Il finale di Seven – Il mondo (non) è un bel posto

Emma Senofieni

Gennaio 14, 2021

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Nella stragrande maggioranza dei thriller polizieschi, l’epilogo prevede il ripristino dell’ordine. Non importa con quanta corruzione, violenza e cattiveria umana gli eroi si siano scontrati nel corso della storia: alla fine, l’ordine delle cose deve essere ristabilito. Anzi, spesso la vicenda si conclude con lo stabilirsi di una situazione nuova, di un ordine ancora più soddisfacente e giusto rispetto a quello iniziale. I protagonisti si sono scontrati con il Male e lo hanno sconfitto, donando pace e serenità ai cittadini. In Seven, thriller poliziesco del 1995, ciò non accade.

Seven

Somerset elenca i sette peccati capitali

Diretto da David Fincher, Seven è con gli anni diventato un vero e proprio cult del genere. Una pellicola particolarmente cruda, in grado come poche di indagare sulle azioni più infime e malate commesse dall’essere umano.

I detective William Somerset (Morgan Freeman) e David Mills (Brad Pitt) sono chiamati a indagare su un caso molto particolare. La polizia rinviene infatti il cadavere di un uomo obeso, deceduto per essere stato costretto a mangiare fino alla morte. Poco tempo dopo, viene trovato invece morto un noto avvocato, celebre per aver difeso criminali di ogni genere. I detective trovano la parola “Avarizia”, scritta con il sangue.

Convinti che tra i due casi vi sia un legame, rinvengono la scritta “Gola” dietro al frigorifero dell’abitazione della prima vittima. Somerset intuisce che l’assassino segue uno specifico schema. Egli intende uccidere in tutto sette vittime, ognuna per ogni vizio capitale: gola, avarizia, superbia, lussuria, accidia, invidia e ira.

Secondo la tradizione cristiana, i vizi capitali sono abitudini deviate, destinate a corrompere l’anima umana, fino a distruggerla completamente. Innumerevoli sono state le trattazioni dei vizi capitali, coinvolgendo discipline quali l’arte, la filosofia, la musica e la letteratura. La rappresentazione certamente più celebre è quella fornita dall’inferno dantesco, richiamato esplicitamente in Seven.

All’interno della Divina Commedia, Dante Alighieri inserisce infatti i sette peccati capitali nell’Alto Inferno, rappresentando inoltre superbia, lussuria e avarizia in forma di bestie selvatiche che gli ostacolano il viaggio. Combinando religione cristiana, inferno dantesco e le opere di John Milton, il killer si costruisce così un preciso schema che, nella sua mente, legittima le sue uccisioni.

John Doe: «Che male c’è a provare piacere a svolgere il proprio lavoro, per quanto mi riguarda non posso negare che mi dia piacere ritorcere ogni peccato contro il peccatore».

Seven può essere visto come un vero e proprio viaggio nell’Inferno contemporaneo, rappresentato da una metropoli buia, piovosa e impregnata di violenza. Un viaggio talmente profondo che sarà impossibile per i detective non venirne risucchiati, con effetti irreparabili per entrambi.

Seven

John Doe si presenta alla centrale di polizia

Per comprendere la portata del film, e in particolare del suo epilogo, occorre infatti partire proprio dai suoi personaggi. Il detective William Somerset è ormai prossimo alla pensione. Disilluso e stanco della violenza a cui assiste quotidianamente, agogna solo un po’ di pace per se stesso. Al tempo stesso però, è profondamente legato al suo lavoro, prendendo subito a cuore l’ultimo caso della sua carriera.

Il detective David Mills invece è giovane e ancora inesperto: felicemente sposato con una donna di nome Tracy (Gwyneth Paltrow), Mills è impulsivo, costantemente sopraffatto dalla propria emotività. Due personaggi agli antipodi, ma accomunati da un’ostinata dedizione per il proprio lavoro, in un mondo sempre più sommerso dal crimine e dalla violenza.

Dopo una serie di serrate indagini, i due detective rinvengono cinque cadaveri: nella sequenza eseguita meticolosamente dal serial killer, mancano solo ira e invidia. Inaspettatamente, un uomo macchiato di sangue irrompe nella centrale di polizia: è John Doe (un eccezionale Kevin Spacey), il colpevole dei cinque omicidi. John promette di rivelare il luogo in cui si trovano le ultime due vittime, a condizione che siano i detective Somerset e Mills ad accompagnarlo.

Durante il tragitto, Doe spiega le sue folli convinzioni ai due detective: egli è fermamente convinto di essere un vero e proprio purificatore, con il compito di annientare tutti quei vizi capitali di cui gli essere umani si macchiano ogni giorno. La sua è una vera e propria missione, destinata a diventare una guida per i posteri.

John Doe: «Vediamo un peccato capitale a ogni angolo di strada, in ogni abitazione…e lo tolleriamo, lo tolleriamo perché lo consideriamo comune, insignificante, lo tolleriamo mattina, pomeriggio e sera. Adesso basta però, servirò da esempio e ciò che ho fatto ora verrà prima decodificato, poi studiato e infine seguito, per sempre».

Arrivati in un luogo deserto, i tre uomini vengono raggiunti da un furgone.

Seven

Somerset apre la scatola, ignaro dell’orrore che sta per trovarvi

Mentre Mills sorveglia il killer impugnando la pistola, Somerset raggiunge il furgone: il conducente gli consegna un misterioso pacco. Il detective lo apre e rimane scioccato e inorridito dal suo contenuto. In quell’istante, lo spettatore non ha la minima idea di che cosa ci possa essere all’interno della scatola. Cosa può aver provocato una reazione così estrema da parte di Somerset?

Il detective inizia così a correre verso Mills, gridandogli di gettare immediatamente la sua pistola e di non ascoltare le parole di John Doe. Nel frattempo infatti, Doe spiega a Mills come abbia sempre invidiato lui e la sua vita famigliare. A causa di questa invidia, era andato a trovare Tracy, aveva “giocato a fare il marito” e l’aveva uccisa, tagliandole la testa. Mills, sconvolto, chiede disperatamente a Somerset cosa ci sia nella scatola, mentre quest’ultimo lo prega di gettare la pistola.

John Doe vuole infatti essere ucciso da Mills, in modo da completare il suo schema. Egli, colpevole di invidia, deve morire per mano di un uomo colpevole di ira. Di conseguenza Mills sarà punito per il suo peccato, chiudendo così il cerchio.

Somerset implora Mills di non fare il suo gioco: a differenza delle altre vittime di John Doe, lui può scegliere e impedirgli di completare il suo piano. Improvvisamente però, Doe rivela a Mills che Tracy era incinta. La donna lo aveva infatti confidato a Somerset qualche giorno prima, mentre Mills non lo sapeva. La rivelazione fa cadere Mills nella disperazione più assoluta. In preda al dolore e alla rabbia, uccide John Doe.

Seven

Accecato dal dolore, Mills uccide John Doe

Questa sequenza di Seven è di particolare impatto, tanto da essere ricordata come una delle più intense degli ultimi venticinque anni. Fincher riesce infatti a costruire perfettamente la tensione, facendola ruotare attorno a qualcosa che non si vede. Anziché scioccare lo spettatore mostrando la testa di Tracy, il regista preferisce infatti lasciare questo elemento all’immaginazione e dare invece spazio alla reazione di Mills.

Anche grazie all’intensa performance di Brad Pitt, perfetto nel mostrare il conflitto tra ira e disperazione, lo spettatore si immedesima infatti completamente nel personaggio. A una più attenta visione, si potrà inoltre notare l’immagine della testa di Tracy sostituire quella di Mills pochi secondi prima che egli uccida John Doe. Una sequenza brevissima, quasi impercettibile, ma in grado di farci immergere nell’instabilità emotiva di Mills.

Dopo aver assassinato Doe, Mills viene portato via dalla polizia. Somerset assiste alla scena, inerme. La pellicola si conclude con una frase pronunciata da Somerset tramite voce fuori campo:

Detective William Somerset: «Hemingway una volta ha scritto: “il mondo è un bel posto e vale la pena di lottare per esso”. Condivido la seconda parte».

Una frase amara, per un finale altrettanto amaro e pessimistico.

Per tutta la durata della pellicola, i detective sono stati testimoni delle terribili azioni commesse da un uomo convinto di fare del bene, di purificare il mondo dai suoi peccatori. Hanno assistito a scene del crimine raccapriccianti, testamento delle sofferenze patite dalle vittime di John Doe. Dopo un viaggio così profondo negli abissi dell’oscurità, ci si sarebbe aspettato che Seven ci mostrasse finalmente una luce, uno spiraglio di speranza.

Fincher, al contrario, decide di far insinuare quest’oscurità nelle ordinarie vite di due innocenti. Mills, ancora giovane e impulsivo, ma di buon cuore e pronto a formare una famiglia con l’amata Tracy. Somerset, solitario e amareggiato, eppure talmente ostinato a cercare giustizia attraverso il proprio lavoro da non essere mai completamente sopraffatto dalla propria disillusione.

Nella scena conclusiva di “Seven”, Somerset riflette sulla natura del mondo

Nel vedere il suo collega e amico portato via dalla polizia, Somerset conferma la sua pessimistica visione del mondo. Eppure, nonostante questa convinzione, dichiara che in fondo vale la pena lottare affinché il mondo sia un posto migliore. Perché? Probabilmente la speranza in un mondo più giusto è l’unica cosa che rimane.

Una speranza che non si riduce a una preghiera o a un’illusione, ma è una lotta personale e continua contro l’oscurità presente in ogni individuo.

L’epilogo di Seven costituisce la conclusione di un cerchio fatto di morte, violenza e sofferenza. Un cerchio ideato da una mente malata che, alla fine, sembra vincere sull’ordine e sulla giustizia. Eppure, in quella frase conclusiva, pronunciata da un uomo che mai smetterà di lottare, vi è un barlume di speranza. La promessa di combattere ogni giorno affinché il mondo sia davvero un posto migliore, coltivando quegli affetti che Mills e Somerset hanno tragicamente perduto.

Forse, ne vale davvero la pena.

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