Nodo alla gola – Il Fallimento dell’Oltreuomo secondo Hitchcock

Emma Senofieni

Maggio 21, 2019

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“L’uomo è una corda, annodata tra l’animale e il

Superuomo – una corda tesa sopra l’abisso”

(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)

Se pensiamo ad un regista come Alfred Hitchcock, ci vengono immediatamente in mente alcuni dei suoi più celebri capolavori. Psycho, Vertigo, La finestra sul cortile sono certamente tra le sue opere migliori, ma, se ci si addentra con più attenzione all’interno della sua filmografia, se ne possono scorgere altre, meno conosciute, ma non per questo da trascurare.

In particolare, Nodo alla gola (in originale Rope) costituisce una delle vette artistiche più alte del regista. Era il 1948 e Alfred Hitchcock portava sullo schermo una storia originale, provocatoria, impregnata di una filosofia che, tre anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, faceva ancora tremare l’America.

Brandon Shaw (John Dall) e Phillip Morgan (Farley Granger), due giovani coinquilini newyorkesi, un pomeriggio strangolano con una corda (da qui Rope) David Kentley, loro ex compagno di università. Il movente? Non c’è. I due hanno compiuto il gesto per il mero gusto di uccidere. Dopo aver occultato il cadavere in una cassapanca in mezzo al salotto, Brandon e Philip attendono alcuni invitati, tra cui i genitori e la fidanzata della vittima, per un cocktail. Orgogliosi dell’atto compiuto, il loro obiettivo è infatti mettersi alla prova e sfoggiare la riuscita del “delitto perfetto”. Non hanno però fatto i conti con l’intelligenza di uno degli invitati: il loro ex professore Rupert Cadell (un ottimo James Stewart), accanito sostenitore delle teorie di Nietzsche, inizierà presto a sospettare qualcosa.

In Nodo alla Gola, è presente un personaggio in particolare, un fantasma, che non si può vedere, ma che vola sospeso lungo l’intera storia, la cui presenza si percepisce nelle parole dei personaggi della pellicola. Il suo nome è Friedrich Nietzsche. Un grandissimo pensatore, dalla reputazione controversa, ma la cui influenza sulla filosofia contemporanea risulta innegabile. Il concetto di Ubermensch, ossia Oltreuomo, costituisce certamente uno dei capisaldi del suo pensiero. Con tale denominazione, il filosofo indica l’esistenza di un soggetto che riuscirà a trascendere l’illusione della realtà per incontrare realmente sé stesso, per divenire ciò che è, riuscendo così ad avventurarsi “al di là del bene e del male” ed esprimere al massimo la propria “volontà di potenza”. Questo spirito libero, annunciato dal profeta che fu Nietzsche, riuscirà a rigettare qualsiasi principio morale e ad oltrepassare gli stretti confini che caratterizzano l’umano, troppo umano, così da ergersi al di sopra degli altri uomini e proclamarsi superiore.

All’interno della storia, Brandon e Phillip vogliono essere Oltreuomini. Secondo la propria contorta e inquietante visione, per raggiungere tale obiettivo, essi devono spingersi a compiere l’atto più temuto e condannato dall’essere umano. L’omicidio. I due giovani non si accontentano di questo. Decidono infatti di nascondere il cadavere dentro ad una cassapanca, sopra cui nel pomeriggio servono cibo e bevande per il party. L’assassinio di David costituisce per loro un vero e proprio rito sacrificale. La celebrazione della propria consacrazione a Oltreuomini.

In Così parlò Zarathustra, Nietzsche divide la genesi dell’Oltreuomo in tre tappe simboliche. Innanzitutto c’è il cammello. Colui che porta su di sé il peso della responsabilità di stare al mondo, legato alle regole e alle tradizione. Intuitivamente, lo si potrebbe identificare con la maggior parte dei personaggi presenti al party, così “ordinari e inferiori”, come li definirebbero i protagonisti. In particolare l’immagine del cammello è da accostare a  Mr Kentley, padre di David, ignaro della morte del figlio. Un uomo anziano, remissivo, che si troverà presto a scontrarsi con le folli idee del professor Cadell e dei due giovani. Poi, viene il leone. Un animale violento, che distrugge e uccide. Sebbene non sia passivo come il cammello, egli è inconsapevolmente ancora legato alle passioni terrene. Infine, il fanciullo. L’Oltreuomo stesso, che affronta le contraddizioni dell’esistenza, non rimanendo ad esse ancorato, ma anzi ponendosi oltre di esse.

Una domanda sorge spontanea. I protagonisti riescono nel loro intento? Brandon e Philip diventano Oltreuomini? La risposta è senza dubbio negativa. I due ragazzi utilizzano come mezzo per trascendere forse l’atto più vile di tutti. L’omicidio per puro gusto dell’atto, per noia, per divertimento è un crimine talmente abietto da non appartenere nemmeno al mondo animale. Solo l’essere umano è capace di tale mostruosità. Difatti, quando, alla fine del film, Rupert Cadell smaschera i suoi due ex allievi, li condanna aspramente, pur ammettendo, in piccola parte, la propria responsabilità morale. Egli, come Friedrich Nietzsche, ha sostenuto teorie superomistiche, dividendo gli esseri umani in superiori e inferiori, in signori e gregge. Ha pronunciato parole che sono poi state manipolate per commettere un crimine e per questo ne prova vergogna.

Nodo alla gola, sebbene sia uno dei film meno famosi del regista inglese, è dotato di grandissima profondità. Non si tratta soltanto di un ottimo thriller, capace di tenerci incollati allo schermo pur essendo ambientato in un’unica stanza, ma soprattutto del tragico ritratto di un fallimento umano. Non solo i due protagonisti sono, per così dire, “oltreuomini mancati”, ma anche incarnazione della vanità del potere. Brandon e Philip cercano di dare senso alle loro vite attraverso la violenza, illudendosi di essere al di sopra di chiunque. Paradossalmente, sarà proprio questa arroganza, quasi malata, a smascherarli.

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