutt’ora le sue opere possiedono un fascino unico e intramontabile. In particolare, sono proprio le scene di suspense a riuscire a tenere incollati alla sedia gli spettatori di ogni generazione.

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