Pasolini – Il cinema, gli italiani, le italiane e la sessualità

Roberto Valente

Aprile 5, 2022

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Era il 1971 quando un film fece breccia all’interno del panorama cinematografico e sociale del bel paese, vincendo l’Orso d’argento a Berlino e facendo riecheggiare la sua eco anche nel panorama internazionale. Lo stesso film qualche mese dopo verrà sottoposto a inchiesta dal tribunale di Trento e citato in giudizio con l’accusa di vilipendio alla religione e al costume di stato. Le accuse riguardavano principalmente la rappresentazione esplicita della sessualità e la dissacrazione iconografica.

Sessualità
Decameron – Pasolini nei panni dell’allievo di Giotto

Il film in questione è il Decameron, adattamento del testo canonico del Boccaccio riadattato al cinema da Pier Paolo Pasolini.

Questo film non ha soltanto rappresentato una grande espressione personale e autoriale da parte del regista, ma anche un punto di svolta all’interno della cinematografia e della società italiana. Il Decameron è stato capace di inserirsi in una tematica che a livello sociale era avvertita in maniera preponderante; stiamo parlando del delicato tema della sessualità.

Brevi appunti su un boom spesso poco rumoroso e sulla sessualità

Non possiamo dunque non accennare al contesto storico sociale dell’Italia del miracolo economico se vogliamo capire dove la critica e l’arte di Pasolini si colloca.

Il boom degli anni Sessanta e Settanta ha cambiato lo scenario geografico del Paese. Lo ha fatto muovendo grandi masse di persone presso le metropoli, abbandonando gli insediamenti rurali abbondanti nella penisola. Ha inoltre introdotto una forte idea di individualismo, decisamente contraria al collettivismo che la società italiana (seppure nel suo patriarcato insito) aveva sempre dimostrato.

I giovani diventano un nuovo soggetto sociale, il loro svago diventa motivo di interesse da parte dei poteri e delle economie. Altro nuovo soggetto sociale sono appunto le donne, più che mai libere di ricoprire varie occupazioni e più che mai mira di narrazioni o tattiche consumistiche.

L’industrializzazione ha ovviamente portato con sé anche una massiccia urbanizzazione e soprattutto un deciso, ma ancora latente, allontanamento dall’idea di famiglia estesa (sostituita da quella nucleare). Senza considerare la secolarizzazione dalle influenze ecclesiastiche. Processo quest’ultimo sottolineato dai due referendum: legalizzazione dell’aborto (1978) e divorzio (1974).

Il boom economico ha portato con sé infatti anche le istanze rivoluzionarie della controcultura e la volontà di abbattere dei taboo insiti nella cultura italiana. Stiamo parlando della ricalibrazione dei rapporti tra l’uomo, che vedeva messa alle strette la sua idea di mascolinità, e la donna, sempre più emancipata e decisa nella lotta ai diritti.

Alle idee patriarcali nelle quali generazioni di italiani erano cresciute, soggiogate da quello che Pasolini nelle Lettere Luterane definisce prima il periodo fascista clericale e poi quello democristiano fascista e clericale, gli italiani hanno visto opporsi le istanze provenienti particolarmente dai contesti culturali statunitensi, inglesi e francesi. Questo scontro dai tratti antropologici non poteva che riversarsi anche sull’espressione artistica del cinema italiano. La commedia è stata il primo banco di prova per tastare l’inettitudine dei soggetti maschili nei confronti dei soggetti femminili. Viceversa, anche la difficoltà di queste ultime a relazionarsi in modo nuovo agli uomini.

Sessualità
Decameron, giornata III, novella I – Masetto si finge sordomuto in un convento di curiose monache

Per discorso sulla sessualità non si intende soltanto il senso più esplicito del termine. All’interno di questo tema rientrano anche le dinamiche sviluppatesi in Italia nei confronti della percezione sociale dell’omosessualità, o del lesbismo, dei corpi e della loro autorappresentazione.

Con Pasolini questo discorso si svela politico, abbraccia il potere criticandolo e denunciandolo proprio nella sua capacità di creare un nefasto connubio con i corpi.

Abbiamo dunque una relativa libertà acquisita dall’individuo nell’epoca del miracolo economico, le cui conseguenze si riversarono anche sul piano dei costumi sessuali. In questo senso si mette in discussione la coppia eterosessuale, passo fondamentale per avvicinarci al nostro discorso sul cinema erotico e di conseguenza su quello pasoliniano. Abbiamo anche gli echi delle ricerche sessuologiche americane (Kinsey, Masters); senza contare l’importanza culturale di un lavoro come Storia della sessualità di Michel Foucault.

Ciò che viene approfondito è dunque il tema dei rapporti tra sessi. Il tema del rifiuto di un’eteronormatività già data, il sesso libero, la rappresentazione di tutto ciò, la crisi del maschio e l’entrata nella scena sociale della donna come soggetto portatore di una messa in discussione dei vecchi valori.

Gli italiani e la sessualità

Tra la fine degli anni Sessanta e il successivo decennio abbondano in Italia riviste (Men, Kent, Playmen) che rappresentano in maniera inedita corpi in cui la visibilità è messa al centro. Ciò che poteva essere rappresentato diventa forma di presa sul grande pubblico di lettori. Nel 1958 con la legge Merlin ogni casa di piacere era stata chiusa. Gli italiani (maschi) avevano quindi perso ciò che era sempre stato inteso come luogo di aggregazione, luogo in cui il corpo della donna risultava incondizionatamente accessibile. Allora ecco che i corpi delle donne divenivano di nuovo accessibili attraverso le raffigurazioni pubblicitarie, la televisione, le riviste e ovviamente il cinema.

La copertina di un numero di Men del 1968

Come detto in precedenza, la commedia italiana di quegli anni aveva già mostrato queste tensioni. Tuttavia un vero e proprio genere definibile come filone erotico vide i suoi natali tredici anni prima del film di Pasolini. Parliamo di Europa di Notte di Alessandro Blasetti, del 1958. In questa pellicola (datata con lo stesso anno della legge Merlin) lo spogliarello e la rappresentazione dei corpi femminili risulta evidentemente preponderante.

Da qui ci sono stati altri esempi di pellicole che tentavano di trattare il tema più nello specifico. La censura, o la scarsa considerazione della complessità del fenomeno da parte degli autori ne ha decretato la sfortuna.

Pasolini: la sessualità e la tradizione

Il cinema di Pasolini è un organismo in continua evoluzione. Il sesso è sempre stato un elemento importante in ogni suo periodo estetico. Nei film degli anni Sessanta, di stampo prettamente sociologico, come Comizi d’amore (in cui i temi che abbiamo visto in precedenza vengono affrontati direttamente sul campo), Mamma Roma, o Accattone, il sesso non è solo una parte della vita. Esso rappresenta infatti una merce di scambio che serve per vivere. Numerosi sono i meravigliosi personaggi delle prostitute in Pasolini, su tutte Anna Magnani in Mamma Roma.

Qui il sesso serve alle donne delle borgate per mantenersi in vita, sopravvivere a un mondo che stava cambiando, ma in maniera totalmente disordinata. Nessuno fa sesso per piacere in questi film, questo è un atto animalesco tanto avvilente e bruto quanto il colonialismo capitalistico nel distruggere le realtà all’interno delle quali questi personaggi si muovevano.

Sessualità
Anna Magnani in Mamma Roma (1962)

Il titolo dell’opera non è casuale. Anna Magnani diviene simbolo, mamma (un simbolo ancora più caratterizzante nella cultura italiana) Roma (dove tutto è iniziato). Mamma Roma è un inno all’Italia rurale che stava scomparendo sotto i colpi delle promesse di benessere e sviluppo e dei venti d’occidente.

Il simbolo dell’Italia è un personaggio che interpreta una prostituta. Deve farlo per non morire di fame mentre lo sviluppo arriva. Difficilmente in un film dell’epoca un ruolo come questo veniva affrontato e rappresentato con tanta sacralità e profondità. Pasolini aveva le idee chiare sulla rappresentazione ed era avanti di decenni rispetto ai registi in Italia a lui contemporanei.

La trilogia della morte: ovvero i nostri corpi e i nostri padroni

Con Teorema (1968), Porcile (1968) e Salò (1975) il cinema di Pasolini acquista un marcato taglio politico, antiborghese e anticapitalista.

In Teorema l’uso della metafora legata al sesso e ai corpi è fondamentale per mettere in scena magnificamente la perdita di certezze dei cittadini e delle cittadine che popolano l’Italia. Una villa borghese rappresenta il posto perfetto in cui le idee di eteronormatività e di tabù censorio sessuale vengono aggredite da un personaggio outsider, il quale rappresenta tutte le istanze ambigue che il nuovo affascinante sistema dei consumi stava mostrando.

A essere attaccato è innanzitutto il sistema nucleare familiare borghese. Un misterioso ragazzo seduce (corporalmente e intellettualmente) tutta la famiglia indifferentemente dal sesso biologico e poi scompare. Come lo spettro di cui parlava Marx, questo personaggio fa saltare ogni certezza e ogni rappresentazione di ruolo che i componenti della famiglia davano per già dato in un sistema definito.

Teorema – Il misterioso ragazzo mentre seduce il pater familias

In Salò il discorso diventa più complesso e abbraccia una questione che meriterebbe uno spazio che qui non può essere dato. Ci limiteremo però a notare come il film agisca a riguardo della questione della sessualità.

Pasolini si scaglia con durezza contro la nuova società dei consumi, società nella quale l’edonismo ha sostituito qualunque altro principio. Il singolo pone se stesso verso gli altri sempre in un rapporto di forza individualistico. Ciò riguarda ovviamente anche la sfera della sessualità. Il sesso nella società dei consumi è passato dall’essere motivo di opposizione e protesta contro il potere a un qualcosa di ormai ovvio, conquistato, banale e mercificato.

Allora ecco che così come il consumo agisce su di noi modificando il nostro rapporto con la merce e con gli oggetti, così agisce sui corpi, facendo di noi e degli altri dei consumatori di sesso e corpi. Niente di licenzioso verso il potere; sotto la bandiera della libertà sessuale (sacrosanta) si nasconde un ricorso al sesso nevrotico, possessivo. Estremamente in linea con il nuovo essere umano consumatore. I corpi diventano merce da consumare rapidamente per lasciare spazio a qualcosa di nuovo e non conosciuto.

Insomma, l’insaziabile ritorno dello stesso e dell’ovvio che torna e deve tornare sotto diverse forme nel mercato. Pena il venire meno alla libertà che dall’alto ci è stata gettata addosso.

Salò mostra come il corpo nella società dei consumi sia una merce in balia dei poteri dominanti, delle lobby che decidono cosa il corpo deve indossare per essere ritenuto bello, come il corpo deve presentarsi per essere ritenuto tale. Quella che passa come conquista è in realtà un’imposizione indiretta cadutaci addosso dall’alto.

Tutto ciò è accompagnato da una forte spinta verso i confini del rappresentabile. La crudezza di questi film, in particolare di Salò, è necessaria per parlare di tale fenomeno. Per un nuovo problema sociale non possono che essere utilizzati diversi metodi espressivi. Per questo Pasolini era avanti anni luce a molti altri autori italiani. Come quasi tutti i suoi film anche Teorema e Salò vennero sequestrati e poi sottoposti a processo.

Sessualità
Salò – Gara del culo migliore

La trilogia della vita: la verità sta nel popolo

Riagganciandoci a quanto detto in apertura dell’articolo, passiamo ora al Decameron. Assieme a I racconti di Canterbury e a Il fiore delle mille e una notte, esso rappresenta una delle fasi finali della poetica dell’autore.

Ciò che accomuna questi film è una sorta di fusione tra il lato sociologico della prima filmografia pasoliniana, vicina al popolo detentore ultimo di un’autenticità messa in pericolo dall’omologazione capitalista, e quella più ferocemente critica a livello politico.

La vicinanza al popolo è già qualcosa di insito nella scelta delle opere di riferimento. Nel Decameron l’operazione che Pasolini compie è quella di spostare l’ambientazione delle novelle da Firenze a Napoli. Questa scelta è spiegata dallo stesso autore: Pasolini vedeva nel popolo napoletano l’ultimo baluardo di un’Italia popolare che stava scomparendo sotto la minaccia dell’omologazione antropologica e geografica data dal consumismo.

«Napoli, i napoletani rappresentano
per me una categoria di persone che mi sono appunto, in concreto, e, per di
più, ideologicamente, simpatici. Essi infatti in questi anni – e, per la
precisione, in questo decennio – non sono molto cambiati. Sono rimasti gli
stessi napoletani di tutta la storia. E questo per me è molto importante,
anche se so che posso essere sospettato, per questo, delle cose più terribili,
fino ad apparire un traditore, un reietto, un poco di buono. Ma cosa vuoi
farci, preferisco la povertà dei napoletani al benessere della repubblica
italiana, preferisco l’ignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica
italiana, preferisco le scenette, sia pure un po’ naturalistiche, cui si può
ancora assistere nei bassi napoletani alle scenette della televisione della
repubblica italiana».

(Pier Paolo Pasolini, Lettere Luterane)

La sessualità nella messa in scena del Decameron attira a sé un ruolo importante tanto quello che aveva anche l’opera di Boccaccio per i suoi tempi. Innanzitutto, il gioco sottile che Pasolini compie è quello di rappresentare senza nessuna forma di filtro la naturalistica sessualità dei personaggi. Il cortocircuito che si viene a creare riguarda proprio la “tolleranza” che il potere concede nella contemporaneità alla tematica e all’atto sessuale. Lo scandalo e la censura derivanti dalla rappresentazione in un’opera di tale mancanza di inibizione.

Della sessualità come provocazione se ne è servito anche Boccaccio. Se n’è servito per schernire e provocare una società che invece proibiva il sesso, anche solo come discorso, in maniera pesante: quella medievale.

Il coraggioso attacco dello scrittore di Certaldo è indirizzato a un potere assolutamente e dichiaratamente repressivo.

Decameron, giornata V, novella IV

Pasolini invece mostra come nell’innocenza dell’atto dei personaggi nel suo film, ambientato in epoca medievale, si nasconda un’autenticità e un’innocenza che il potere odierno (nonostante le sue tolleranze) non può che distruggere con la sua ipocrisia.

Se per Boccaccio parlare di sessualità rappresentava una forte provocazione alla società, tutto torna nel momento in cui quella società si presentava come repressiva verso la questione. Quando invece è Pasolini a servirsene, essa non è più provocazione. Lo è, ma in un senso diverso. Non è il sesso in sé a scandalizzare; a scandalizzare è il fatto che il film sia stato realizzato in una società che, a differenza di quella medievale, si presenta come tollerante.

«La tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco
un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perché una “tolleranza
reale” sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si “tolleri”
qualcuno è lo stesso che lo si “condanni”. La tolleranza è anzi una forma di
condanna più raffinata».

(P.P. Pasolini, Lettere Luterane)

Sarebbe forse azzardato pensare che la società non sia per nulla cambiata. Di cambiamenti ce ne sono stati e come mai visti prima. I popoli hanno portato avanti e vinto battaglie. La società spesso non coglieva l’occasione per cambiare le fondamenta. Il sesso, la sessualità, e il rapporto che società e singolo simbioticamente sviluppano ricopre un interessante e valido campo su cui analizzare le temperie sociali che hanno caratterizzato e continueranno sempre a caratterizzare la storia.

Leggi anche: Comizi Pasoliniani – Perché Pier Paolo Pasolini

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