Pasolini. Cronologia di un delitto politico di Paolo Fiore Angelini

Tommaso Paris

Novembre 18, 2022

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Pasolini. Cronologia di un delitto politico.

2 novembre 2022.
Uno spettro si aggira per le strade di Bologna: lo spettro di Pier Paolo Pasolini.

Si aggira ripercorrendo le sue case, da Via Borgonuovo e Via Nosadella; i suoi luoghi cinematografici, dal portico dei Servi e Piazza Maggiore a Villa Aldini; e le sue tappe formative, dal Liceo Galvani a Via Zamboni.

Si aggira nei meandri di quella società dello spettacolo che lo ha ammazzato due volte, corporalmente e mediaticamente, e che ora lo rende martire, eroe e merce culturale, ammazzandolo per una terza volta.

«Chi ha manipolato e radicalmente (antropologicamente) mutato le grandi masse contadine e operaie italiane è un nuovo potere che mi è difficile definire: ma di cui sono certo che è il più violento e totalitario che ci sia mai stato: esso cambia la natura della gente, entra nel più profondo delle coscienze».

(Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, luglio 1974)

Durante l’anno del suo centenario, Pasolini viene mercificato, consumato e spettacolarizzato proprio da quella possibilità distopica e alienante che aveva profetizzato denunciandola.

Prime pagine dell’Espresso del novembre 1975

L’immagine del Poeta passa nei più significativi luoghi di Bologna, nelle bocche istituzionali e nei giornali di regime, creando un (in)consapevole scandalo di cui forse persino lui sarebbe rimasto scandalizzato.

«Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine».

(Guy Debord, La società dello spettacolo, 1968)

Nel giorno della morte durante il centenario della nascita, tuttavia, lo spettro si aggira al Cinema Lumière per la proiezione di un film a lui dedicato, alla sua morte e agli intrighi politici che ne fanno da cornice. Aggirandosi e non trovando posto per sedersi in una sala totalmente piena, pronta a immergersi in un sogno collettivo, esso scorge un barlume nostalgico e speranzoso nei confronti del rituale cinematografico a lui caro.

Si spengono le luci, l’immagine dello schermo cinematografico si accende e lo spettro si osserva: inizia Pasolini – Cronologia di un delitto politico di Paolo Fiore Angelini.

cronologia di un delitto politico
Locandina del film

Cronologia di un delitto politico

Il film, come esplica il titolo, intende essere una ricostruzione della morte di Pasolini divisa in tre atti, ma eternizzata in quella notte del 2 novembre 1975. Attraverso un autentico processo di de-spettacolarizzazione, Paolo Fiore Angelini costituisce un vero e proprio film d’azione, realizzato esclusivamente con interviste su un medesimo sfondo nero e l’utilizzo di materiale d’archivio.

Nel primo atto ci viene presentata la cronaca vera di alcune falsità, mostrando la morte del Poeta e l’immediata risoluzione giudiziaria del caso, individuando il mandante nel ragazzo di vita Pino Pelosi e riconoscendo le colpe in una violenta omosessualità.

Ma come ci rivela il primo giornalista che intervista gli abitanti del Lido di Ostia ,Furio Colombo, il caso era giuridicamente chiuso, ma «tutto era alterato, tutto era diverso e nulla coincideva». Eppure, la storia “ufficiale” era già stata trasmessa da ogni notiziario e redatta da ogni giornale.

Nel secondo atto, il regista, vestendo i panni da ricercatore investigativo, ripercorre la vita di Pier Paolo Pasolini per comprenderne la morte. Emerge una vera e propria persecuzione pubblica del Poeta che, nonostante il ventennio di censure, attacchi mediatici e trentatré processi subiti, era tuttavia riconosciuto in tutto il mondo, raggiungendo fino a tredici milioni di spettatori paganti e pubblicando i propri editoriali politici sul Corriere della sera.

Prima di tutti, l’intellettuale Pasolini aveva riconosciuto nell’evoluzione della società capitalista occidentale una malattia etica, una pretesa totalizzante di dominio volta all’omologazione e la riduzione di qualsivoglia valore a quello del consumo. Infatti, la sua ultima produzione da scrittore corsaro sul giornale, da regista cinematografico con Salò (1975) e da romanziere con Petrolio (1992, ma non pubblicato integralmente), rivela la sua fase autoriale di denuncia essenzialmente artistico-politica.

«Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.(…)
Io so. Ma non ho le prove».

(Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, dicembre 1974)

Pier Paolo Pasolini sul set de La Ricotta (1963)

La presa di coscienza storica, la posizione pubblica rispetto alla verità e la morte è paragonabile a quella di Socrate e di Gesù Cristo – con il quale per certi versi si identificava, come dimostra la scelta di far interpretare il ruolo della Madonna a sua madre ne Il Vangelo secondo Matteo (1964) -, in quanto voci profetiche inascoltate e incomprese dal proprio tempo. Queste figure attuano un atteggiamento esistenziale individuato da Michel Foucault ne Il coraggio della verità (1984) sotto il termine greco di parresia.

«La parresia è un’attività verbale in cui un parlante esprime la propria relazione personale con la verità, e rischia la propria vita perché riconosce che dire la verità è un dovere per aiutare altre persone (o se stesso) a vivere meglio. Nella parresia il parlante fa uso della sua libertà, e sceglie il parlar franco invece della persuasione, la verità invece della falsità o del silenzio, il rischio di morire invece della vita e della sicurezza, la critica invece dell’adulazione, e il dovere morale invece del proprio tornaconto o dell’apatia morale».

(Michel Foucault, Il coraggio della verità, 1984)

Questo atteggiamento prova a essere incarnato anche da Paolo Fiore Angelini che, necessitato da un’urgenza esistenziale e politica, nel terzo atto ha la forza e il coraggio di riunire una maggioranza silenziosa e frammentata conferendogli voce.

In un mare di contraddizioni – dalla banalità del male del Generale dei Carabinieri Antonio Cornacchia all’ambiziosa oggettività di giudici e avvocati, fino all’amicizia intima e collaborativa con Dacia Maraini e David Grieco – emerge lampante il carattere essenzialmente politico della sua morte.

«Dalla strage di Piazza Fontana in avanti Pasolini decise di sporcarsi le mani. Da quel momento non era più l’intellettuale che si occupava del destino dell’arte nella società, ma era l’uomo che se ne prendeva cura. E fu così che cominciò a costituire un problema, perché si scontrò con quell’apparato antidemocratico che agiva attraverso le stragi; Pasolini ne comprese la strategia e fu ucciso per ciò che sapeva, per ciò che comprendeva e faceva capire di aver compreso attraverso i suoi scritti. (…) Pasolini invece non aveva paura. Ogni suo gesto artistico era anche politico. Questo lavoro ha l’ambizione di dimostrare come non servissero dei mandanti per volerlo morto».

(Paolo Fiore Angelini)

cronologia di un delitto politico
Paolo Fiore Angelini

Ha ragione Dacia Maraini quando sostiene che «non voleva morire, però sfidava la morte», o Goffredo Fofi per il quale lui «voleva indirettamente morire»?

Non lo sappiamo. Sappiamo solo che Pasolini doveva morire e che, soprattutto, doveva morire il suo pensiero. E così è stato, per molto tempo. Solo quest’anno, nel centenario della nascita, è stato fatto resuscitare, rendendo la sua immagine merce di consumo, mentre il suo pensiero rimaneva martoriato nelle televisioni e sul lido di Ostia quel 2 novembre 1975.

E proprio sulla costa del lido di Ostia ci ritroviamo alla fine di Pasolini. Cronologia di un delitto politico, avvicinandoci a una verità, consapevoli di non poterla esaurire, ma senza smettere mai di provarci.

I titoli di coda scompaiono, lo schermo si tinge di nero e nella sala cinematografica risuona un lungo silenzio assordante. Il glorioso applauso arriva dopo, dopo che un marasma di sentimenti quali rabbia, disperazione, nostalgia, senso di rivalsa e disfattismo non sanno come manifestarsi, dopo aver preso coscienza di non aver consumato e spettacolarizzato, ancora una volta, Pasolini, ma di essergli stati accanto, comprendendolo.

Uno spettro si aggirava per Bologna: era lo spettro di Pasolini e si è fermato in una sala cinematografica a vedere Pasolini. Cronologia di un delitto politico.

«Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più».

(Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa, 1962)

PPP

Leggi anche: PPPP – Comizi Pasoliniani

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