Opera Mundi – Teatri di Vita

Tommaso Paris

Aprile 14, 2024

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La sonda Pioneer 11, inviata molti anni or sono oltre i confini del sistema solare, inaspettatamente fa ritorno sul pianeta Terra. Custodisce un’incisione dorata, un messaggio in bottiglia, un’ombra platonica, un monolite kubrickiano o, per dir si voglia, una storia che racconta l’umanità a sconosciuti abitanti di altri mondi.
La sonda Pioneer 11 trasporta Opera Mundi – Rigoletto Experientia di Paolo Fiore Angelini, e atterrerà sulla Terra martedì 23 aprile 2024, alle 21, nel Cinema Jolly di via G. Marconi 14, a Bologna.
E così, un’ombra viene alla luce.

Al teatro dell’opera va in scena il Rigoletto di Giuseppe Verdi, il giullare si beffa dei cortigiani e il Duca corteggia una bella sconosciuta. Prima, durante e dopo, in scena e dietro le quinte, dei bambini giocano con le ombre all’interno degli ingranaggi del vecchio teatro, testimoni puri del tempo dello spirito e dello spirito del tempo. Sono le ombre della rappresentazione, che dalla caverna platonica alla sala cinematografica raccontano frammenti di umanità, di quella stessa umanità che, eternamente in divenire ed eternamente in essere, con risposte diverse alle medesime domande, muove il mondo.

La meraviglia e lo stupore, che tramite il fanciullo trovano espressione pura, nell’opera Rigoletto, in Opera Mundi e nella vita, sono manifestazione originaria. L’opera canta in un linguaggio mitico e contemporaneo, universale e umano.
Inizia il primo atto, un corso d’acqua prende e da vita, sboccia la primavera, uno sguardo vergine si apre e si chiude al mondo, si spengono le luci, va in scena lo spettacolo e prende vita un sogno collettivo.

In Opera Mundi tutto si fa opera e tutto si fa mondo.
Il Rigoletto si appropria del Coro delle voci bianche, anima eterna del teatro, interpretando pezzi tratti da Macbeth, Nabucco, Il trionfo di Clelia, Parsifal, Cavalleria Rusticana e Giovanna D’Arco.
Un unico grande fiume collega le grandi capitali europee che, fondendosi, divengono «un’unica grande città immaginaria e immaginifica». Tutti i tempi e tutti gli spazi, dall’universo extraterrestre alla natura incontaminata, dalle città abitate da animali alle isole spazzatura, divengono palcoscenico del medesimo teatro di vita, osservato da una pluralità prospettica di sguardi di generazioni, generi ed etnie diverse che divengono un tutt’uno, afflitte dalle medesime ancestrali domande.

«Il palcoscenico si dilata fino ad abbracciare il mondo contemporaneo, in una riflessione che percorre il tempo dello spirito, il divino, la follia. La città stessa diviene una composizione di tanti luoghi che abbiamo visitato, un luogo dell’anima e della memoria. E proprio questo gioco dei rimandi tra il teatro e la realtà ci apre ad una rivelazione: un’Opera ottocentesca ci parla ancora, ci parla di noi»

(Paolo Fiore Angelini)

Opera Mundi, ispirandosi alla messa in scena del Rigoletto di Verdi, narra la vita del teatro al di là del palcoscenico, intrecciando le strade di chi il teatro lo fa e di chi il teatro lo frequenta, mostrando «un teatro immerso nella realtà e di una realtà raccontata dal teatro».
4 Atti e 4 Movimenti del teatro rispondono alla ciclicità delle 4 stagioni e dei 4 elementi dell’esistenza, in un eterno ritorno osmotico in cui si confonde l’inizio con la fine.

Teatro Comunale di Bologna

«La melodia e l’armonia non devono essere che mezzi nella mano dell’artista per fare della Musica, e se verrà un giorno in cui non si parlerà più né di melodia né di armonia né di scuole tedesche, italiane, né di passato né di avvenire, allora forse comincerà il regno dell’arte»

(Giuseppe Verdi)

Paolo Fiore Angelini fa propria la lezione di Verdi, quel Giuseppe Verdi vissuto nel pieno Ottocento che vede l’inizio del crepuscolo degli idoli occidentali, tra cui melodia, armonia e scuole di ogni tipo.
Così Paolo Fiore Angelini, come precedentemente nella sua carriera cinematografica, si appropria di un nuova forma di narrazione, che assorbe dal passato ma si fa influenzare dal futuro, libero da coercizioni e dettami letterari e culturali figli del contemporaneo. Una narrazione che fa dell’opera e del teatro il suo canale meta-espressivo, trovando nel mezzo cinematografico strade inesplorate in direzione dell’esplorato, canali invisibili che conducono al visibile.

Opera Mundi è un film che tende al puro, che non si fa soggiogare dalla parola dialogica, identificante e coercitiva, ma che danza sulle note di un canto originario e immortale. E così l’immagine visiva, non soggetta alla grammatica della narrazione finzionale e, al tempo stesso, nemmeno alle logiche del documentario, galleggia sul confine di una superficie profonda, al di là di realtà e illusione, smarrendosi e ritrovandosi nei meandri della rappresentazione.

«Pura musica e pura visione. I due sensi estetici per eccellenza, l’occhio e l’udito, uniti in un unico godimento. Gli occhi vedono, l’orecchio ascolta, e il cuore che sente tutta la bellezza e la varietà dei sentimenti che i suoni esprimono.
Cinemelografia: ecco il nome della vera rivoluzione: linguaggio visibile della musica»

(Luigi Pirandello, Contro il film parlato, 1929)

Pirandello, nemico del cinema sonoro soggiogato alla grammatica letteraria e al dialogo, avrebbe definito Opera Mundi, poiché ancora legata alla parola cantata, un iniziale processo di cinemelografia: immagine-musicale-in-movimento che, più di altre, si avvicina a una manifestazione d’essenza, a quello sguardo libero e vergine del fanciullo.

Un sentiero ininterrotto lega le pitture rupestri, la Grecia antica, il cinema, la contemporaneità e il futuro. E se la storia non è altro che una continuità ideale eternamente infranta da discontinuità reali, la rappresentazione si fa portavoce più sincero ed autentico dell’umanità e della sua frammentazione. Le ombre ci parlano, le maschere ci ascoltano e le immagini ci sussurrano.

Proprio la rappresentazione – illusione consapevole di sé stessa, e dunque più sincera della verità stessa – si svela capace di disvelare il reale. Ed è così che, con Nietzsche, «il mondo vero finì per diventare favola» e, contro Nietzsche, è così che «la favola finì per diventare mondo vero».

Verso la fine di Opera Mundi, infatti, dopo aver pensato di essere usciti dalla caverna, ci ritroviamo in un’altra, quella del teatro, quella del Teatro Comunale di Bologna dove tutto è iniziato, nella quale non si pone più la distinzione tra reale ed illusorio. Siamo al quarto ed ultimo atto, emerge una dimensione spirituale e salvifica, in cui alla morte risponde la rinascita, in cui alla follia si eguaglia la visione.

La sonda Pioneer 11, inviata molti anni or sono oltre i confini del sistema solare, inaspettatamente fa ritorno, trasporta Opera Mundi – Rigoletto Experientia di Paolo Fiore Angelini, e atterrerà sulla Terra martedì 23 aprile 2024, alle 21, nel Cinema Jolly di via G. Marconi 14, a Bologna.
In tempo di guerra, tutti i ricavati andranno a un’associazione volta alla pace nel mondo.

E così, un’ombra viene alla luce, tendendo all’universale.

«Sopravviviamo grazie a quello che riveliamo di noi stessi»

(Nicholas Ray)

Paolo Fiore Angelini

Leggi anche: Paolo Fiore Angelini racconta La rivoluzione non è più quella

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