Erwin Smith – Un demone nel paradiso dei giganti

Edoardo Wasescha

Dicembre 7, 2020

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Le scelte individuali non solo determinano ciò che siamo, ma contribuiscono a favorire la maturazione dell’idea che il mondo e, intensionalmente, gli altri – come proprietà dello stesso – hanno di noi. Erwin Smith, Comandante dell’Armata di Ricognizione, ha spalle robuste, a tal punto da sorreggere una volontà granitica, che innesca puntualmente scelte altrettanto compatte.

La via per il bene collettivo è tortuosa come nessuno può immaginare e ogni decisione è inestricabilmente legata a ogni altra. Ciascun passo in quella direzione porta con sé il peso individuale delle perdite, una dopo l’altra: il sangue scorre così velocemente che sottrae completamente il tempo di versare lacrime.

Uno dei leitmotiv de L’attacco dei giganti è sicuramente la necessità di sacrificare la propria umanità al fine di ravvivare il fuoco della speranza, costantemente in procinto di estinguersi. C’è posto solo per valori morali che non compromettano l’istinto di sopravvivenza né l’efficacia di strategie in grado di volgere la battaglia a proprio vantaggio. Ogni frammento di umanità perduto viene sostituito con la consapevolezza, sempre più corroborata, che «questo mondo è crudele».

Eren Jaeger è la rappresentazione di questa perdita e, contemporaneamente, la negazione della stessa. Ogni volta che si trasforma in gigante perde le sembianze umane, eppure, più di chiunque altro, non riesce a lasciar andare la propria umanità: non è disposto a disperderne neanche un granello in quella distesa sterminata di tenebre e dolore.

Il Comandante dell'Armata Ricognitiva Erwin Smith insegue senza sosta l’universale: per raggiungerlo, non teme di sacrificare il particolare.

Eren Jaeger e il comandante Erwin Smith

Ecco perché c’è bisogno di un vero demone per distruggere i giganti. Invero, sembra che nel Comandante Erwin Smith la natura umana sia profondamente connessa con quella demoniaca, tanto che non c’è necessità di alcuna trasformazione. Le scelte che ne seguono si connotano di una profonda simmetria, laddove ciascuna di queste ha la forma della disumanità, ma risponde alla salvezza dell’umanità.

Erwin Smith insegue senza sosta l’universale: per raggiungerlo, non teme di sacrificare il particolare.

Lui stesso è un particolare sacrificabile all’altare dell’universale, al pari dei suoi subordinati. La carica suicida di ciò che rimane dell’Armata Ricognitiva – i soli cadetti – contro il Gigante Bestia, al fine di creare un’apertura per l’attacco del Capitano Levi, ne costituisce l’emblema.

Unico superstite di quel massacro insieme al moribondo Erwin Smith, il cadetto Floch giunge alla sofferente conclusione che, per avere anche una sola possibilità di vittoria, si deve essere disposti a sacrificare tutto e tutti, financo la propria umanità.

Floch: «Quando ho trovato il Comandante in fin di vita, volevo porre fine alle sue sofferenze. Ma ho pensato che per lui sarebbe stato troppo facile. Il Comandante Erwin doveva ancora rimanere in questo inferno. In quel momento ho capito: l’unico in grado di distruggere i giganti è un demone!».

Il Comandante dell'Armata Ricognitiva Erwin Smith insegue senza sosta l’universale: per raggiungerlo, non teme di sacrificare il particolare.

Più volte nel corso della storia Erwin Smith viene etichettato con l’appellativo di «demone», sempre in relazione alla propria disposizione naturale a prendere la decisione più efficace, che tuttavia quasi sempre coincide con quella più sanguinosa, tanto è lunga la scia di cadaveri lasciata indietro. D’altronde, solo un demone può fronteggiare l’inferno di Paradis Island: il paradiso di giganti senza memoria.

Non importa quanti mezzi saranno annientati per raggiungere il fine, ma attenzione a lasciarsi fuorviare dal gelido calcolo razionale del Comandante, ben consapevole che ogni vita abbia un insostituibile significato, un valore inestimabile. Nella scacchiera che ha in mente, ciascun pezzo è sacrificabile solo in funzione di uno scacco matto e mai per semplice vanagloria del singolo.

Erwin Smith è un principe machiavellico che, ben lungi dal sottintenderlo, non ha paura di sostenere apertamente che il prezzo della vittoria è tale che solamente sommando il valore di ogni vita offerta si può riuscire a pagarlo – o almeno sperare di riuscirci.

La stessa intenzione di ingannare i cadetti per spingerli alla totale disfatta, poco prima rivelata a Levi, non rende meno vere le parole che usa al fine di persuaderli. Il fulgido carisma del quale risplende ogni singola frase squarcia l’oscurità di ogni pensiero sprofondato nella disperazione, nutrendo così una volontà spezzata della forza sufficiente a compiere il compito estremo.

Erwin Smith: «Tutti noi prima o poi moriamo. Questo significa forse che la vita è priva di significato? Significa che il fatto di essere venuti al mondo non ha alcun senso? Vale lo stesso per i nostri compagni caduti? Quei soldati non hanno avuto significato? No, non è così! A dare loro un significato siamo noi! Quei valorosi e sfortunati caduti gli unici a poterli ricordare siamo noi, i vivi! Noi moriremo qui! E affideremo il nostro significato a chi è rimasto in vita! Questo è l’unico modo che abbiamo per lottare contro questo mondo crudele!».

Il Comandante dell'Armata Ricognitiva Erwin Smith insegue senza sosta l’universale: per raggiungerlo, non teme di sacrificare il particolare.

Erwin Smith e Levi Ackerman

Il significato della morte è affidato ai vivi: un paradosso antico come la storia dell’uomo, funzionale al compromesso fra la coscienza di sé e il ricordo degli altri. Inoltre, il significato della morte è esattamente come la sofferenza che la accompagna, entrambi trascinati da tutti coloro che rimangono in vita, finché saranno altri a farlo, e poi altri ancora. Così si crea la memoria del mondo, la stessa che si è tentato di cancellare in nome di una pace di plastica.

A lacerare una simile illusione, saranno le affilate analisi di Erwin Smith, guidate da una sete di conoscenza e da un carisma infernale innati.

Le sue capacità di stratega e le scommesse favorite dalla propria intuizione riusciranno a gettare le basi per salvare l’umanità, sia dai giganti che da se stessa. Al diavolo se, per farlo, dovrà sopportare l’onere di essere il demone di cui il mondo ha bisogno!

Non si tratta, dunque, solamente di sconfiggere un terribile nemico o di salvare il genere umano: Erwin Smith non ha mai smesso di essere quel bambino curioso con la mano alzata in classe. Certamente ha perso l’ingenuità, per usare un eufemismo, ma il prurito di una conoscenza non viziata dalla storia non ha mai abbandonato la sua pelle, la sua mente, la sua anima.

Il Comandante morirà senza sapere che la vista del suo eccezionale intelletto ha sempre coinciso con la vista del vero. Tuttavia, almeno in un certo senso, è come se avesse osservato da sempre oltre «questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude».

Il Comandante dell'Armata Ricognitiva Erwin Smith insegue senza sosta l’universale: per raggiungerlo, non teme di sacrificare il particolare.

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