Freaks Out: il realismo di Mainetti

Salvatore Gucciardo

Novembre 3, 2021

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Freaks Out era un progetto ambiziosissimo. Mainetti voleva fare il salto di qualità, anche col rischio di fare un passo più lungo della gamba. Voleva riproporre un cinema supereroistico, sbizzarrendosi con effetti speciali, riferimenti cinematografici, mescolanza di generi e addirittura essenziali riferimenti storiografici. Come poteva non cadere nel kitsch? In una brutta fotocopia di Hollywood?

«Ci sono gli effetti speciali, la fantasia, il sogno, il circo. Ma anche la realtà. Gli orrori della storia. La solitudine».

(Gabriele Mainetti)

La storia è semplice. Quattro personaggi speciali che, una volta scomparso il circo, il loro sporco locus amenous, vagano per Roma in cerca di un posto nel mondo, facendo i conti con i loro “poteri”. In questa condizione di disorientamento, spunta un quinto personaggio speciale, anche lui in cerca della propria dimensione: Franz, l’esponente dell’ormai fatiscente e violento mondo nazista a cui si contrappone la rozza e cenciosa umanità partigiana, sempre in lotta. 

L’obiettivo della macchina da presa di Mainetti punta su un tema preciso in Freaks Out: la diversità emarginata, il paradosso di un’umanità più mostruosa dei veri e propri mostri, dei freaks. Oltretutto Mainetti non nasconde le sue fonti di ispirazione per il cinema delle “diversità”: dal capolavoro degli anni trenta Freaks di Tod Browning, alla dimensione circense felliniana, fino al mondo de Il mago di Oz

Ma le referenze di Mainetti non si fermano qui, si muove infatti nella storia del cinema saltando di genere in genere, di stile in stile: il drammatico neorealismo di Rossellini, la fanciullezza del cinema di Ozu (è emblematica una delle scene iniziali in cui tre bambini che fumano ridono del carro dei “freaks” ricordando i tre bambini imbronciati di Sono nato, ma…), l’atmosfera fantasy-bellicosa dei fratelli Taviani, i campi lunghi del western leoniano, la commedia italiana monicelliana come L’armata Brancaleone e addirittura il pulp di Tarantino.

Tutte queste referenze, tutti questi richiami danno vita a un film estremamente eterogeneo. Ma con l’eterogeneità, la disarmonia è dietro l’angolo. Un film del genere rischia di essere un’accozzaglia di citazioni, un minestrone indigesto. La chiave di volta resta una sola: ricordarsi di essere italiani

Il cinema italiano è figlio del Neorealismo. L’ondata neorealista ha portato con sé un elemento che ha segnato indissolubilmente il cinema italiano: un sentore di umanità vera, di sincero realismo. Dai film italiani non ci aspettiamo spettacoli pirotecnici, storie incredibilmente fantastiche o splendenti divi. Bensì quel taglio neorealista, manifestazione di una leggera tragicità, sempre molto vera, che osserva i drammi sfiorandoli. E probabilmente è questa l’italianità a rendere italiano un film.

Dunque, alla fine dei giochi si devono fare sempre i conti con quella “vera umanità” squisitamente neorealista. E Mainetti in Freaks Out li fa, eccome se li fa. 

freaks out
Le “persone speciali” di Mainetti

«Per me non sono personaggi da fumetto. Sono persone speciali».

(Gabriele Mainetti)

Non propone i muscolosi e indistruttibili supereroi americani. I personaggi sono prima di tutto umani. Tutti fanno i conti con i propri poteri, con i propri doni ed è proprio questa resa dei conti a manifestare la loro umanità.

Matilde piange e cerca di scappare da questo suo dono che definisce una maledizione; i tre freaks Fulvio, Cencio e Mario pensano di essere solo dei mostri senza il circo; il nazista Franz vuole solo diventare un normale nazista, non vuole rimanere il fenomeno da baraccone che grazie alle sei dita per mano, suona divinamente il piano; tutti loro hanno dei poteri, sono per l’appunto speciali, ma non hanno le caratteristiche dei supereroi classici, si ritrovano a esserli. Sono catapultati nel mondo supereroistico, ma non ne fanno parte, perché rimangono umani

Il Gobbo: partigiano

Poi i partigiani, tutti martoriati. Chi senza un braccio, chi cieco da un occhio, chi gobbo. I personaggi non sono solo semplici emarginati, ma sono la manifestazione di un’umanità cenciosa che nella sua imperfezione ci scalda il cuore. Perché li percepiamo come veri.

L’astuzia e arguzia di Mainetti è proprio questa. È la capacità di trasmettere una chiara sensazione di realismo, di umanità vera, che ha sempre contraddistinto la cinematografia italiana.

Freaks out è l’emblema della condizione del cinema italiano contemporaneo. È un film eterogeneo che trova la propria armonia nell’italianità. Mainetti gioca coi generi e con gli stili narrativi, e mischia le carte in tavola talmente tanto da riuscire a dare vita a un corpo unico, che si muove con leggerezza ed eleganza.

Freaks Out sprigiona quell’eterogeneità che trova la propria armonia attraverso una storia semplice e italianissima. 

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