Le notti di Cabiria (1957) è un film fondamentale all’interno della filmografia di Federico Fellini. Già nei precedenti La strada e Il bidone, il maestro riminese aveva intrapreso un percorso che partiva con gli stilemi del neorealismo e terminava con un qualcosa di unico, completamente inedito. Ne Le notti di Cabiria il distacco che si crea con la cinematografia neorealista è ben più evidente e rimarcato; in questo film, Fellini getta i semi creativi di quel modo di fare arte che, nel giro di pochi anni, lo avrebbero portato alla consacrazione della gloria eterna.
Il personaggio di Cabiria e la purezza dell’ingenuità
Al centro del caotico circo antropologico c’è Cabiria. Bella e pura come l’acqua che sgorga da una sorgente di montagna. Lei è una prostituta. Durante le sue giornate, incontra vari clienti, di tutte le età e dei vari ceti sociali, e quando non lavora passa il tempo con le sue amiche. Ma, nonostante tutto questo via vai di gente, Cabiria è sola. Lei si sente così, ma spesso nasconde questi pensieri anche a se stessa, con una malinconica maschera di cinismo.
Ma questa, appunto, non è altro che una maschera. Cabiria non è così. Non è vero che non le importa nulla. Lei non è come le sue amiche, contente nella rassegnazione di non essere altro che un mero divertimento per qualche uomo solo e ricco. Cabiria vuole altro dagli uomini. Lei vuole l’amore. Il sentimento, la condivisione di emozioni, la promessa di una felicità eterna.
Cabiria vive nelle placide acque della purezza di spirito. Il suo unico desiderio è avere qualcun altro con cui immergersi in queste acque, una persona speciale, una persona come lei. Il problema è che dalla purezza, quasi inevitabilmente, emerge anche una sorta di dolce ingenuità; una tanto bella quanto sbagliata percezione del mondo, secondo la quale chiunque non possa che avere intenzioni buone.
Questo è il vero dramma di Cabiria. Lei boicotta la cattiveria, e lo fa in modo quasi inconsapevole. Tuttavia, pretende che anche gli altri facciano lo stesso. Ma il mondo non funziona così. E la dolce e sensibile Cabiria capirà questa dura lezione a sue spese, perdendo, in parte, quella innocenza spirituale che l’ha sempre contraddistinta.
Il sogno comincia ne Le notti di Cabiria
La grande opportunità che Cabiria ha di mostrare la vera essenza della sua natura si presenta quando, a causa di una serie di coincidenze, si ritrova ad assistere a uno spettacolo di ipnosi. Lei sale sul palco e lascia che la sua mente e le sue emozioni cadano preda delle richieste dell’ipnotizzatore.
Chiude gli occhi. Le viene chiesto di immaginare di passeggiare con un ragazzo. Lei acconsente e interpreta la parte della giovane in cerca d’amore. Il ragazzo le tende il braccio e i due cominciano a passeggiare. Lui, che ha la voce dell’ipnotizzatore, le parla, rivolgendole parole gentili. Lei risponde, stando al gioco, portando avanti la discussione. Rapidamente però Cabiria smette di interpretare la parte. Le parole che lei rivolge al suo innamorato immaginario sono autentiche. La tenerezza che alberga nella sua voce non lascia alcun dubbio.
Qui il sogno comincia. Comincia per Cabiria e comincia per Fellini stesso. Questa scena segna il principio di un qualcosa di irripetibile e che non terminerà affatto con la fine del film. In questo momento, mentre Cabiria immagina la sua tresca amorosa con uno sconosciuto immaginario, Fellini comincia a plasmare il suo mondo.
Con il viaggio mentale di Cabiria nei meandri del suo desiderio di affetto, Fellini scrive in modo netto il suo manifesto poetico, a cui tutti i suoi lavori successivi dovranno rendere conto. Il sogno e il desiderio. La solitudine e l’amore. La malinconia e la speranza. È vero che Fellini ha sempre trattato questi temi, anche prima di Le notti di Cabiria, ma in questo film il geniale maestro sembra aver acquisito la padronanza necessaria per costruire definitivamente quel che sarà il suo stile.
Il risveglio e il desiderio di sognare ancora
Purtroppo la magia non è eterna. E quindi Cabiria si trova al cospetto di quello che è, per Fellini, il più atroce degli avvenimenti: il risveglio. Cabiria subisce il più brusco dei risvegli, di quelli talmente forti che ti fanno desiderare di sognare ancora. E lei ci prova, in effetti. Tenta di rivedere quel mondo magico, in cui lei è al centro dei pensieri di un’altra persona. Anzi, fa anche di più. Cabiria prova a portare quel mondo, finora solo sognato, nella realtà.
Incontra un uomo, che le chiede di sposarlo. Lei è leggermente perplessa a riguardo della proposta. Il finto cinismo di cui lei si fa portatrice non crede a queste parole. Sono le parole che hanno il suono della felicità eterna, del completo abbandono alla dolce serenità dell’anima.
Cabiria non può mentire a se stessa e finisce col cedere alla proposta del suo spasimante. Il sogno ricomincia ancora, stavolta però condito da una non indifferente dose di realismo, e Cabiria si illude di aver finalmente raggiunto quello stato mentale di accettazione, di appartenenza e di affetto che ha sempre inseguito.
Ed è qui che viene introdotto un altro dei temi cardine del cinema felliniano. La linea che separa realtà e finzione scompare silenziosamente. Noi sappiamo che tutto è cominciato con un sogno, ma gli elementi del reale ci confondono. Forse non stiamo più sognando, forse quel che vediamo, per quanto stravagante, sta accadendo davvero. E forse, tutto il buono e il bello che osserviamo è autentico. Il mondo è un posto migliore, un circo pieno di luci e colori in cui perdersi e ritrovarsi in eterno.
Ma, appunto, è un’illusione e i risvegli più brutti sono quelli dai sogni più belli. Il suo spasimante non era altro che un viscido approfittatore e, quando si rivela essere tale, l’animo gentile di Cabiria subisce un duro colpo. Tutto crolla. Il futuro, pieno di speranze che non si avvereranno mai, il presente, con tutte le vacue felicità che non sono altro che apparenze, il passato, trascorso a compiere buone azioni e confidando che tutti facciano altrettanto. Tutto crolla per Cabiria. Il suo positivismo si dissolve, e la sua maschera di finto cinismo lascia il posto a una di autentico dolore.
Cabiria supplica il suo sposo di ucciderla. Non ha più senso vivere. Tutto il buono che lei ha concepito non ha subito alcun riscontro e, secondo lei, nessuno sentirà mai la sua mancanza. Ma ovviamente non è così.
Il clown tra Le notti di Cabiria
Fellini ama Cabiria. Ama il suo modo di pensare, di vedere il mondo. Ama tutto di lei. Il suo desiderio, il suo sentirsi esclusa da qualsiasi schema, il suo stato emotivo che la porta a fare esperienze talvolta orribili. Ama quella parvenza di disprezzo che ogni tanto ostenta, in modo più o meno convincente, e ama la sua ingenua fiducia nel prossimo. Qualsiasi cosa inerente al personaggio di Cabiria, pregio o difetto che sia, è amata da Fellini. E questo si vede in ogni fotogramma del film.
Fellini sa che le persone come Cabiria, nonostante la loro semplicità, rendono migliore il mondo. La loro esistenza, così ricolma di sogni, intacca in modo inequivocabile la realtà, anche se spesso nessuno se ne accorge. Ecco perché Cabiria non può e non deve morire.
Questo ci conduce al finale. Cabiria, ancora sconvolta da quel che è accaduto, comincia a vagare senza una meta precisa. Se il mondo dovesse finire proprio in quell’istante a lei non importerebbe nulla. Anzi sarebbe quasi un sollievo per lei cessare quella sua esistenza così intensa.
Eppure, mentre percorre un viale popolato da gente che balla, suona e canta, Cabiria si rende conto di non essere sola. La sua attitudine alla speranza e alla gioia ritorna a colorare il suo spirito. Una lacrima le scende su una guancia, mentre lei sorride e, grazie al sapiente uso del bianco e nero, ci sembra di intravedere la maschera di un clown felice e triste allo stesso tempo.
Così si chiude Le notti di Cabiria. Nessuno può dire se Fellini, realizzando quest’opera, stesse prefigurando l’enorme importanza che avrebbe avuto, per altri artisti, ma soprattutto per se stesso. Probabilmente la sua umiltà l’avrà risparmiato da simili premonizioni, rendendo il suo film più sincero e autentico, senza alcuna pretesa di rivoluzionare. Eppure, così è stato. E noi non vediamo l’ora di perderci e ritrovarci in questo mondo. Per sempre.